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2023-02-01
L'anno del grande rugby scatta con il Sei Nazioni
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Italia-Scozia allo stadio Olimpico di Roma dello scorso 12 marzo (Ansa)
Tra tutti gli eventi sportivi che accompagneranno gli appassionati, di qualunque disciplina, nel corso del 2023, il rugby propone senz'altro il meglio che possa esserci a livello globale.
Si comincia, come di consueto, con quello che è da molti ritenuto uno dei più belli ed emozionanti, oltre che longevi, tornei al mondo, ovvero il Sei Nazioni, giunto alla 24ª edizione da quando si chiama così e coinvolge le nazionali a 15 di Francia, Galles, Inghilterra, Irlanda, Scozia e Italia, ma la 129ª se si considerano le edizioni precedenti, quando la rassegna si chiamava Home Nations Championship, nato nel 1883 e diventato Cinque Nazioni nel 1910, fino all'ingresso dell'Italia nel 2000 che ha portato a sei il numero delle nazionali ammesse al torneo.
Si parte tra pochi giorni, sabato 4 febbraio alle 15:15 (ora italiana) con il match di inaugurazione tra Galles e Irlanda al Millennium Stadium di Cardiff, mentre qualche ora più tardi, alle 17:45 il menù offre già uno dei piatti più gustosi con il derby britannico tra Inghilterra e Scozia, di scena nel tempio di Twickenham. Questo incontro, oltre a mettere in palio i primi punti pesanti per la classifica del torneo, assegnerà alla vincente la Calcutta Cup, un prestigioso trofeo internazionale che si assegna dal 1879 per celebrare la storia di un club indiano di Calcutta scioltosi nel 1878, e che da allora è conteso ogni anno dalle nazionali maschili di Inghilterra e Scozia: per i primi quattro anni si organizzava un incontro apposito per assegnare il trofeo, dal 1883 se lo aggiudica chi vince il match del Sei Nazioni. L'anno scorso vinse la Scozia, ma gli inglesi sono avanti nel computo totale con 71 coppe. Domenica 5, invece, alle 16 è il giorno dell'Italia: la nazionale guidata dal ct Kieran Crowley esordisce in casa, allo stadio Olimpico di Roma, contro i campioni in carica della Francia. Subito un test proibitivo per il nostro 15, che lo scorso anno perse contro i transalpini con il punteggio di 37-10. E se Inghilterra e Scozia si giocano la Calcutta Cup, anche il match tra Italia e Francia mette sul piatto un riconoscimento che va al di là della singola partita e dei punti validi per il torneo: si tratta del Trofeo Giuseppe Garibaldi, inaugurato nel 2007 per ricordare il bicentenario della nascita dell'«eroe dei due mondi» a Nizza, oggi in Francia, ma all'epoca appartenente alla Conte di Nizza che faceva parte prima del Ducato di Savoia e poi del Regno di Sardegna. A dimostrare il netto strapotere transalpino, per quanto riguarda il rugby, il bilancio dice 14-2 per la Francia, con l'Italia che è riuscita a battere i vicini di casa soltanto nel 2011 e nel 2013, entrambe le volte in casa, a Roma. Italia che, la domenica successiva, il 12 febbraio alle 16, farà visita all'Inghilterra in un altro match dal pronostico già scritto sulla carta e che un anno fa vide gli inglesi vincere con un netto 33-0. Nello stesso weekend, a completare il quadro della seconda giornata, saranno Irlanda-Francia alle 15:15 e Scozia-Galles alle 17:45, in campo sabato 11 febbraio. Poi, dopo una settimana di pausa, si torna in campo il 25 e 26 febbraio: sabato alle 15:15 apre la terza giornata l'Italia in casa contro l'Irlanda, mentre alle 17:45 si affrontano Galles e Inghilterra e domenica alle 16 chiudono Francia e Scozia. La quarta giornata si svolgerà sabato 11 con Italia-Galles alle 15:15 e Inghilterra-Francia alle 17:45 e domenica 12 marzo con Scozia-Irlanda alle 16. Il gran finale, con la quinta giornata, è in programma domenica 18 marzo in unico pomeriggio, il cosiddetto «Super Saturday»: Scozia-Italia alle 13:30, Francia-Galles alle 15:45 e