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2021-10-01
Altra balla sui numeri. Sparito il bollettino dedicato ai vaccinati
Roberto Speranza (Getty images)
Doveva arrivare ad agosto in alcune regioni, a settembre in altre. Invece siamo a ottobre e del famoso bollettino differito per vaccinati e non, promesso dal ministro della Salute Roberto Speranza, non c'è traccia. Obiettivo dello sdoppiamento del consueto bollettino settimanale - uno con i dati aggregati relativi ai vaccinati, e un altro con i numeri riguardanti i non vaccinati - era quello di mostrare quali sono i rischi per chi non si immunizza e convincere così gli indecisi.
Peraltro la richiesta all'Europa, attraversata dalle proteste no vax, era arrivata proprio dall'Oms che aveva invitato gli Stati a usare «risolutezza» nella gestione della campagna vaccinale. Lo stesso ministro aveva ribadito che in Italia le epidemie sono due: quella che colpisce lievemente i vaccinati e quella, ben più grave, che mette in pericolo coloro che non sono vaccinati. Quindi due liste, una degli immunizzati che raramente finiscono intubati (ma non sono esenti dalla possibilità di contagio) e una dei non vaccinati. Dopo un anno e mezzo dall'avvento dell'epidemia la svolta sui report con i dati su contagi, ricoveri e morti da Covid per rendere ancora più chiara l'importanza della vaccinazione ovvero far trasparire l'efficacia dei vaccini e rendere chiare le differenze tra chi si è coperto rispetto ai rischi del contagio e chi ha scelto, nonostante il green pass, di non farlo. Un'arma in più per convincere gli indecisi a vaccinarsi. Ma anche per verificare sul territorio l'effettiva gravità del contagio così che, dati alla mano, si possono indicare ai non vaccinati il livello di pericolo che stanno correndo. L'unico problema era l'allineamento delle Regioni. Ognuna infatti ha un proprio metodo di monitoraggio di contagi, morti, posti letto occupati in terapia intensiva o in reparti ordinari.
L'obiettivo di fondo, secondo i funzionari ministeriali, era anche «prevenire le fake news che si moltiplicheranno quando in autunno le ospedalizzazioni saliranno». Secondo il ministero il doppio report giornaliero voleva evitare inoltre quanto è accaduto nelle ultime settimane in Israele, dove le polemiche dei no vax sono aumentate dopo che una quota di chi si è sottoposto all'inoculazione è finita in ospedale per la variante delta. «In realtà», aveva detto un dirigente, «la percentuale di vaccinati ricoverati in Israele è infinitamente più bassa di quella dei non vaccinati. Questi ultimi sono pochi e dunque per un paradosso statistico è sembrato che i vaccini non funzionassero, quando è vero invece l'esatto contrario».
Epperò il bollettino differenziato resta un'altra promessa mancata del ministro leader di Articolo 1, ma nel frattempo, malgrado gli allarmi e le minacce, l'estate è scivolata via insieme alla stagione turistica con successo, la percentuale di ospedalizzazioni è molto inferiore rispetto allo stesso numero di casi delle ondate precedenti, e le differenze a livello regionale non sono più allarmanti né tali da subire cambiamenti di colore. Sul report relativo al periodo 22-28 settembre della Fondazione Gimbe, ieri si leggeva che ci sono ancora 8,3 milioni di persone non vaccinate mentre il 76% della popolazione (45.041.109) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+590.166 rispetto alla settimana precedente) e il 71,3% (42.259.253) ha completato il ciclo vaccinale (+913.805). In aumento del 4,1% il numero di somministrazioni nell'ultima settimana (1.546.235), con una media mobile a 7 giorni di 204.606 somministrazioni.
