
Per scongiurare l’aborto in questa società alla deriva, bisogna rivedere la gratuità della pratica e introdurre l’obbligo di sentire il battito e vedere l’ecografia del feto prima di ucciderlo. Ciò farebbe rinsavire tante donne pronte a interrompere la gravidanza.Uomini e donne sono completamente diversi. Noi donne abbiamo una minore forza fisica. La permanenza più lunga dell’essere umano sul pianeta è stata l’Età della pietra. Senza la maggiore forza fisica degli uomini che andavano a discutere della vita e della morte con i mammut e le tigri dai denti a sciabola non sarebbe stata pensabile la sopravvivenza. Una donna non si tocca nemmeno un fiore, mentre l’uomo può serenamente essere ammazzato con 36 coltellate e il tutto può venire considerato legittima difesa. Nessuno tocchi Caino, mai, anche quando Caino è un terrorista islamico che ha sgozzato bambini come a Beslan o in Israele il 7 ottobre. Un uomo che picchi una donna, però, è un criminale talmente terribile che per lui la regola nessuno tocchi Caino non vale. Un uomo che ha picchiato e terrorizzato la sua donna può essere serenamente ammazzato con 36 coltellate. Tutte le altre possibilità, denuncia penale, separazione, divorzio sono considerate inadeguate. L’uomo che picchia la moglie è meritevole di morte anche nei film e nelle serie televisive. Nel film, francamente bruttino, Pomodori verdi fritti alla fermata del treno (1991, diretto da Jon Avnet), l’uomo che picchia la moglie viene non solo ucciso, ma trasformato in polpette e spezzatino in una trattoria. Immagino cosa succederebbe se qualcuno proponesse di mangiarsi i terroristi di Beslan o del 7 ottobre. Immagino cosa succederebbe se in una serie televisiva o in un film due genitori, presentati come personaggi meravigliosamente positivi, mangiassero il criminale che ha assassinato il loro bambino. Anche un bambino non bisognerebbe toccarlo nemmeno con un fiore e meno che mai con un forcipe che lo smembra nel corpo di sua madre. Un uomo che picchi una donna è un imperdonabile porco meritevole di morte. Una donna che uccide il bimbo che porta nel ventre sta esercitando un diritto sacrosanto. Una donna che abortisce sta difendendo giustamente la sua vita da un figlio che non vuole. Un uomo che rifiuti di pagare gli alimenti per un figlio che non vuole è un dannato bastardo. Perché una donna può rinnegare la maternità, nell’unica maniera possibile e cioè con la morte di suo figlio, e un uomo non può negare la paternità? Quando è ucciso, il bimbo si trova nel luogo che dovrebbe essere il più sicuro al mondo e vuole la sua morte colei che dovrebbe essere la sua prima difesa. L’aborto è brutalmente antifisiologico. È orrendo. Sono ripugnanti i pezzi sanguinanti dei bambini smembrati. Quindi non bisogna mostrarli. No, la verità deve essere mostrata, sempre. Una volta che è incinta una donna non può più scegliere se essere madre o no. È già madre. Può scegliere solo se essere la madre di un bambino vivo o di un bambino morto, e se sceglie di essere la madre di un bambino morto, la morte le scola dentro, diventando depressione, malattia psicosomatica, sequenza di scelte sbagliate, perdita delle fede in sé stessa. L’aborto è un suicidio differito, invece di uccidere me uccido la mia progenie. E vale per l’aborto la stessa regola che vale per il suicidio. Solo una parte del cervello lo vuole. Mi è bastata una mezza frase bofonchiata «Signora, ci ha pensato bene? Questo è il suo bambino», per fermare più di una volta una donna che voleva abortire. Dove ci sono persone che pregano davanti alle cliniche abortiste gli aborti diminuiscono del 70 per cento. La decisione di abortire è talmente ambigua che è sufficiente vedere qualcuno che prega davanti alla clinica per la vita del bambino, perché una donna si renda conto del valore di questa vita. Se qualcuno prega davanti ai cancelli il 70 per cento delle donne va via dalla clinica portando con sé il suo bimbo, che mesi dopo nascerà e avrà un nome. Per questo le nostre élite