Irlanda-Inghilterra alle18. Italia che chiuderà quindi in Scozia, al Murrayfield di Edimburgo, si spera con l'auspicio di avere le carte in regola per provare a evitare l'ennesimo «cucchiaio di legno», il simbolico riconoscimento assegnato a chi si classifica all'ultimo posto, un titolo che l'Italia ha raccolto per 17 volte e che conquista regolarmente dal 2016. Da quando è stata ammessa al Sei Nazioni, è riuscita a «dribblarlo» solo nel 2003 (al Galles), nel 2004, 2007, 2012 e 2015 (alla Scozia) e nel 2013 (alla Francia). L'anno scorso, ci andò molto vicino, ma la meravigliosa e incredibile vittoria per 22-21nell'ultima giornata contro il Galles al Millennium Stadium, la prima storica della nostra nazionale a Cardiff, non bastò a scavalcare in classifica proprio il Galles. Una vittoria, però, che oltre a dare prestigio e lustro a tutto il movimento rugbistico azzurro, interruppe una serie negativa di 36 sconfitte consecutive al Sei Nazioni, con l'ultimo successo che risaliva al 2015. L'albo d'oro del torneo, invece, vede al primo posto a pari merito Inghilterra e Galles con 39 titoli ciascuno, inseguono Francia a 26, Irlanda e Scozia a 22.
Proiettando l'attenzione al futuro, una volta archiviato il Sei Nazioni, sarà già tempo per staff tecnici e giocatori di concentrarsi al mese di settembre, quando andrà in scena la coppa del mondo. La decima edizione della massima competizione internazionale di rugby a 15, si disputerà, infatti, tra l'8 settembre e il 28 ottobre in Francia.
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Il mondo della palla ovale si prepara a vivere un anno da protagonista con il torneo che coinvolge Francia, Galles, Inghilterra, Irlanda, Italia e Scozia al via il 4 febbraio, e il mondiale in programma tra settembre e ottobre. Gli azzurri sognano un'altra grande impresa dopo la vittoria dello scorso anno al Millennium Stadium di Cardiff.Tra tutti gli eventi sportivi che accompagneranno gli appassionati, di qualunque disciplina, nel corso del 2023, il rugby propone senz'altro il meglio che possa esserci a livello globale.Si comincia, come di consueto, con quello che è da molti ritenuto uno dei più belli ed emozionanti, oltre che longevi, tornei al mondo, ovvero il Sei Nazioni, giunto alla 24ª edizione da quando si chiama così e coinvolge le nazionali a 15 di Francia, Galles, Inghilterra, Irlanda, Scozia e Italia, ma la 129ª se si considerano le edizioni precedenti, quando la rassegna si chiamava Home Nations Championship, nato nel 1883 e diventato Cinque Nazioni nel 1910, fino all'ingresso dell'Italia nel 2000 che ha portato a sei il numero delle nazionali ammesse al torneo.Si parte tra pochi giorni, sabato 4 febbraio alle 15:15 (ora italiana) con il match di inaugurazione tra Galles e Irlanda al Millennium Stadium di Cardiff, mentre qualche ora più tardi, alle 17:45 il menù offre già uno dei piatti più gustosi con il derby britannico tra Inghilterra e Scozia, di scena nel tempio di Twickenham. Questo incontro, oltre a mettere in palio i primi punti pesanti per la classifica del torneo, assegnerà alla vincente la Calcutta Cup, un prestigioso trofeo internazionale che si assegna dal 1879 per celebrare la storia di un club indiano di Calcutta scioltosi nel 1878, e che da allora è conteso ogni anno dalle nazionali maschili di Inghilterra e Scozia: per i primi quattro anni si organizzava un incontro apposito per assegnare il trofeo, dal 1883 se lo aggiudica chi vince il match del Sei Nazioni. L'anno scorso vinse la Scozia, ma gli inglesi sono avanti nel computo totale con 71 coppe. Domenica 5, invece, alle 16 è il giorno dell'Italia: la nazionale guidata dal ct Kieran Crowley esordisce in casa, allo stadio Olimpico di Roma, contro i campioni in carica della Francia. Subito un test proibitivo per il nostro 15, che lo scorso anno perse contro i transalpini con il punteggio di 37-10. E se Inghilterra