Intanto, aspettando il termometro separato dell'evoluzione della pandemia, i dati del bollettino giornaliero emanato dal ministero confermano la curva in discesa dell'epidemia. Sono stati 3.804 i casi di coronavirus ieri in Italia, compresi i 296 contagi pregressi della Sicilia, Quindi a fronte di 3.212 contagiati, i decessi sono stati 51, erano 63 mercoledì. Le persone guarite o dimesse ieri sono state 5.714 con un totale complessivo nel nostro Paese di 4.4347.126 mentre gli attuali contagiati sono 94.308 pari a 1.671 in meno rispetto al giorno precedente. Scendono i ricoverati con sintomi: 3.198 (meno 119 rispetto a mercoledì), mentre i tamponi effettuati sono stati 308.836 (mercoledì erano stati 295.452) con un tasso positività dell'1,23%. Scendono anche i pazienti in terapia intensiva, 440 (-10 dal giorno prima).
Nel frattempo il ministro Speranza ha firmato la circolare sulla terza dose di vaccino anti Covid. Sarà inoculata ai soggetti dagli 80 anni di età, al personale e agli ospiti delle Rsa e, in un momento successivo, agli esercenti le professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi, a partire dai 60 anni.
Le mascherine inutili di Arcuri perseguitano ancora le scuole
I danni di Domenico Arcuri, talvolta, arrivano anche a scoppio ritardato. E sarà anche sfortuna, ma appare ormai un fatto conclamato che le defaillance peggiori delle strutture commissariali e ministeriali anti Covid sono avvenute in ambito scolastico. Dopo i banchi a rotelle e la bandiera bianca alzata dal governo sugli assembramenti nei mezzi di trasporto locali (compensata illogicamente con l'obbligo di green pass per studenti e genitori), ecco il caso delle mascherine taroccate boomerang.
Se l'avvicendamento nella gestione dell'emergenza tra Arcuri e il generale Francesco Paolo Figliuolo ha comportato indiscutibili miglioramenti in una serie di procedure e nella campagna vaccinale, sulla questione dell'approvvigionamento delle mascherine i disastri dell'ex supercommissario continuano ad avere strascichi e a fare danni. Secondo più di una segnalazione, infatti, continuerebbero ad affluire nelle scuole le forniture delle cosiddette «mascherine di Stato» assolutamente inadeguate e con performance ampiamente al di sotto degli standard di protezione richiesti. Il che suona tanto più beffardo, quanto più le autorità scientifiche e politiche hanno insistito, nelle ultime settimane, sul ruolo chiave che ricopre il ritorno alla didattica in presenza e - conseguentemente - un'adeguata tutela dal virus per gli scolari.
La realtà, però, parla di migliaia di mascherine chirurgiche «by Arcuri» ammassate nei depositi o nelle palestre delle scuole, inutilizzabili per taglia, capacità di proteggere e in molti casi inindossabili a causa del cattivo odore che emanano. Ma la cosa ancor più singolare è che, pur avendone il ministero della Salute acclarato l'inutilità, queste continuano ad affluire negli istituti, gettando nella disperazione presidi, genitori e studenti già alle prese coi numerosi problemi connessi alla ripartenza, al green pass e alla mancanza di spazi adeguati.
A Roma la cosa sta diventando tanto problematica, come riferito dall'edizione capitolina di Repubblica, che più di un preside ha preso carta e penna per intimare al ministero della Salute e alla struttura commissariale di cessare gli invii di mascherine. Anche perché i genitori, una volta constata personalmente la pessima qualità dei dispositivi, hanno provveduto per conto proprio all'acquisto. Morale: di questo passo i locali dei plessi scolastici rischiano di essere saturi dei «pannolini» con spago di arcuriana memoria.
Proprio per questo, la struttura che fa capo a Figliuolo avrebbe messo a disposizione dei dirigenti scolastici un indirizzo mail per dire «stop» alle forniture. Le segnalazioni, ovviamente, non si limitano alla capitale (dove si sono mossi i dirigenti di una scuola media storica come il «Viscontino», facente capo all'antico e prestigioso Liceo Visconti) ma arrivano da tutto lo Stivale: a Milano molti genitori si sono lamentati sui social della qualità delle mascherine in dotazione alle scuole dei propri figli, senza contare che sarebbero in circolazione molte delle mascherine «tarocche» prodotte da Fca da agosto a dicembre del 2020 in due stabilimenti (tra cui Mirafiori) riconvertiti alla produzione sanitaria. Due lotti di queste ultime sono stati segnalati dal ministero della Salute a quello dell'Istruzione due settimane fa come «non conformi» al tipo di protezione necessario agli scolari.
