2023-06-02
Amor patrio e identità sono i valori anche della vera sinistra
Caro direttore, ieri Marcello Veneziani su questo giornale ha proposto una lettura della Repubblica, della sua settantacinquesima Festa, oggi 2 giugno 2023, e della nostra Costituzione, meritevole di grande attenzione politica. In sostanza, Veneziani sostiene una divergenza strutturale ed irriducibile, tra la nostra Costituzione e l’Italia vera, la nostra vera identità nazionale, la vera nazione italiana e il vero popolo italiano. La separazione tra Costituzione e Nazione-Popolo la riconduce all’atto di nascita: «...la Repubblica nacque con un peccato originale, fu concepita dentro il sistema dei partiti».Prima domanda: da chi dovrebbe essere concepita, da dove dovrebbe nascere, da chi dovrebbe derivare la legittimazione dell’istituzione politica primaria, della «casa pubblica» la definisce, se non da una parte di popolo, cioè da uno o più partiti (quelli del Cln, nel nostro caso), perché i partiti questo sono, parte di popolo, che si impone, prima attraverso la forza, poi con il consenso, su un’altra parte di popolo? Oppure, il popolo è tale soltanto se è scevro da conflitti nel suo seno, se è un corpo unico ed indifferenziato, come da mitologia corporativista e populista?«La prevalenza del partito madre minò alle origini l’amor patrio», afferma Veneziani. Seconda domanda: sono fake news le testimonianze impresse nelle Lettere dei condannati a morte della Resistenza, militanti comunisti, socialisti, popolari, repubblicani e finanche monarchici dediti alla Patria fino all’ultimo sacrificio? L’appartenenza ai partiti non era vissuta in contrapposizione o in chiave prioritaria rispetto alla cittadinanza repubblicana, al sentirsi parte della nazione prima e della Repubblica poi. Al contrario: soltanto attraverso l’appartenenza a un partito, come poi è stato inciso nella Costituzione, si sentiva di poter essere pienamente cittadini repubblicani, ossia di poter «concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Qui, militanza in un partito e amor patrio sono tutt’uno, anzi la prima è condizione di espressione effettuale del secondo. Ma i condannati a morte della Resistenza potrebbero essere considerati poco rappresentativi di chi comandava davvero nei partiti. Cito allora Palmiro Togliatti, in un testo su Rinascita del luglio-agosto 1945 («Il patriottismo dei comunisti»): «È ridicolo pensare che la classe operaia possa staccarsi, scindersi dalla nazione. La classe operaia moderna è il nerbo delle nazioni. I comunisti, che sono il partito della classe operaia, non possono dunque staccarsi dalla loro nazione se non vogliono troncare le loro radici vitali. Il cosmopolitismo è una ideologia del tutto estranea alla classe operaia. Esso è invece l’ideologia caratteristica degli uomini della banca internazionale». La classe operaia non era popolo, non era nazione? La citazione mi consente di arrivare al punto fondamentale argomentato da Veneziani: «Perdiamo l’anima e il corpo dell’Italia, relegando il nostro patriottismo all’ossequio della carta costituzionale». No, caro Veneziani. Lo dico con rispetto e stima: qui, è noto, sta la differenza fondamentale tra destra e sinistra o almeno tra una versione della destra e una versione della sinistra. L’anima ed il corpo di una nazione, la sua identità il sentimento di patria, come il popolo richiamato sopra, non è uno, omogeneo ed immutabile, a-storico. Anche per la sinistra, quella che fu, oggi quasi estinta nella sinistra ufficiale (cosmopolita, no-border, euro-federalista, ultra-atlantista, post-umanista) ma da rigenerare, nazione, identità nazionale, patria, confini, come pure famiglia, sono, come per la destra non liberista, elementi imprescindibili, indisconoscibili, fondativi di ogni comunità umana, ma sono declinati nel senso scolpito nella nostra Costituzione: esprimono una visione aperta, solidale, plurale, dinamica, storica. Una visione frutto di carne e sangue, viva, animata, segnata da dolore, disperazione, rabbia e speranza. Pertanto, il 2 Giugno, Festa della Repubblica, è Festa della Costituzione, quindi della nazione, del popolo e dell’amor patrio in essa riconosciute e promosse.*Presidente associazione Patria e Costituzione
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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