e Scozia si giocano la Calcutta Cup, anche il match tra Italia e Francia mette sul piatto un riconoscimento che va al di là della singola partita e dei punti validi per il torneo: si tratta del Trofeo Giuseppe Garibaldi, inaugurato nel 2007 per ricordare il bicentenario della nascita dell'«eroe dei due mondi» a Nizza, oggi in Francia, ma all'epoca appartenente alla Conte di Nizza che faceva parte prima del Ducato di Savoia e poi del Regno di Sardegna. A dimostrare il netto strapotere transalpino, per quanto riguarda il rugby, il bilancio dice 14-2 per la Francia, con l'Italia che è riuscita a battere i vicini di casa soltanto nel 2011 e nel 2013, entrambe le volte in casa, a Roma. Italia che, la domenica successiva, il 12 febbraio alle 16, farà visita all'Inghilterra in un altro match dal pronostico già scritto sulla carta e che un anno fa vide gli inglesi vincere con un netto 33-0. Nello stesso weekend, a completare il quadro della seconda giornata, saranno Irlanda-Francia alle 15:15 e Scozia-Galles alle 17:45, in campo sabato 11 febbraio. Poi, dopo una settimana di pausa, si torna in campo il 25 e 26 febbraio: sabato alle 15:15 apre la terza giornata l'Italia in casa contro l'Irlanda, mentre alle 17:45 si affrontano Galles e Inghilterra e domenica alle 16 chiudono Francia e Scozia. La quarta giornata si svolgerà sabato 11 con Italia-Galles alle 15:15 e Inghilterra-Francia alle 17:45 e domenica 12 marzo con Scozia-Irlanda alle 16. Il gran finale, con la quinta giornata, è in programma domenica 18 marzo in unico pomeriggio, il cosiddetto «Super Saturday»: Scozia-Italia alle 13:30, Francia-Galles alle 15:45 e Irlanda-Inghilterra alle18. Italia che chiuderà quindi in Scozia, al Murrayfield di Edimburgo, si spera con l'auspicio di avere le carte in regola per provare a evitare l'ennesimo «cucchiaio di legno», il simbolico riconoscimento assegnato a chi si classifica all'ultimo posto, un titolo che l'Italia ha raccolto per 17 volte e che conquista regolarmente dal 2016. Da quando è stata ammessa al Sei Nazioni, è riuscita a «dribblarlo» solo nel 2003 (al Galles), nel 2004, 2007, 2012 e 2015 (alla Scozia) e nel 2013 (alla Francia). L'anno scorso, ci andò molto vicino, ma la meravigliosa e incredibile vittoria per 22-21nell'ultima giornata contro il Galles al Millennium Stadium, la prima storica della nostra nazionale a Cardiff, non bastò a scavalcare in classifica proprio il Galles. Una vittoria, però, che oltre a dare prestigio e lustro a tutto il movimento rugbistico azzurro, interruppe una serie negativa di 36 sconfitte consecutive al Sei Nazioni, con l'ultimo successo che risaliva al 2015. L'albo d'oro del torneo, invece, vede al primo posto a pari merito Inghilterra e Galles con 39 titoli ciascuno, inseguono Francia a 26, Irlanda e Scozia a 22.Proiettando l'attenzione al futuro, una volta archiviato il Sei Nazioni, sarà già tempo per staff tecnici e giocatori di concentrarsi al mese di settembre, quando andrà in scena la coppa del mondo. La decima edizione della massima competizione internazionale di rugby a 15, si disputerà, infatti, tra l'8 settembre e il 28 ottobre in Francia.
Carlo Messina all'inaugurazione dell'Anno Accademico della Luiss (Ansa)
La domanda è retorica, provocatoria e risuona in aula magna come un monito ad alzare lo sguardo, a non limitarsi a contare i droni e limare i mirini, perché la risposta è un’altra. «In Europa abbiamo più poveri e disuguaglianza di quelli che sono i rischi potenziali che derivano da una minaccia reale, e non percepita o teorica, di una guerra». Un discorso ecumenico, realistico, che evoca l’immagine dell’esercito più dolente e sfinito, quello di chi lotta per uscire dalla povertà. «Perché è vero che riguardo a welfare e democrazia non c’è al mondo luogo comparabile all’Europa, ma siamo deboli se investiamo sulla difesa e non contro la povertà e le disuguaglianze».