La battaglia per arrivare a questo passo ufficiale, come è noto, è stata sostenuta in prima fila dal sottosegretario all'Istruzione e deputato leghista Rossano Sasso, che per circa un anno ha denunciato la situazione anche con atti di sindacato ispettivo come un'interrogazione urgente al ministro Roberto Speranza. Il problema da lui sollevato non ha avuto però un lieto fine, perché dal ministero è arrivata anche l'ammissione che i lotti incriminati non sono più completamente rintracciabili, ed è quindi impossibile indicare precisamente in quali istituti giacciano o stiano per arrivare. La responsabilità di controllare, tanto per cambiare, è stata scaricata su chi ha subito il danno, che dovrà infatti «provvedere a individuare, non utilizzare e quarantenare le eventuali giacenze» e quindi segnalarle al ministero.
Ma al netto dei gravi danni fatti da Arcuri, quello dell'acquisto delle mascherine da parte dello Stato rimane un terreno scivoloso e non esente da infortuni anche per il generale Figliuolo: lo abbiamo visto proprio negli ultimi giorni con la vicenda - rivelata dalla trasmissione di Rete 4 Fuori dal coro» - dei quasi due milioni di mascherine «taroccate» acquistate dall'attuale struttura commissariale come Ffp2 e rivelatesi in realtà o non rispondenti allo standard richiesto o prive della certificazione necessaria.
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Mai uscito il report differenziato sui casi promesso da Speranza Doveva servire a terrorizzare gli indecisi con la forza dei datiIstituti sommersi dai «pannolini» con l'elastico. Nessuno riesce a fermare le fornitureLo speciale contiene due articoliDoveva arrivare ad agosto in alcune regioni, a settembre in altre. Invece siamo a ottobre e del famoso bollettino differito per vaccinati e non, promesso dal ministro della Salute Roberto Speranza, non c'è traccia. Obiettivo dello sdoppiamento del consueto bollettino settimanale - uno con i dati aggregati relativi ai vaccinati, e un altro con i numeri riguardanti i non vaccinati - era quello di mostrare quali sono i rischi per chi non si immunizza e convincere così gli indecisi. Peraltro la richiesta all'Europa, attraversata dalle proteste no vax, era arrivata proprio dall'Oms che aveva invitato gli Stati a usare «risolutezza» nella gestione della campagna vaccinale. Lo stesso ministro aveva ribadito che in Italia le epidemie sono due: quella che colpisce lievemente i vaccinati e quella, ben più grave, che mette in pericolo coloro che non sono vaccinati. Quindi due liste, una degli immunizzati che raramente finiscono intubati (ma non sono esenti dalla possibilità di contagio) e una dei non vaccinati. Dopo un anno e mezzo dall'avvento dell'epidemia la svolta sui report con i dati su contagi, ricoveri e morti da Covid per rendere ancora più chiara l'importanza della vaccinazione ovvero far trasparire l'efficacia dei vaccini e rendere chiare le differenze tra chi si è coperto rispetto ai rischi del contagio e chi ha scelto, nonostante il green pass, di non farlo. Un'arma in più per convincere gli indecisi a vaccinarsi. Ma anche per verificare sul territorio l'effettiva gravità del contagio così che, dati alla mano, si possono indicare ai non vaccinati il livello di pericolo che stanno correndo. L'unico problema era l'allineamento delle Regioni. Ognuna infatti ha un proprio metodo di monitoraggio di contagi, morti, posti letto occupati in terapia intensiva o in reparti ordinari. L'obiettivo di fondo, secondo i funzionari ministeriali, era anche «prevenire le fake news che si moltiplicheranno quando in autunno le ospedalizzazioni saliranno». Secondo il ministero il doppio report giornaliero voleva evitare inoltre quanto è accaduto nelle ultime settimane in Israele, dove le polemiche dei no vax sono aumentate dopo che una quota di chi