
L'attore romano bacchettato dal critico del Corriere della Sera Aldo Grasso per l'elogio al leader leghista «miglior politico degli ultimi 20 anni». La sua dichiarata militanza rossa non conta nulla: chi è fuori dal coro si becca la gogna.Dopo Pif e Ivano Marescotti tocca a Claudio Amendola: botta e risposta all'acido muriatico con vista sulla sinistra. Aldo Grasso attacca con piglio caustico Amendola sulla prima pagina del Corriere della Sera per la sua dichiarazione di stima (pur nella dichiarata diversità politica) a Matteo Salvini. E Amendola gli risponde a stretto giro di posta sul sito del quotidiano. Il critico accusa elegantemente il Re dei Cesaroni di trasformismo («ciò che l'attore rappresenta è solo la commedia della conoscenza»), e l'interessato lo serve di barba e capelli, con l'aiuto del sarcasmo, senza muoversi di un millimetro dalla sua posizione: «Quando ho detto che Salvini è il miglior politico degli ultimi 20 anni ho sbagliato. Avrei dovuto dire degli ultimi 30». Palla al centro. Il botta e risposta merita di non essere relegato al rango di futile diatriba perché, anche dentro questo dibattito essenziale, si rivela un frammento importante della polemica di questi mesi, nel processo di rottura dei vincoli di appartenenza e delle caserme di partito: da un lato ci sono critici e giornalisti istituzionali che continuano ad assegnarsi il compito di vigilanza rivoluzionaria contro «l'impuro», contro «il nemico», contro il «cattivo» e chiunque si azzardi a regalargli anche solo una minima apertura di credito. Dall'altra, invece, c'è l'attore intellettuale che rivendica la sua libertà di pensiero e di azione rompendo ogni argine del politicamente corretto. È successo già a Marescotti, bersagliato dalle prefiche e dagli ultras troglotwitters, dei #senzadime adirati perché si era azzardato a ipotizzare che se il Pd non facesse un governo con il M5s molti suoi elettori sarebbero delusi. E persino il povero Pif è stato web-randellato per aver filmato un sobrio video messaggio proponendo una linea diversa da quello dello «splendido isolamento» di stretta osservanza renziana. Insomma, finisce il partito, muore la ditta, ma non il riflesso condizionato, il tic, la tentazione di squalificare chi esce dalla gabbia. E infatti Grasso scriveva: «Amendola, ospite dell'Aria che tira, si è pronunciato sulle nuove leadership del Paese: “Matteo Salvini è il politico più capace degli ultimi 20 anni, ma proprio senza ombra di dubbio". Degli ultimi 20 anni. Senza ombra di dubbio», annota Grasso ironico. E già questa è una falsificazione. Perché Amendola raccontava contestualmente di aver votato Liberi e uguali, rivendicando dunque la sua appartenenza alla sinistra radicale (la sostiene dai tempi di Rifondazione) e il voto ad un partito sconfitto. Ma Grasso sorvola e corre al bersaglio: «A leggere la carriera degli ultimi 20 di Salvini, si fatica un po' a incoronarlo “er mejo". Comunque, punti di vista». Il telecritico è a caccia di incoerenza e sale in cattedra: «Nel 2015, lo stesso Amendola lo apostrofava come “razzista", in nome e per conto della Garbatella». Quartiere popolare, dunque, si presume, l'attore agli occhi del critico perde di credibilità perché non sarebbe abbastanza chic, rispetto agli intellettuali dem del partito Ztl. E arriva l'affondo finale: «Amendola ha sempre rappresentato l'idealtipo della sinistra, un compagno coi “controca'". Quando conduceva programmi come Scherzi a parte o Grande fratello, era a sinistra della sinistra, mai Pci, mai Pds, mai Ds, mai Pd». Per il notista del Corriere, evidentemente una colpa grave: «Ultimo macho, coatto con garbo», scrive Grasso, «agli intervistatori che gli facevano notare come il suo spirito proletario stridesse un po' coi benefit di cui si circondava, Claudio, core de 'sta sinistra dura e pura, rispondeva: «Il comunismo oggi non vuol dire Lenin e Stalin. Vuol dire giustizia sociale, pagare le tasse, vivere moralmente sani, non sprecare, non sfruttare, pagare i contributi, seguire gli insegnamenti di Gesù Cristo». Stoccata finale: «Se a Pasqua al posto del Cristo c'è Salvini, è solo un cambio d'inquadratura».La risposta di Amendola, da manuale. Ricorda a Grasso di non aver mai replicato alle sue critiche sul piano professionale, rilancia come abbiamo visto il suo giudizio su Salvini e poi si toglie qualche sassolino dalla scarpa con grande eleganza. «In questo lungo periodo», scrive l'attore, «abbiamo assistito alla lenta ma inesorabile evaporazione della sinistra in tutte le sue accezioni, alla nascita di un partito azienda che tutto è stato (e ancora è) tranne che un partito politico, alla nascita di un movimento che per definizione è (meglio dire era) antipolitico, oltre a tutte le varie fioriture più o meno risibili», osserva Amendola, «che ogni legislatura ci ha regalato. In questo panorama Salvini ha preso un partito regionale, ai margini della scena politica, gravato da scandali e appesantito da un disprezzo diffuso e lo ha trasformato in un partito nazionale che governa le più ricche e produttive regioni italiane». Morale della favola: «Salvini», spiega Amendola, «ha conquistato la leadership della sua coalizione e si presenterà sul Colle, forse, per avere l'incarico di governo. Faccio fatica a trovare un politico che negli ultimi trenta anni abbia fatto altrettanto. Per questo trovo un po' furbo da parte Sua interpretare le mie parole andando a vedere che cosa ha fatto Salvini negli ultimi 20 anni. Lei», conclude l'attore, «ha usato l'espressione “apertura di credito" facendo passare l'idea di un mio appoggio o comunque di una mia simpatia, un mio interesse politico nei confronti della Lega, mentre nella stessa trasmissione ho dichiarato di aver votato Leu». Battuta finale: «Le faccio un esempio di natura calcistica, se dicessi che la Juventus è la squadra più forte degli ultimi 7 anni, potrei essere tacciato di essere uno juventino? Tanto Le dovevo, spero che vorrà continuare a seguirmi con il disprezzo di sempre». Ora, qualcuno dovrebbe ricordare a Grasso che Amendola, malgrado il suo disprezzo, può dire quello che vuole di Salvini proprio per la Garbatella, proprio per il sua romanesco, la sua coerenza e i suoi successi. E proprio perché (al contrario del voltagabbana-tipo) con questa affermazione non guadagna proprio nulla.
Guido Crosetto (Cristian Castelnuovo)
Il ministro della Difesa interviene all’evento organizzato dalla «Verità» dedicato al tema della sicurezza con i vertici del comparto. Roberto Cingolani (Leonardo) e Nunzia Ciardi (Acn): bisogna prevenire le minacce con l’Ia.
Mai, come nel periodo storico nel quale stiamo vivendo, il mondo è stato più insicuro. Attualmente ci sono 61 conflitti armati attivi, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, che coinvolgono oltre 92 Paesi. Ieri, a Roma, La Verità ha organizzato un evento dal titolo «Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti», che ha analizzato punto per punto i temi caldi della questione con esponenti di spicco quali il ministro della Difesa Guido Crosetto intervistato dal direttore della Verità, Maurizio Belpietro.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.






