2022-01-18
Perfino Amnesty attacca il super green pass
Petizione della Ong cara alla sinistra per chiedere «misure alternative come i tamponi per permettere a chi non è vaccinato di lavorare e usare i mezzi pubblici senza discriminazioni». Appello contro la proroga dello stato di emergenza dopo il 31 marzo.No all’obbligo vaccinale, no allo stato d’emergenza all’infinito, no alle imposizioni che discriminano i cittadini, no al green pass rafforzato, no all’esclusione dei non vaccinati dal mondo del lavoro, no al divieto di manifestare il dissenso. Pur con una prosa da sacrestia per non creare svenimenti nell’area «resiliente e inclusiva» degli aficionados storici, Amnesty international si è svegliata da un lungo sonno e ha preso a schiaffi il governo di Mario Draghi. Se è vero che per comprendere gli obiettivi di un intervento è fondamentale unire i puntini (la fenomenologia da Settimana Enigmistica è molto di moda), ecco che al termine della lettura del documento la penna da tratteggio mostra l’inconfondibile profilo del ministro Roberto Speranza. Che aggiunge un altro tassello all’orrorifico mosaico di insuccessi personali.Il focus è internazionale, punta a sensibilizzare il continente Europa dove l’obbligo vaccinale sta prendendo piede (in Grecia e Repubblica Ceca è in vigore, in Austria parte il primo febbraio) nonostante contrarietà istituzionali in Francia, Spagna e Gran Bretagna. Ma riguarda direttamente anche le scelte italiane. Nel documento reso pubblico sul sito - e ignorato o nascosto dai numerosi media compiacenti verso il pensiero unico delle coscienze - l’organizzazione «sollecita il governo a riconsiderare attentamente se prorogare lo stato di emergenza oltre il 31 marzo 2022, in quanto tutte le misure di carattere emergenziale devono rispondere ai principi di necessità, temporaneità e proporzionalità. Inoltre, Amnesty international Italia sollecita le autorità italiane - in primis il governo, l’Aifa, l’Istituto superiore di sanità e la Protezione civile - a promuovere forme di comunicazione chiare e inclusive per garantire alla popolazione l’adozione di comportamenti responsabili».L’uscita sorprende perché Amnesty, in prima linea nel difendere i diritti dei migranti anche quando confliggono palesemente con i diritti e le prerogative degli Stati sovrani, sul pianeta Omicron aveva scelto la politica dell’appeasement, dell’acquiescenza. Insomma, del «non disturbate il manovratore», soprattutto dove a manovrare ci sono governi amici. E fin qui si era limitata alla campagna 100 day countdown: 2 miliardi di vaccini ora! per chiedere agli Stati e alle aziende farmaceutiche di garantire che almeno il 40% delle persone nei Paesi a basso e medio reddito fosse vaccinato entro la fine del 2021.Constatando con amarezza che «questo obiettivo non è stato raggiunto», l’organizzazione presieduta in Italia da Emanuele Russo cala la mannaia sulle scelte dell’esecutivo soprattutto per obbligo vaccinale e green pass rafforzato. La contrarietà al primo (deciso per gli over 50) è netta: «Amnesty non sostiene i mandati di vaccinazione obbligatoria generalizzati ed esorta gli Stati a considerare qualsiasi requisito di vaccinazione obbligatoria solo come ultima risorsa e se questi sono strettamente in linea con gli standard internazionali sui diritti umani». Anche se prevale un certo cerchiobottismo, la bocciatura è evidente: «Sebbene sostenga che gli Stati debbano concentrarsi sull’aumento dell’adesione volontaria al vaccino, Amnesty international riconosce che ci sono alcune eccezioni limitate che possono permettere agli Stati di imporre l’obbligo di vaccinazione, purché questi requisiti soddisfino i principi di legalità, legittimità, necessità, proporzionalità e non discriminazione».Quanto al super green pass, il documento spiega che «deve trattarsi di un dispositivo limitato nel tempo e il governo deve continuare a garantire che l’intera popolazione possa godere dei suoi diritti fondamentali, come il diritto all’istruzione, al lavoro e alle cure, con particolare attenzione ai pazienti non Covid che hanno bisogno di interventi urgenti e non devono essere penalizzati». Poiché il diritto al lavoro viene escluso dall’applicazione delle norme sui non vaccinati, il warning all’Italia diventa esplicito: «In ogni caso, Amnesty international Italia chiede che siano previste misure alternative - come l’uso di dispositivi di protezione e di test Covid-19 - per permettere anche alla popolazione non vaccinata di continuare a svolgere il proprio lavoro e di utilizzare i mezzi di trasporto, senza discriminazioni».C’è un’appendice per chi in novembre aveva esultato alla decisione nel ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, di porre restrizioni alle manifestazioni. Pur ammettendo che «ad oggi non risulta un’effettiva compressione del diritto a manifestare pacificamente», Amnesty international mostra di tenere sotto controllo la situazione e ribadisce che «va garantito il diritto di cronaca degli operatori e delle operatrici dell’informazione, denunciando ogni atto di aggressione o violenza ingiustificata nei loro confronti». Dopo obbligo vaccinale e super green pass meglio non consultare la loro graduatoria dei diritti; il nostro campionato ora è con Turkmenistan ed Ecuador; possiamo addirittura strappare lo scudetto alla repubblica islamica indonesiana di Joko Widodo.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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