Le parole non scivolano via ma si fermano a suggerire riflessioni. Perché è importante che un finanziere - anzi colui che per il 2024 è stato premiato come banchiere europeo dell’anno - abbia un approccio sociale più solido e lungimirante delle istituzioni sovranazionali deputate. E lo dimostri proprio nelle settimane in cui sentiamo avvicinarsi i tamburi di Bruxelles con uscite guerrafondaie come «resisteremo più di Putin», «per la guerra non abbiamo fatto abbastanza» (Kaja Kallas, Alto rappresentante per la politica estera) o «se vogliamo evitare la guerra dobbiamo preparaci alla guerra», «dobbiamo produrre più armi, come abbiamo fatto con i vaccini» (Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea).
Una divergenza formidabile. La conferma plastica che l’Europa dei diritti, nella quale ogni minoranza possibile viene tutelata, si sta dimenticando di salvaguardare quelli dei cittadini comuni che alzandosi al mattino non hanno come priorità la misura dell’elmetto rispetto alla circonferenza cranica, ma il lavoro, la famiglia, il destino dei figli e la difesa dei valori primari. Il ceo di Banca Intesa ricorda che il suo gruppo ha destinato 1,5 miliardi per combattere la povertà, sottolinea che la grande forza del nostro Paese sta «nel formidabile mondo delle imprese e nel risparmio delle famiglie, senza eguali in Europa». E sprona le altre grandi aziende: «In Italia non possiamo aspettarci che faccia tutto il governo, se ci sono aziende che fanno utili potrebbero destinarne una parte per intervenire sulle disuguaglianze. Ogni azienda dovrebbe anche lavorare perché i salari vengano aumentati. Sono uno dei punti di debolezza del nostro Paese e aumentarli è una priorità strategica».
Con l’Europa Carlo Messina non ha finito. Parlando di imprenditoria e di catene di comando, coglie l’occasione per toccare in altro nervo scoperto, perfino più strutturale dell’innamoramento bellicista. «Se un’azienda fosse condotta con meccanismi di governance come quelli dell’Unione Europea fallirebbe». Un autentico missile Tomahawk diretto alla burocrazia continentale, a quei «nani di Zurigo» (copyright Woodrow Wilson) trasferitisi a Bruxelles. La spiegazione è evidente. «Per competere in un contesto globale serve un cambio di passo. Quella europea è una governance che non si vede in nessun Paese del mondo e in nessuna azienda. Perché è incapace di prendere decisioni rapide e quando le prende c’è lentezza nella realizzazione. Oppure non incidono realmente sulle cose che servono all’Europa».
Il banchiere è favorevole a un ministero dell’Economia unico e ritiene che il vincolo dell’unanimità debba essere tolto. «Abbiamo creato una banca centrale che gestisce la moneta di Paesi che devono decidere all’unanimità. Questo è uno degli aspetti drammatici». Ma per uno Stato sovrano che aderisce al club dei 27 è anche l’unica garanzia di non dover sottostare all’arroganza (già ampiamente sperimentata) di Francia e Germania, che trarrebbero vantaggi ancora più consistenti senza quel freno procedurale.
Il richiamo a efficienza e rapidità riguarda anche l’inadeguatezza del burosauro e riecheggia la famosa battuta di Franz Joseph Strauss: «I 10 comandamenti contengono 279 parole, la dichiarazione americana d’indipendenza 300, la disposizione Ue sull’importazione di caramelle esattamente 25.911». Un esempio di questa settimana. A causa della superfetazione di tavoli e di passaggi, l’accordo del Consiglio Affari interni Ue sui rimpatri dei migranti irregolari e sulla liceità degli hub in Paesi terzi (recepito anche dal Consiglio d’Europa) entrerà in vigore non fra 60 giorni o 6 mesi, ma se va bene fra un anno e mezzo. Campa cavallo.