si è sottoposto all'inoculazione è finita in ospedale per la variante delta. «In realtà», aveva detto un dirigente, «la percentuale di vaccinati ricoverati in Israele è infinitamente più bassa di quella dei non vaccinati. Questi ultimi sono pochi e dunque per un paradosso statistico è sembrato che i vaccini non funzionassero, quando è vero invece l'esatto contrario». Epperò il bollettino differenziato resta un'altra promessa mancata del ministro leader di Articolo 1, ma nel frattempo, malgrado gli allarmi e le minacce, l'estate è scivolata via insieme alla stagione turistica con successo, la percentuale di ospedalizzazioni è molto inferiore rispetto allo stesso numero di casi delle ondate precedenti, e le differenze a livello regionale non sono più allarmanti né tali da subire cambiamenti di colore. Sul report relativo al periodo 22-28 settembre della Fondazione Gimbe, ieri si leggeva che ci sono ancora 8,3 milioni di persone non vaccinate mentre il 76% della popolazione (45.041.109) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+590.166 rispetto alla settimana precedente) e il 71,3% (42.259.253) ha completato il ciclo vaccinale (+913.805). In aumento del 4,1% il numero di somministrazioni nell'ultima settimana (1.546.235), con una media mobile a 7 giorni di 204.606 somministrazioni. Intanto, aspettando il termometro separato dell'evoluzione della pandemia, i dati del bollettino giornaliero emanato dal ministero confermano la curva in discesa dell'epidemia. Sono stati 3.804 i casi di coronavirus ieri in Italia, compresi i 296 contagi pregressi della Sicilia, Quindi a fronte di 3.212 contagiati, i decessi sono stati 51, erano 63 mercoledì. Le persone guarite o dimesse ieri sono state 5.714 con un totale complessivo nel nostro Paese di 4.4347.126 mentre gli attuali contagiati sono 94.308 pari a 1.671 in meno rispetto al giorno precedente. Scendono i ricoverati con sintomi: 3.198 (meno 119 rispetto a mercoledì), mentre i tamponi effettuati sono stati 308.836 (mercoledì erano stati 295.452) con un tasso positività dell'1,23%. Scendono anche i pazienti in terapia intensiva, 440 (-10 dal giorno prima). Nel frattempo il ministro Speranza ha firmato la circolare sulla terza dose di vaccino anti Covid. Sarà inoculata ai soggetti dagli 80 anni di età, al personale e agli ospiti delle Rsa e, in un momento successivo, agli esercenti le professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi, a partire dai 60 anni.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/altra-balla-sui-numeri-sparito-il-bollettino-dedicato-ai-vaccinati-2655201844.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-mascherine-inutili-di-arcuri-perseguitano-ancora-le-scuole" data-post-id="2655201844" data-published-at="1633039416" data-use-pagination="False"> Le mascherine inutili di Arcuri perseguitano ancora le scuole I danni di Domenico Arcuri, talvolta, arrivano anche a scoppio ritardato. E sarà anche sfortuna, ma appare ormai un fatto conclamato che le defaillance peggiori delle strutture commissariali e ministeriali anti Covid sono avvenute in ambito scolastico. Dopo i banchi a rotelle e la bandiera bianca alzata dal governo sugli assembramenti nei mezzi di trasporto locali (compensata illogicamente con l'obbligo di green pass per studenti e genitori), ecco il caso delle mascherine taroccate boomerang. Se l'avvicendamento nella gestione dell'emergenza tra Arcuri e il generale Francesco Paolo Figliuolo ha comportato indiscutibili miglioramenti in una serie di procedure e nella campagna vaccinale, sulla questione dell'approvvigionamento delle mascherine i disastri dell'ex supercommissario continuano ad avere strascichi e a fare danni. Secondo più di una segnalazione, infatti, continuerebbero ad affluire nelle scuole le forniture delle cosiddette «mascherine di