neomalthusiane in alcune nazioni vietano questa preghiere. Una donna che si assume la responsabilità della morte del suo bambino deve essere avvertita nel consenso informato che potrebbe rimpiangerlo, e che quando lo rimpiangerà il rimpianto le spaccherà il cuore, ma sarà troppo tardi e non ci sarà più niente da fare. È fondamentale che la donna si renda conto di quello che sta facendo, che veda l’ecografia del piccolo, che senta il suo cuore. Le nostre élite, lo ripeto, sono neomalthusiane, vogliono che i bambini non vengano concepiti, e che, se sono stati concepiti, non vengano partoriti. Innumerevoli bambini sono abortiti perché affetti da malformazioni vere o immaginarie. Un’ombra in un’ecografia e il bimbo già al quinto o al sesto mese è condannato a morte. Più di una mia amica si è ostinata a mettere al mondo un bambino dichiarato difficilmente in grado di vivere dagli ecografisti, e ora sono madri di bambini vitali e normali. In Gran Bretagna è vietato pregare davanti alle cliniche abortiste, anche in silenzio e senza il Rosario in mano. Le élite non vogliono che una donna rinunci all’aborto. La seconda legge necessaria è levare la gratuità all’aborto. Deve essere gratuito levare una cisti o un cancro. Perché è gratuito levare, smembrandolo, un bimbo vivo e vitale? L’aborto è un omicidio legalizzato. La gratuità degrada la creatura umana che viene smembrata alla dignità di una cisti o di un cancro. L’utero è mio e me lo gestisco io, ma perché con soldi pubblici. Il sistema sanitario deve pagare le necessità. L’aborto, salvo alcuni rarissimi casi di pericolo reale per la vita della madre, è una scelta. E le scelte possono essere rimpiante. Se una donna vuole che le venga asportato un tessuto malato, calcoli, cisti, cancro deve poterlo fare a spese del Sistema sanitario nazionale. Se vuole che le venga asportato un tessuto sano: il grasso che si toglie con la liposuzione, un feto sano, lo faccia a spese sue. Il Sistema sanitario nazionale non può pagare le scelte. Viene riconosciuto alla donna il diritto di non voler ospitare nel proprio corpo il proprio bambino se non lo vuole, e questo equivale al diritto di ucciderlo. Io devo avere il diritto molto più sacro di non finanziare questo atto. Secondo la mia religione l’aborto è un peccato che grida vendetta a Dio. Io non posso essere costretta a finanziarlo con le mie tasse. Stesso identico discorso vale per i Pride e circoli Lgbt. Costringermi a finanziare con le mie tasse dei peccati gravissimi che gridano vendetta a Dio, la Costituzione è violata: è violata la libertà religiosa. Giorgio Celsi, fondatore dell’associazione pro vita Ora et Labora, il 7 gennaio è stato ospite della trasmissione radiofonica La Zanzara. Lo schema della trasmissione è che i due conduttori Parenzo e Cruciani siano in disaccordo sull’argomento della trasmissione o fingano di esserlo. Lo stile è aggressivo e sguaiato. Entrambi i conduttori erano ovviamente entusiasticamente d’accordo su quanto è giusto un aborto a spese della comunità nascondendo alla madre la realtà dell’atto. Se la madre non vede l’ecografia, non ascolta il cuore e non vede anche come sarà il corpicino una volta smembrato, non ha conoscenza della realtà. Quello su cui si poteva avere qualche discussione era il diritto di Giorgio Celsi di parlare a favore della vita o il diritto di pregare davanti alla clinica dove si uccidono i bimbi non nati. Celsi ha ripetuto la domanda: perché odiate i bambini? Perché volete assolutamente evitare una pratica ovvia, vedere l’ecografia e udire il battito, che spingerebbe il 90 per cento delle donne dal fermarsi da un atto violentemente antifisiologico? Non vogliamo la proibizione dell’aborto. Vogliamo che diventi impensabile e per arrivarci abbiamo bisogno di questi due primi gradini: l’obbligo a sentire il battito e vedere l’ecografia, e la non gratuità dell’uccisione del bambino. Anche un bambino non bisognerebbe toccarlo nemmeno con un fiore.
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