2021-10-16
Il governo cancella il progetto Renzi. Smontata la fusione: Anas fuori da Fs
Dopo la bocciatura dell'Avvocatura, il Mef lavora allo scorporo delle «concessioni» dalle «infrastrutture». Le prime tornerebbero al Tesoro, il resto rimarrebbe in Ferrovie. Obbiettivo: sfruttare meglio i fondi del Pnrr.Nel 2018 il governo di Giuseppe Conte aveva provato a mettere mano al dossier Anas, tentando di invertire la fusione con Ferrovie dello Stato portata avanti dall'ex premier Matteo Renzi e poi ratificata da Paolo Gentiloni. Nonostante i ripetuti allarmi sull'impatto che l'integrazione avrebbe potuto avere sulle due società come sui conti dello Stato, il piano di far entrare Anas nel perimetro di Fs è proseguito più o meno senza intoppi e aveva superato indenne anche l'ultimo governo Conte. Dopo la bocciatura da parte dell'avvocatura dello Stato dell'estensione delle concessioni stradali e del progetto del ministero delle Infrastrutture di equiparare Anas alla Rai (con una contabilità separata ma senza introiti di mercato), Palazzo Chigi ha deciso di prendere in mano alla situazione. Anche perché sia Anas sia Fs saranno due società chiave per il Pnrr, il Piano nazionale ripresa e resilienza. Da via Mozambano transiterà parte dei miliardi destinati all'ammodernamento e alla manutenzione di strade e infrastrutture. Una società impegnata in contenziosi e in parte dipendente dai fondi statali, non aiuta un governo già in difficoltà per l'utilizzo dei fondi europei. Anche perché al momento non è ancora stato definito il ruolo e la funzione di Anas. Deve restare dentro Fs o deve ritrovare la sua vecchia collocazione di società autonoma? Deve essere strutturata in due società, una privata e una pubblica? Può partecipare a gare per la concessione di reti autostradali? Al Mef da tempo sostengono la necessità di creare una cosiddetta good company, in modo tale da poter andare avanti con le proprie gambe. L'idea sarebbe quella di mettere pedaggi sui tratti autostradali al momento gratuiti, ma è evidente che, dati i rincari bollette e benzina, al momento nuovi balzelli non sarebbero di certo ben accolti dalla popolazione. Presto per saperlo. Il dossier è appena stato aperto.In ogni caso il ministro dell'Economia Daniele Franco avrebbe deciso una volta per tutte di annullare i provvedimenti dei governi Renzi e Gentiloni. Per prima cosa i Mef sta provando a modificare la governance della società. Nei mesi scorsi è stato bocciato dalla politica il nome di Ugo De Carolis, l'uomo dei Benetton che avrebbe dovuto sostituire l'amministratore Massimo Simonini, nominato ai tempi di Danilo Toninelli. A settembre è stata stralciata dal decreto infrastrutture una norma che avrebbe forzato la mano sulla nomina. Oggi Simonini, come il presidente Andrea Gemme, è in proroga dopo la scadenza dal mandato. I due hanno in mano solo l'ordinaria amministrazione. E sono passati quasi 7 mesi. Questa settimana però c'è stata una svolta. Martedì scorso in via XX settembre, sede del ministero dell'Economia, sono incominciate alcune riunioni allargate per capire la fattibilità del progetto di separazione da Fs.Sul tavolo di Franco c'è appunto la necessità di trovare una soluzione per ridare totale operatività all'azienda. Negli ultimi giorni sta prendendo piede l'ipotesi di dividere in due via Mozambano, separando la parte «concessioni» da quella «infrastrutture». La prima, cioè quella dedicata alla gestione e alla manutenzione delle strade, passerà sotto il Tesoro (si discute anche un possibile ruolo di Cdp). La parte infrastrutturale, invece, dovrebbe restare dentro Ferrovie dello Stato. Le due parti societarie hanno valore quasi paritetico. Tutto ruota sempre intorno alla decisione dell'avvocatura dello Stato e al rinnovo delle concessioni. L'obiettivo è evitare svalutazioni miliardarie. A complicare per riportare la situazione c'è la mancanza di precedenti. D'altronde per risolvere l'ingarbugliata situazione del Gse si scelse il commissariamento. Come amministratore unico del Gestore Servizi Energetici è stato nominato Andrea Ripa di Meana, decisione che i partiti hanno digerito con fatica anche perché estromessi dal consiglio di amministrazione. Su Anas le barricate di maggioranza e opposizione vanno avanti da tempo. La terza ipotesi (Anas «concessioni» potrebbe trovare casa in via Goito, sede di Cdp, dove ora governa Dario Scannapieco), è anch'essa senza precedenti. La prima stazione appaltante d'Italia è ancora nel perimetro della pubblica amministrazione (vedi tabella Istat 2021), mentre Cdp ne è fuori. I 7 miliardi di contenziosi resterebbero infine anche uno scoglio difficile da superare anche per la stessa Cdp. Vedremo dopo l'esito dei ballottaggi che succederà. Di certo c'è che il cerchio avviato da Renzi si è chiuso. All'opposto di come lui si immaginava.