Stato» assolutamente inadeguate e con performance ampiamente al di sotto degli standard di protezione richiesti. Il che suona tanto più beffardo, quanto più le autorità scientifiche e politiche hanno insistito, nelle ultime settimane, sul ruolo chiave che ricopre il ritorno alla didattica in presenza e - conseguentemente - un'adeguata tutela dal virus per gli scolari. La realtà, però, parla di migliaia di mascherine chirurgiche «by Arcuri» ammassate nei depositi o nelle palestre delle scuole, inutilizzabili per taglia, capacità di proteggere e in molti casi inindossabili a causa del cattivo odore che emanano. Ma la cosa ancor più singolare è che, pur avendone il ministero della Salute acclarato l'inutilità, queste continuano ad affluire negli istituti, gettando nella disperazione presidi, genitori e studenti già alle prese coi numerosi problemi connessi alla ripartenza, al green pass e alla mancanza di spazi adeguati. A Roma la cosa sta diventando tanto problematica, come riferito dall'edizione capitolina di Repubblica, che più di un preside ha preso carta e penna per intimare al ministero della Salute e alla struttura commissariale di cessare gli invii di mascherine. Anche perché i genitori, una volta constata personalmente la pessima qualità dei dispositivi, hanno provveduto per conto proprio all'acquisto. Morale: di questo passo i locali dei plessi scolastici rischiano di essere saturi dei «pannolini» con spago di arcuriana memoria. Proprio per questo, la struttura che fa capo a Figliuolo avrebbe messo a disposizione dei dirigenti scolastici un indirizzo mail per dire «stop» alle forniture. Le segnalazioni, ovviamente, non si limitano alla capitale (dove si sono mossi i dirigenti di una scuola media storica come il «Viscontino», facente capo all'antico e prestigioso Liceo Visconti) ma arrivano da tutto lo Stivale: a Milano molti genitori si sono lamentati sui social della qualità delle mascherine in dotazione alle scuole dei propri figli, senza contare che sarebbero in circolazione molte delle mascherine «tarocche» prodotte da Fca da agosto a dicembre del 2020 in due stabilimenti (tra cui Mirafiori) riconvertiti alla produzione sanitaria. Due lotti di queste ultime sono stati segnalati dal ministero della Salute a quello dell'Istruzione due settimane fa come «non conformi» al tipo di protezione necessario agli scolari. La battaglia per arrivare a questo passo ufficiale, come è noto, è stata sostenuta in prima fila dal sottosegretario all'Istruzione e deputato leghista Rossano Sasso, che per circa un anno ha denunciato la situazione anche con atti di sindacato ispettivo come un'interrogazione urgente al ministro Roberto Speranza. Il problema da lui sollevato non ha avuto però un lieto fine, perché dal ministero è arrivata anche l'ammissione che i lotti incriminati non sono più completamente rintracciabili, ed è quindi impossibile indicare precisamente in quali istituti giacciano o stiano per arrivare. La responsabilità di controllare, tanto per cambiare, è stata scaricata su chi ha subito il danno, che dovrà infatti «provvedere a individuare, non utilizzare e quarantenare le eventuali giacenze» e quindi segnalarle al ministero. Ma al netto dei gravi danni fatti da Arcuri, quello dell'acquisto delle mascherine da parte dello Stato rimane un terreno scivoloso e non esente da infortuni anche per il generale Figliuolo: lo abbiamo visto proprio negli ultimi giorni con la vicenda - rivelata dalla trasmissione di Rete 4 Fuori dal coro» - dei quasi due milioni di mascherine «taroccate» acquistate dall'attuale struttura commissariale come Ffp2 e rivelatesi in realtà o non rispondenti allo standard richiesto o prive della certificazione necessaria.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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