2024-10-02
Manganelli, figli dei boss, pestaggi e tirapugni. Ecco a voi gli amici di Fedez
Da sinistra: Fedez, Fabiano Capuzzo, Christian Rosiello ed Emis Killa
Perquisito il rapper Emis Killa, in casa aveva 40.000 euro, un taser e vari coltelli. E nel tour in Calabria dell’ex «Ferragnez» spunta il rampollo di un clan locale.Amici d’affari. Non solo per la promozione di una bibita, la Boem, da vendere negli stadi, e per il servizio da guardaspalle che i picchiatori ultrà in odore di ’ndrangheta potevano offrirgli. C’erano pure i concerti.La storia che aleggia dietro agli affari di Luca Lucci, finito in carcere con l’accusa di essere uno dei promotori di un’associazione a delinquere finalizzata ai pestaggi da stadio, e del rapper Fedez s’infittisce, avvolgendosi in una trama oscura fatta di connessioni pericolose e interessi incrociati dove il confine è molto sottile, quella dove la passione sfrenata per il calcio e la spirale della criminalità organizzata si incrociano. E quando ci sono lavoretti sui quali mettere le mani sembrano addirittura saldarsi: i concerti dei rapper. Qui si sono mescolati i nomi di Fedez, di Lucci e di altri musicisti con quelli degli uomini che camminano sulla linea che da un lato cade nel campo della mala. E anche se Fedez non è indagato la presenza di Lucci, capo carismatico della Curva Sud, non si può ignorare. «Palesi sono gli interessi nel settore dell’organizzazione dei concerti dei rapper amici di Curva Sud», scrive il gip nella sua ordinanza, «e ciò a ulteriore riprova di una saldatura tra i due ambienti criminosi (criminalità da stadio e ’ndrangheta)». Una «saldatura» che sarebbe «allo stato embrionale, non organica» ma, secondo l’accusa, «frutto di un connubio di interessi». Che parte, valuta l’accusa, dalle «ambizioni imprenditoriali di Lucci». Il suo ruolo da capo della Curva Sud gli avrebbe consentito di tessere, soprattutto con Fedez, con Emiliano Rudolf Giambelli alias Emis Killa, che ieri, insieme a una sessantina di persone, anche se non risulta indagato, è stato perquisito (a casa sua sarebbero stati sequestrati 40.000 euro in contanti, uno sfollagente, un manganello telescopico, tre tirapugni, sette coltelli e uno storditore elettrico), ma anche con Lazza, Tony Effe, Cancun, Gue Pequeno, «relazioni di carattere lavorativo nel settore musicale». E, così, avrebbe incrementato «in modo esponenziale», sostiene l’accusa, «i propri guadagni». Come? «Avviando preliminari accordi tesi a gestire i concerti degli artisti», spiega il gip, «sia sul territorio nazionale, sia internazionale, facendo leva sull’intraprendenza del suo fedelissimo Islam Hagag (pure lui tra gli ultrà rossoneri arrestati, ndr) già in contatto con alcuni imprenditori operativi nel settore, molti dei quali di origine calabrese». E proprio in Calabria si sono estese le ricerche. Hagag non è un personaggio secondario. Gli inquirenti ritengono che sia stato il tramite con tale Giovanni Galluzzo, figlio incensurato di Laura Procopio, arrestata nel 2022 per droga, reato aggravato dall’aver favorito un clan di ’ndrangheta che aveva infiltrato Rho (Milano). Entrambi i nomi compaiono nei documenti giudiziari come attivi nell’organizzare un concerto di Fedez in particolare, quello del 6 agosto scorso nella Locride, al Calura di Roccella Jonica (Reggio Calabria). Ma anche degli altri eventi previsti in quel locale nel mese di agosto. Tutti con la mediazione, ricostruiscono gli investigatori, di Hagag e della Why Event di Lucci. La lista dei locali è lunga: c’è il Miraya di Catanzaro Lido, il White different club di Corigliano Calabro e il Copacabana beach club sul lungomare di Gioia Tauro». Qui qualche entratura calabrese sembra essere venuta a galla. Con un certo «cugino Ciccio» che gli inquirenti avrebbero individuato in Francesco Barbaro, figlio del boss Rocco Barbaro detto «u’ Sparitu (lo scomparso, ndr)». Uno che conta in Calabria ma anche in Lombardia. E proprio in Lombardia c’è l’Old Fashion, storico locale milanese, uno spazio dove la musica incontra l’architettura, dove i vip sembrano mescolarsi con chi cerca di lavare via le proprie colpe e dove sono stati pianificati raid punitivi in ultrà style. Fedez e Lucci contano di acquisirlo. C’è un incontro. Fedez si presenta in Ferrari, con un amico. I due discutono, pianificano, progettano. Ma ogni parola, ogni frase ha un peso che va oltre l’apparenza. Come introdurre Lucci? Come spiegare la sua presenza? Fedez sembra titubante, forse per la prima volta consapevole del rischio: «Il tema... il tema che ti pongo», dice Fedez, «è questo... cioè, come introduco la tua figura (ride) in questa...». E Lucci, che ha capito di dover rimanere anonimo, risponde: «Non la introduci! Sono con te! Cosa devo fare io secondo te? Che ce ne frega?». Gli interessi dei due ormai sembrano camminare in un’unica direzione. E, così, nel corso di una ulteriore telefonata con il rapper, Lucci elenca i dettagli della sua nuova attività, quella con cui intende svoltare: la gestione di artisti, «anche questa», secondo il gip, «con un probabile futuro in complicità con lo stesso interlocutore». Fedez e Lucci, amici d’affari, si muovono su un terreno minato, tra concerti e contatti pericolosi, tra il glamour milanese e una terra, quella calabrese, dove è fin troppo facile imbattersi in un «cugino Ciccio».
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