
Giorgia Meloni attacca Alessandra Mussolini, Lorella Cuccarini punzecchia Heather Parisi, Aida Yespica e Patrizia Bonetti s'azzuffano. Le carognate in rosa sgonfiano il Me too.Madonna che dopo anni fa pace con Lady Gaga, ma non ancora con Jennifer Lopez (andandosene da un party di Donatella Versace, in cui J Lo si era appalesata, la bollò come «cameriera imbucata»). Due starlette, Patty Bonetti e Aida Yespica, che si accapigliano fuori da un cinema con due sorelle per via di un apprezzamento ("Hai un brutto cu..."), anche se non è chiaro chi l'abbia detto a chi. Giornaliste e opinioniste che si scornano per un articolo su una donna.Non c'è che dire: quando la cronaca spicciola ci restituisce l'immagine di Eva contro Eva, per noi ometti è un momento di grande sollazzo. Senza contare che nel caso del Corriere della Sera, poi, la polemica tutta al femminile (o quasi: nel ruolo di donna barbuta c'era solo il vicedirettore del Corriere Antonio Polito) investe il totem della maternità, avendo il quotidiano scelto di mettere in prima pagina la storia della «supermamma» con 11 figli. È partito un valzer di bordate - «Volete inchiodare la femminilità alla maternità», «Ma chi sei, chi ti conosce?», «Volete che le donne sfornino figli alla patria», «Zitta tu, talebana"- che neanche la fantasia del più pervivace maschilista avrebbe saputo partorire - per rimanere in tema.È la scoperta dell'acqua calda (o del rovescio della medaglia della sempre più spompata campagna Me too): per una donna non c'è peggior nemico di un'altra donna.Leggete cosa pensano -in ordine rigorosamente alfabetico, in un accostamento psichedelico- Anselma Dell'Olio, Giorgia Meloni e Iva Zanicchi. Zanicchi: «I provoloni (la cantante intende «uno che ci prova», ndr) nello spettacolo esistono, ma anche le donne non sono da meno. Quando le femmine hanno il potere, sono peggiori degli uomini». Meloni: «Alessandra Mussolini? È cattiva con le donne, atteggiamento tipico di certe femmine». Dell'Olio: «Da attivista femminista, ho sperimentato la ferocia femminile sulla mia pelle». Lo ha scritto nella prefazione a un libro di Phyllis Chesler esponente di punta del movimento americano per i diritti delle donne: Donna contro donna - Rivalità, invidia, cattiveria nel mondo femminile (ma il titolo originale è ancora più tosto: Woman's inhumanity to woman, La disumanità della donna verso la donna).I termini più ricorrenti dell'indagine? Freddezza, alterigia, permalosità, prepotenza, cattiveria, crudeltà, risentimento, rancore, odio. Sempre Dell'Olio: «Quante volte abbiamo sentito dire da chi ha avuto una donna come superiore: sono molto peggio degli uomini, più cattive, irragionevoli e ingiuste di qualsiasi capo maschio?». Il volume è del 2003, ma negli ultimi 15 anni la rotta non è stata invertita. La misoginia al femminile rimane un format di successo. Tanto che negli Stati Uniti hanno coniato un neologismo, il wollying, dall'unione di woman e bullying, il bullismo caratterizzato dall'abuso (psicologico, ma talvolta anche fisico) di una donna da parte di un'altra donna.Certo, rispetto alla metà del millennio scorso, gli esiti sono meno cruenti. A gennaio è arrivato nei cinema il film Maria Regina di Scozia, sulla vita di Mary Stuart e sull'avversione per lei di Caterina de' Medici prima, e di Elisabetta poi, che -non senza esitazioni, in verità- la mandò a morte per decapitazione. Oggigiorno la tragedia, scomodando Karl Marx, si replica in farsa nello show business, che non è un pranzo di gala tra donne tra loro empatiche.Come valutare altrimenti lo scontro tra Lorella Cuccarini e Heather Parisi? Certo, non siamo arrivati all'azzoppamento su commissione della rivale, come successe nel caso della pattinatrice sul ghiaccio americana Tonya Harding, accusata come mandante dell'aggressione di Nancy Kerrigan. Ma dopo l'esperienza di un programma insieme nel 2016, titolo profetico: Nemica amatissima, Cuccarini e Parisi si «beccano» senza sosta. Ultimo caso: ieri, dopo che «la più amata dagli italiani» in tv aveva sostenuto, sbagliando, che per fortuna «l'anno scorso siamo tornati a votare, visto che non la facevamo da 10 anni». Una disattenzione per cui Parisi l'ha subito azzannata: «E così, dopo la ballerina sovranista, ecco la ballerina maitre a pensere» (una svista pure la sua: si scrive penser). In precedenza Cuccarini se n'era uscita così: «Dobbiamo accettare il fatto che se ci sono più uomini ai vertici è perché sono più predisposti», che neanche Fulvio Collovati sulle femmine che parlano di tattica nel calcio.Davanti a un'esternazione che potrebbe portare a concludere che il posto più adatto per le donne sia ai fornelli (il che sarebbe compatibile con gli spot di Cuccarini, testimonial di cucine), le reazioni non si sono fatte attendere. Di chi? Di Parisi, naturalmente: «Ci sono, in ordine rigorosamente di importanza, ballerine d'étoile, ballerine soliste e ballerine di fila e, da oggi, anche ballerine sovraniste. O forse no, solo sovraniste». Si è schierata perfino Alba Parietti: «Dopo Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer, secondo Lorella, c'è Matteo Salvini. È veramente una teoria molto molto interessante che mi fa capire quanto sia attenta alla politica e alla storia. Se Salvini è Che Guevara, allora Silvio Berlusconi era Lev Trockij». Tiè. Negli anni Novanta Parietti battibeccò a lungo anche con Mara Venier, per poi siglare la pace, un po' come Valeria Marini e Pamela Prati, che a un compleanno di Leo Gullotta vennero praticamente alle mani.A dar retta a siti e blogger, si registrerebbero -o si sarebbero registrati in passato- dissapori tra Paola Perego e Barbara D'Urso, tra quest'ultima e Maria De Filippi, tra Simona Ventura e Mara Venier, tra Nina Moric e Belen Rodriguez, definita affettuosamente «un viado», diffamazione per la quale la croata è stata condannata. E a proposito di un'altra croata, Rita Rusic, in occasione della recente intervista per La Verità le ho chiesto se fosse stata a conoscenza del flirt (antecedente al suo matrimonio con il produttore) confessato da Vittorio Cecchi Gori. Risposta: «Sapevo tutto, e le dirò di più: quella (un'attrice italiana di chiara fama, ndr) si rifece sotto quando Vittorio e io aspettavamo il primo figlio».E ancora: che peso dare allo scontro tra Paola Ferrari e Serena Dandini, quando questa fa dire alla defunta -nel suo monologo (recitato in tv) Ferita a morte, su una donna che dall'aldilà racconta come e perché sia stata uccisa dal marito- che in fondo una consolazione c'era: «Meglio morta che vedere un'altra volta la Domenica sportiva con l'Illuminata, la presentatrice piena di luce che pare la Madonna. Quella bionda che dice i risultati con le labbra di rossetto forte e gli orecchini di lampadario. A lui piaceva, a me faceva schifo». Ferrari: «La prima cosa che ho pensato è: bella stronza. Poi passa. Ho lavorato onestamente per anni e guarda cosa porto a casa. La Dandini alla Rai guadagnava 800.000 euro all'anno, cifre che noi giornalisti non sappiamo neanche cosa sono. Se uno è bravo a farsi pagare buon per lui, ma perché ti faccio schifo? Lasciami stare». La Ferrari, per altro, ha giusto ieri attaccato anche la collega Diletta Leotta: « Che bisogno c'è di fare tutti quei ritocchi alla sua età?». Cosa pensare dello sfogo di Elena Sofia Ricci: «Nancy Brilli faceva l'amica, e intanto mi rubava il marito», conferma a posteriori di quanto sostenuto da Simone De Beauvoir nel 1949 nel suo libro Il secondo sesso: ovvero che, in fatto di passioni, la donna vede nell'altra, tanto più se migliore amica, una rivale pronta a civettare, a essere sleale, a tradire? Come commentare lo sfogo di Sveva Casati Modigliani, all'anagrafe Bice Cairati? «Io scrivevo i romanzi, mio marito li correggeva. È andata avanti così per tre libri, ma poi l'ho sempre reso partecipe del mio lavoro. Circolava voce che in realtà l'autore fosse lui, io li promuovessi e basta. La cosa triste era che lo pensavano e dicevano le donne».Perché stupirsi, poi, se perfino in famiglia sono madri, figlie e sorelle a offrire il peggio ? Maria Callas: «Quando ero in ospedale accanto a me avrebbero dovuto esserci mia madre e mia sorella. Ma le persone a me più vicine sono state quelle che più mi hanno fatto del male». Perfino Santa Teresa d'Avila fu denunciata all'Inquisizione dalle sue stesse consorelle... Non cambia in politica. Nunzia Di Girolamo, esclusa dalle liste di Forza Italia alle politiche del 4 marzo, poi ripescata in corsa ma non eletta, ha tirato in ballo Mara Carfagna, sostenendo fosse presente alla compilazione degli elenchi e accusandola di non aver speso una parola a suo favore: «Non posso accettare che esista il metodo delle donne che odiano le donne». Carfagna ha annunciato azioni legali, come quelle in passato verso Sabina Guzzanti per l'indecente performance da un palco a piazza Navona, quando Carfagna fu nominata ministro nel governo di Silvio Berlusconi (Guzzanti è stata condannata al risarcimento).Carfagna in passato si era accapigliata con la già ricordata Alessandra Mussolini, fotografata -in pieno slang partenopeo- come una «vajassa»: insomma, una peripatetica. Guzzanti poi ha un conto aperto con Lucia Annunziata, che tempo fa a un basito Francesco Rutelli ospite del suo programma su Rai 3 ha replicato: «Non mi tratti da deficiente, c'è già tanta gente che lo fa, la prima è Sabina Guzzanti, ci sono abituata». Peraltro alla Guzzanti lo aveva detto in faccia anni prima: «Sabrina (nome storpiato forse apposta, ndr), mi hai dipinto come una che parla napoletano, ha gli occhi storti e non conta un cazzo».Anche la Mussolini ricorre a un linguaggio sfumato, quando serve. Anni fa, in uno studio tv -mentre Daniela Santanchè spiegava che «in politica bisogna darsi» - commentò ammiccando a voce non così bassa da non potersi udire: «Eh certo, noi lo sappiamo bene che tu sei generosa, sei proprio una che si dà. Come ti dai tu...». Episodio vero: parola non di una donna, ma di un uomo (il programma era il mio).
Ansa
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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