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Luca Casarini. Nel riquadro, il manifesto abusivo comparso a Milano (Ansa)
Quando non è tra le onde, Casarini è nel mare di Internet, dove twitta. E pure parecchio. Dice la sua su qualsiasi cosa. Condivide i post dell’Osservatore romano e quelli di Ilaria Salis (del resto, tra i due, è difficile trovare delle differenze, a volte). Ma, soprattutto, attacca le norme del governo e dell’Unione europea in materia di immigrazione. Si sente Davide contro Golia. E lotta, invitando anche ad andare contro la legge. Quando, qualche giorno fa, è stata fermata la nave Humanity 1 (poi rimessa subito in mare dal tribunale di Agrigento) Casarini ha scritto: «Abbatteremo i vostri muri, taglieremo i fili spinati dei vostri campi di concentramento. Faremo fuggire gli innocenti che tenete prigionieri. È già successo nella Storia, succederà ancora. In mare come in terra. La disumanità non vincerà. Fatevene una ragione». Questa volta si sentiva Oskar Schindler, anche se poi va nei cortei pro Pal che inneggiano alla distruzione dello Stato di Israele.
Chi volesse approfondire il suo pensiero, poi, potrebbe andare a leggersi L’Unità del 10 dicembre scorso, il cui titolo è già un programma: Per salvare i migranti dobbiamo forzare le leggi. Nel testo, che risparmiamo al lettore, spiega come l’Ue si sia piegata a Giorgia Meloni e a Donald Trump in materia di immigrazione. I sovranisti (da quanto tempo non sentivamo più questo termine) stanno vincendo. Bisogna fare qualcosa. Bisogna reagire. Ribellarsi. Anche alle leggi. Il nostro, sempre attento ad essere politicamente corretto, se la prende pure con gli albanesi che vivono in un Paese «a metà tra un narcostato e un hub di riciclaggio delle mafie di mezzo mondo, retto da un “dandy” come Rama, più simile al Dandy della banda della Magliana che a quel G.B. Brummel che diede origine al termine». Casarini parla poi di «squadracce» che fanno sparire i migranti e di presunte «soluzioni finali» per questi ultimi. E auspica un modello alternativo, che crei «reti di protezione di migranti e rifugiati, per sottrarli alle future retate che peraltro avverranno in primis nei luoghi di “non accoglienza”, così scientificamente creati nelle nostre città da un programma di smantellamento dei servizi sociali, educativi e sanitari, che mostra oggi i suoi risultati nelle sacche di marginalità in aumento».
Detto, fatto. Qualcuno, in piazzale Cuoco a Milano, ha infatti pensato bene di affiggere dei manifesti anonimi con le indicazioni, per i migranti irregolari, su cosa fare per evitare di finire nei centri di permanenza per i rimpatri, i cosiddetti di Cpr. Nessuna sigla. Nessun contatto. Solo diverse lingue per diffondere il vademecum: l’italiano, certo, ma anche l’arabo e il bengalese in modo che chiunque passi di lì posa capire il messaggio e sfuggire alla legge. Ti bloccano per strada? Non far vedere il passaporto. Devi andare in questura? Presentati con un avvocato. Ti danno un documento di espulsione? Ci sono avvocati gratis (che in realtà pagano gli italiani con le loro tasse). E poi informazioni nel caso in cui qualcuno dovesse finire in un cpr: avrai un telefono, a volte senza videocamera. E ancora: «Se non hai il passaporto del tuo Paese prima di deportarti l’ambasciata ti deve riconoscere. Quindi se non capisci la lingua in cui ti parla non ti deportano. Se ti deportano la polizia italiana ti deve lasciare un foglio che spiega perché ti hanno deportato e quanto tempo deve passare prima di poter ritornare in Europa. È importante informarci e organizzarci insieme per resistere!».
Per Sara Kelany (Fdi), «dire che i Cpr sono “campi di deportazione” e “prigioni per persone senza documenti” è una mistificazione che non serve a tutelare i diritti ma a sostenere e incentivare l’immigrazione irregolare con tutti i rischi che ne conseguono. Nei Cpr vengono trattenuti migranti irregolari socialmente pericolosi, che hanno all’attivo condanne per reati anche molto gravi. Potrà dispiacere a qualche esponente della sinistra o a qualche attivista delle Ong - ogni riferimento a Casarini non è casuale - ma in Italia si rispettano le nostre leggi e non consentiamo a nessuno di aggirarle». Per Francesco Rocca (Fdi), si tratta di «un’affissione abusiva dallo sgradevole odore eversivo».
Casarini, da convertito, diffonde il verbo. Che non è quello che si è incarnato, ma quello che tutela l’immigrato.
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