
Marocchino irregolare ruba un’auto e fugge sfrecciando contromano nel quartiere come Ramy Elgaml. Poi abbandona il mezzo, si dilegua a piedi ma viene acciuffato.Il quartiere Corvetto di Milano è di nuovo al centro della cronaca nera cittadina, a distanza di ormai tre settimane dalla morte di Ramy Elgaml, il diciannovenne egiziano morto a bordo di uno scooter mentre scappava da una gazzella dei carabinieri. Nella notte tra domenica e lunedì, infatti, c’è stato un nuovo inseguimento nelle stesse vie dove Ramy e l’amico Fares Bouzidi stavano scappando a fine novembre.Questa volta il protagonista dell’inseguimento è un marocchino di 36 anni, irregolare e con precedenti, che poco prima dell’una di notte non si è fermato a un posto di blocco della polizia. Durante la fuga ha preso alcune vie in contromano, andando a sbattere contro le auto parcheggiate. Dopo aver lasciato l’auto, ha provato a scappare ma è stato subito bloccato. Si è scoperto che l’auto era rubata. La notizia è arrivata durante il consueto punto di fine anno del questore di Milano Bruno Megale che, oltre a spiegare attraverso i numeri la situazione della criminalità in città, ha ricordato proprio la situazione del quartiere Corvetto.Megale ha ricordato che le proteste che hanno infiammato il quartiere nei giorni successivi all’incidente mortale, hanno comunque coinvolto un «numero di persone limitato e sono state circoscritte nel tempo». E qui il questore ha fatto un inciso, ricordando che se la situazione non è diventata esplosiva, è stato merito di Yehia Elgaml, il padre di Ramy che, «con il suo atteggiamento, ha spento qualsiasi strumentalizzazioni». I meriti per aver circoscritto le proteste del Corvetto sono andati anche alla Procura di Milano che «ha dato un segnale immediato di trasparenza». Il Corvetto, comunque, ha spiegato Megale, «non credo sia una banlieue, è un quartiere sicuramente problematico e multietnico ma è anche un quartiere popolare, con tanta gente normale».Secondo il questore, la situazione sul fronte sicurezza del capoluogo lombardo è «di moderato ottimismo». Anche perché i reati sono in diminuzione ma gli arresti, i Daspo, i servizi di ordine pubblico e anche i rinforzi sono «percentualmente» tra i più alti in Italia con l’arrivo di 600 agenti in più. Solo a Milano nel 2023 erano state arrestate 3.865 persone, nel 2024 sono state 4.252, quasi 400 in più. In provincia la forbice aumenta, con 4.909 quest’anno e i 4.376 lo scorso. Sono aumentati anche i rimpatri, passati da 362 a 520. E c’è pure un incremento di fogli di via, da 134 a 163.Lo stupefacente più sequestrato resta l’hashish, seguito da cocaina, marijuana ed eroina. Ma sono allo stesso tempo aumentati anche i Daspo sportivi che sono stati 126 (erano 110 nel 2023), per di più con alcuni Daspo sportivi fuori contesto (cioè per altri gravi reati non da tifoseria) che hanno raggiunto quota 150 (106 nel 2023), a cui si devono aggiungere 122 Daspo urbani e 138 Daspo «Willy» (quello delle misure anti-movida selvaggia). «In zone come il Corvetto gli arabi continuano a comportarsi come se fossero padroni delle strade, protetti dall’ipocrisia e dal buonismo di una certa politica locale, in primis quella del Pd», dice Riccardo De Corato. E poi aggiunge. «Meno di un mese fa Beppe Sala si era vantato del fatto che Milano fosse risultata prima per qualità della vita in Italia. A distanza di soli 28 giorni, però, la situazione è completamente mutata e Il Sole 24 Ore dice che il capoluogo lombardo è al dodicesimo posto, mentre prima era al posto numero 8. Non ha nulla da dire Sala oggi? O farà come ha già fatto per la sicurezza, attribuendo il dato ad una questione di percezione?».
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





