2019-01-24
Anche per il Colle la pacchia è finita. Sarà caccia agli altri Battisti in fuga
Sergio Mattarella alla commemorazione del sindacalista Guido Rossa, vittima delle Br: «I condannati scontino la pena». Un assist a Matteo Salvini, che raccoglie: «Ci stiamo lavorando seriamente». In cima alla lista i 14 rintanati in Francia.Stavolta, Sergio Mattarella ha dovuto dare man forte a Matteo Salvini. Con toni istituzionali, certo. Ma se il ministro dell'Interno, dopo la cattura di Cesare Battisti, ha aperto la stagione di caccia agli altri latitanti, il presidente della Repubblica non può che auspicare il successo dell'operazione.Ieri, Mattarella era a Genova, dove ha commemorato Guido Rossa, sindacalista comunista ucciso 40 anni fa dalle Brigate rosse, di cui aveva denunciato le infiltrazioni in fabbrica (l'ex Ilva). Fu l'inizio della fine per gli estremisti rossi: avendo assassinato un operaio, un «compagno», cominciarono a perdere la vicinanza del proletariato. Dopo 40 anni, forse, il cerchio si chiude. E l'occasione di mettere la parola fine sugli anni di Piombo, l'ha fornita proprio l'arresto dell'ex Pac Battisti. Preludio, forse, alla cattura degli altri 30 terroristi «rifugiati» all'estero, il cui nome è finito sul tavolo di Salvini. Il capo dello Stato, in questo frangente, non può che incoraggiare l'inquilino del Viminale. «Coloro che si sono sottratti con la fuga», ha detto Mattarella durante la cerimonia nel capoluogo ligure, «devono scontare la pena comminata. Perché la democrazia è condizione delicata, la cui cura è affidata alle istituzioni, ma non in misura minore ai cittadini in tutti i luoghi». Questione di giustizia, questione di democrazia: chi per decenni l'ha fatta franca, grazie alle coperture nazionali e internazionali, agli appelli degli intellò, ai socialismi sudamericani o alle bizzarrie della dottrina Mitterrand, è ora che finisca nelle patrie galere. Ovvio, il presidente della Repubblica non è, come il leader della Lega, uno da slogan tipo «la pacchia è finita». Ma il messaggio è chiaro: i terroristi comunisti meritano l'estradizione.Non a caso, il ministro dell'Interno ha subito fatto eco a Mattarella. Nel condannare le «vergognose scritte» contro Guido Rossa comparse a Genova, ha aggiunto: «Condivido le parole del capo dello Stato: i terroristi condannati e che sono fuggiti dall'Italia vanno arrestati e portati nelle nostre galere. È un obiettivo del governo e ci stiamo lavorando seriamente, come dimostra il caso di Cesare Battisti». L'intesa tra Salvini e Mattarella era forse scontata, visto l'argomento. Ma se è vero che quello del Quirinale è il terzo partito (se non il terzo incomodo) dentro l'esecutivo gialloblù, il canto corale di due esponenti politici che hanno avuto diverse occasioni di scontro fa sicuramente notizia.Il dossier nelle mani di Salvini include, appunto, i nomi di 30 terroristi latitanti. Tra questi, 14, praticamente la metà, si trova in Francia. Oltralpe, infatti, i bombaroli italici avevano trovato asilo grazie all'ex presidente francese, il socialista François Mitterrand: «La Francia», deliberò nel 1982 il Consiglio dei ministri da lui guidato, «valuterà la possibilità di non estradare cittadini di un Paese democratico, autori di crimini inaccettabili», qualora il sistema giudiziario di quegli Stati non corrispondesse «all'idea che Parigi ha delle libertà». Una presa in giro: la Francia ammetteva che quelli erano criminali, però liquidava leggi e magistratura italiane come strumenti di persecuzione e di sistematiche violazioni dei diritti umani. Il Consiglio di Stato francese si rimangiò tutto soltanto nel 2004. Nel frattempo, hanno beneficiato del regalino dei transalpini diversi «colleghi» di Battisti. Ad esempio, Marina Petrella, coinvolta nel caso Moro (l'ultimo a bloccarne l'estradizione fu Nicolas Sarkozy); Simonetta Giorgieri, un ergastolo per l'omicidio di Aldo Moro; o il fondatore di Lotta continua, Giorgio Pietrostefani, condannato per l'assassinio del commissario Luigi Calabresi.Si capisce bene perché, in una fase di alta tensione tra Roma e Parigi, battere i pugni sul tavolo per farsi riconsegnare i criminali abbia anche un valore simbolico e politico. Presumibilmente, a Mattarella non interessa schierarsi contro Emmanuel Macron, o fornire un assist ai sovranisti a ridosso delle elezioni europee. Lo conferma l'acqua versata sul fuoco dal ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, considerato uomo del Colle nel governo. E lo confermano le sviolinate europeiste che il capo dello Stato ha infilato nel suo discorso a Genova: «Contro i fantasmi del passato, la coscienza internazionale dei Paesi democratici, dell'Unione europea, ha il dovere di essere vigile e di essere forte». Tuttavia, il presidente della Repubblica non può non abbracciare la causa di chi chiede che chi ha commesso atroci delitti sia finalmente punito.A Parigi, per ora, nessuno sembra entusiasta di collaborare con Salvini. La ministra francese per gli Affari europei, Nathalie Loiseau, nei giorni scorsi aveva risposto al vicepremier del Carroccio con toni piuttosto sprezzanti: «Se Salvini ha dei fascicoli sui latitanti italiani in Francia, ce li dia e saranno esaminati caso per caso. Con uno spirito di responsabilità e tenendo sempre a mente quanto sono stati dolorosi gli anni di Piombo per l'Italia». Come a dire: se vi aspettate da noi lo stesso attivismo di Jair Bolsonaro, vi sbagliate di grosso. Ma i francesi dovrebbero capirlo: a curare le ferite degli anni di Piombo ci pensiamo noi. E questo, europeismo o meno, ormai lo sa pure Mattarella.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)