Fabio Vitale, silurato e spedito nelle Marche, ha il record di casse integrazioni pagate. Istituto fermo al palo nelle altre regioni. Patto giallorosso: verso il rientro il dem Massimo Antichi.Chi l'avrebbe mai detto che, di questi tempi, un'azienda con sede legale nelle Marche sarebbe stata più fortunata di una di stanza in Lombardia o in Veneto o nel resto d'Italia? La piccola regione costiera è infatti, statistiche alla mano, la più efficiente nel pagamento della cassa integrazione: su 6.456 domande ne sono state approvate 6.075 e soprattutto, già dal 23 aprile scorso, sono partiti i pagamenti che hanno interessato 3.283 imprese per un totale di 7.028 lavoratori beneficiari. Per avere un'idea dello spread con il produttivo Nord basta soffermarsi sui dati della Lombardia, fanalino di coda del Paese: appena 63 dipendenti hanno ricevuto il bonifico dell'Inps per complessive 40 aziende sulle 4.502 che ne hanno diritto (a fronte di 8.009 istanze presentate). Situazione non certo più brillante in Veneto, dove i lavoratori liquidati sono 3.676 per 1.887 aziende, appena l'11 per cento delle 15.980 domande autorizzate. Stesso discorso anche per Campania, Lazio e Sicilia. Per non parlare poi della Sardegna dove, ad oggi, nessun dipendente ha ancora ricevuto sostegno al reddito. Le difficoltà legate all'accesso alla Cig, hanno segnalato in più occasioni sia le associazioni datoriali sia i sindacati, sono soprattuto procedurali per la presentazione e la lavorazione delle pratiche. Tant'è che Marina Calderone, presidente del consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro, aveva parlato di «disfunzioni eliminabili solo andando nella direzione di uno strumento unico e straordinario, che avevamo proposto». E cioè «un ammortizzatore sociale con causale “Covid-19". Invece siamo qua a fare i conti con 19 sistemi regionali e due provinciali (Trento e Bolzano) che hanno diverse regole, diverse performance, diverse tempistiche».Non staremmo in Italia però se non ci fosse una storia paradossale dietro questo exploit marchigiano. Il cui merito va allo stesso uomo che, appena cinque mesi fa, era stato «licenziato» dalla sede centrale dell'Istituto di previdenza e mandato in esilio ad Ancona come direttore regionale. Inviso al presidente Pasquale Tridico e alla dg, Gabriella Di Michele, e «punito» - si dice nei corridoi dell'ente di via Ciro il Grande, a Roma - per le sue idee sovraniste e per aver scoperto che i contribuenti italiani pagavano il reddito di cittadinanza a una terrorista. Fu infatti Fabio Vitale a scoperchiare la pentola in cui bolliva il rancio indigesto dell'assegno di 700 euro al mese elargito a Federica Saraceni, l'ex brigatista di cui il nostro giornale ha ampiamente scritto nei mesi scorsi a proposito dei suoi trascorsi di guerra allo Stato e del suo presente di assistita statale. Il risultato è che Vitale è stato trasferito ad horas nelle Marche, mentre la Saraceni continua a percepire l'indennità. Sempre l'attuale direttore delle Marche aveva messo sott'inchiesta, quand'era numero uno del settore Vigilanza dell'Inps, l'allora direttore generale, Massimo Cioffi, costringendolo alle dimissioni. Altri tempi, altre logiche: oggi al vertice operativo della mastodontica macchina burocratica della previdenza nazionale c'è la arcigna Gabriella Di Michele, che è riuscita non solo a superare indenne l'inchiesta interna sui lavori fatti nella sua casa da una ditta in rapporti finanziari con l'Inps, sotto la supervisione di un architetto suo dipendente, ma pure la tempesta perfetta del crash del sito in occasione delle domande per il bonus agli utonomi del primo aprile scorso. E se lei pare inaffondabile, notevoli doti di galleggiamento le dimostra pure Massimo Antichi, che Tridico ha intenzione di richiamare, nel prossimo cda del 6 maggio, come vicario presso la stessa direzione (Studi e ricerche) da cui, a dicembre, lo ha cacciato. Antichi, dicono le voci del Palazzo, oltre a una spiccata simpatia per il Partito democratico, è un fedelissimo dell'ex presidente Tito Boeri. Ritornerebbe così a casa, ma con uno stipendio di seconda fascia, pari a circa 160.000 euro. Un impegno finanziario importante, per l'ente, in un momento di particolare criticità a livello nazionale e mondiale che ha fatto storcere il naso all'interno dell'Inps per la scelta di ricorrere a una professionalità esterna senza aver prima valutato (e ce ne sarebbero tantissime) le risorse interne in grado di ricoprire il medesimo incarico. Ma l'Inps conosce ragioni che la ragione non conosce.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






