2021-03-17
Ma Draghi non doveva essere quello che decide?
Mario Draghi (getty images)
Tra rinvii, indiscrezioni e liti, il governo ricalca il Conte bis Compreso il solito rifinanziamento del reddito di cittadinanzaA partire dal sottosegretario all'Economia Laura Castelli, ora tutti giurano che l'atteso e sospiratissimo decreto Sostegno - scomparso da giorni, sequestrato non si sa dove, trattenuto in luogo ignoto e sottratto all'affetto dei suoi cari - comparirà entro fine settimana, per essere varato da un Consiglio dei ministri che potrebbe tenersi venerdì. Speriamo davvero sia così, ma il solo fatto che si debba organizzare - politicamente parlando - l'equivalente di una puntata di Chi l'ha visto? per rintracciare un decreto che era stato annunciatissimo, dà la misura di una falsa partenza del governo guidato da Mario Draghi. Anzi: di un'altra falsa partenza. Esattamente come, sul terreno delle chiusure e dei lockdown striscianti, non si vede purtroppo alcuna discontinuità rispetto alla stagione precedente, pure su questo versante del ristoro alle imprese rischiamo di rivivere gli stop and go, le indecisioni, le incertezze che avevano irritato gli italiani ai tempi di Giuseppe Conte. cambiamento sperato Questo giornale, com'era e com'è giusto in considerazione dell'autorevolezza di Draghi, ha accolto il nuovo governo con un'apertura di credito legata alla grande speranza di un cambiamento nel metodo e nella sostanza. Ancora oggi, 17 marzo, pure sul terreno economico, questo nuovo corso non si è visto. Né nella forma: tra rinvii, indiscrezioni, bozze contraddittorie, liti nella maggioranza nemmeno troppo nascoste su almeno tre misure decisive, come vedremo tra poco. Né nei contenuti: con un costante rischio di annacquamento delle posizioni pro impresa, e un pervicace ritorno dei provvedimenti di puro assistenzialismo. Ci si attendeva dal nuovo governo - e in primo luogo dal premier - un'attitudine decisionista, e comunque una certa nettezza nell'assunzione delle scelte politiche. Se invece si trattava di proseguire nella logica delle mediazioni estenuanti, delle lunghe attese e dei compromessi al ribasso, sarebbe bastato rimanere nello schema politico precedente. brutta sorpresaVenendo ai contenuti, le veline ministeriali dicono che ci sarà un uso integrale (e ci mancherebbe non fosse così) dei 32 miliardi oggetto dell'ultimo scostamento di bilancio, e che un altro sforamento sarà richiesto al Parlamento in primavera. Secondo le anticipazioni della Castelli, 12 miliardi andranno in sostegni alle imprese, 6 alla salute (di cui 5 ai vaccini), e circa 10 per tutto il resto (famiglia, cassa integrazione, misure assistenziali). E già qui pare chiaro che ci sarà una brutta sorpresa, che peraltro La Verità aveva anticipato da giorni: un poderoso rifinanziamento di reddito di cittadinanza e reddito di emergenza, con un'ennesima concessione al grillismo. Dopo di che, arrivano le note ancora più dolenti, che riguardano tre capitoli decisivi. bene lo stop agli ateco Il primo ha a che fare con i sostegni alle aziende: 12 miliardi - va detto - non sono una cifra piccola, più di quanto Conte avesse messo in quattro provvedimenti. Tuttavia, la pur positiva (anzi, ottima) eliminazione del ricorso ai codici Ateco come criterio per l'individuazione dei beneficiari, allarga moltissimo la platea dei percettori: quasi 3 milioni di aziende e partite Iva. Con il rischio che tanti prendano davvero molto poco. Una ragione di più per mettere in agenda le riaperture chieste dalle aziende: le imprese vogliono lavorare, ciò che è tuttora impedito. Il secondo punto critico riguarda il cashback, con 5 miliardi incredibilmente destinati dal vecchio governo a quell'inutile misura. Che si aspetta a cancellarla da subito, recuperando risorse? Ora si sta trattando sul momento dell'anno (si pensa a luglio) in cui bloccare la pratica, recuperando almeno 2,5 miliardi. Ma il solo fatto che se ne debba ancora discutere stupisce. Il terzo punto riguarda la materia rovente delle cartelle esattoriali. Diciamolo con franchezza: se tutto si risolverà solo con l'eliminazione delle cartelle inferiori a 5.000 euro relative al quindicennio 2000-2015, la montagna avrà partorito molto meno del necessario. mistero sulle cartelleQuella sarà una mera pulizia del magazzino dell'Agenzia delle entrate rispetto a somme largamente inesigibili. Il punto vero è capire cosa si farà sulle cartelle più fresche, quelle dal 2016 al 2020. Sappiamo bene che l'ala sinistra del Pd e Leu sono pronte a gridare al «condono», anche se qui non c'è alcuna evasione, ma somme regolarmente dichiarate e che tuttavia le aziende non sono state in grado di saldare interamente per ragioni ovvie. trappola parlamentareE però proprio qui ci si attende che arrivi una parola definitiva del premier per chiudere la partita e suggerire la soluzione più larga e omnicomprensiva, che consenta a tutti gli italiani potenzialmente destinatari di cartelle un percorso agevolato per rimettersi in carreggiata, senza sanzioni e senza interessi.Su tutti questi punti, sarebbe ipocrita se il governo dicesse: ne discuterà il Parlamento in sede di conversione del decreto. La vecchia alleanza giallorossa ha ancora numeri troppo grandi alla Camera e al Senato: affidarsi alla discussione parlamentare significa sapere già che la partita andrà in un certo modo, a danno del centrodestra.Sappia il governo che su tutti questi temi i cittadini hanno gli occhi ben aperti, e un'altra delusione, dopo il pasticcio delle chiusure, non sarebbe certo ben accolta nel Paese.