2019-08-01
Alle primarie dem di Detroit è tutti contro Biden
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Tutti contro tutti. E tutti contro Joe Biden. Il secondo dibattito tra i candidati democratici, organizzato questa notte dalla Cnn a Detroit, ha mostrato profonde spaccature in seno al Partito Democratico. Se il confronto televisivo della scorsa serata si era caratterizzato per un sistema di alleanze tra i vari candidati sul palco, nel nuovo appuntamento i concorrenti hanno invece proceduto in ordine sparso, perseguendo un obiettivo ben preciso: mettere sotto assedio l'attuale front runner.Un punto particolarmente combattuto ha riguardato innanzitutto l'immigrazione. Vari candidati hanno attaccato Biden, accusandolo di mantenere una posizione troppo dura sulla questione. L'ex ministro, Julian Castro, il senatore del New Jersey, Cory Booker, e la senatrice della California, Kamala Harris, sono andati all'attacco, proponendo la depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina e asserendo che – in ogni caso – eventuali immigrati irregolari potrebbero essere perseguiti dai tribunali civili. Si tratta di una linea che è stata principalmente giustificata, sostenendo che - in questo modo - sarebbe possibile arginare la politica della tolleranza zero, attuata dall'amministrazione Trump. Biden, dal canto suo, ha ribattuto che oltrepassare il confine americano senza documenti debba continuare ad essere un reato. All'ex vicepresidente è stato poi chiesto conto dei numerosi rimpatri di clandestini, attuati nel corso del primo mandato dell'amministrazione Obama. Sul tema, Biden si è mostrato in difficoltà: non solo ha rimediato alcune contestazioni dal pubblico ma ha cercato di smarcarsi dalle scelte politiche dell'ex presidente democratico, suscitando la reazione di Booker che lo ha fulminato: «Tiri in ballo il presidente Obama più di chiunque altro in questa campagna elettorale. Non puoi farlo quando è conveniente e poi rifiutarlo quando non lo è», ha dichiarato. Trump, dal canto suo, ha voluto replicare alle accuse dei dem nel corso del confronto, twittando: «Le gabbie per bambini sono state costruite dall'amministrazione Obama nel 2014. Lui aveva la politica di separazione dei bambini. Io l'ho terminata, quando mi sono reso conto che più famiglie sarebbero poi arrivate al confine!»Ulteriore elemento problematico per Biden si è rivelata la giustizia penale: nuovamente l'ex vicepresidente ha avuto un duro confronto con il senatore del New Jersey che, non da oggi, sta puntando molto sulla possibilità di intestarsi la rappresentanza del voto afroamericano. In particolare, nelle ultime settimane Biden è finito sotto accusa per aver contribuito a redigere il Violent Crime Control and Law Enforcement Act, approvato nel 1994 ai tempi di Bill Clinton e ritenuto responsabile di incarcerazioni di massa, oltre che di pratiche ostili alla minoranza afroamericana.Nuove scintille si sono poi registrate sulla questione del segregazionismo. Come nel dibattito di Miami lo scorso giugno, Kamala Harris è tornata alla carica, accusando Biden di aver flirtato con ambienti segregazionisti negli anni Settanta, quando era senatore per lo Stato del Delaware. Il mese scorso, questa linea di attacco si era rivelata particolarmente efficace, assestando un duro colpo al front runner, che non aveva saputo replicare con troppa energia e convinzione. Stavolta Biden ha invece provato a reagire. «Quando la senatrice Harris è stata procuratore generale per otto anni nello Stato della California, c'erano due dei distretti scolastici più segregati nel paese, a Los Angeles e San Francisco», ha dichiarato. «Non ho visto una sola volta che abbia intentato una causa contro di essi per la desegregazione». Anche la deputata delle Hawaii, Tulsi Gabbard ha criticato, da sinistra, la Harris, dichiarando che da procuratore abbia messo in prigione millecinquecento persone per reati di marijuana, salvo poi ridersela quando le fu chiesto se ne avesse mai fumata in vita sua. La senatrice californiana, di solito molto spavalda e battagliera, si è trovata non poco in difficoltà.Che la serata non si sarebbe rivelata esattamente una passeggiata per la Harris, lo si era del resto capito sin dall'inizio del confronto televisivo. Biden ha infatti cercato di approfittarne per attaccarla sul piano sanitario da lei recentemente presentato. Secondo l'ex vicepresidente, la proposta della senatrice (una soluzione che cerca democristianamente di combinare un sistema sanitario universale con le assicurazioni private) determinerebbe un significativo incremento della pressione fiscale. La Harris ha replicato che il progetto di Biden lascerebbe senza copertura dieci milioni di cittadini americani, evitando tuttavia di affrontare direttamente la questione delle tasse e tradendo un certo nervosismo. Anche in questo caso, si è fatta avanti la Gabbard, che ha accusato la senatrice californiana di essersi fatta scrivere la proposta sanitaria dalle compagnie assicurative.A livello generale, rispetto alla prima serata – dove i candidati centristi si sono di fatto coalizzati contro i leader della sinistra – questa notte l'unico vero rappresentante delle correnti moderate è stato Biden. Un Biden che, in termini di performance, è certamente risultato migliore rispetto al dibattito di giugno: più battagliero e – soprattutto – più concentrato sulle defaillance degli avversari. Ciononostante i suoi problemi restano quelli di sempre: ha un passato politico oggi giudicato controverso che, non a caso, gli viene costantemente rinfacciato. Un passato da cui cerca (troppo spesso) di prendere contraddittoriamente le distanze (come ha fatto stasera, per esempio, in riferimento alle sue storiche posizioni antiabortiste o al suo voto in sostegno della guerra in Iraq). Inoltre, continua ad apparire particolarmente sfibrato e – ogni tanto – ha qualche lapsus. Infine si è mostrato talvolta insicuro, rispettando scrupolosamente i limiti di tempo imposti dai moderatori, quando invece gli altri candidati (soprattutto la Harris) li sforavano bellamente. Discreta performance televisiva invece per Cory Booker: nonostante il senatore del New Jersey continui ad essere piuttosto aleatorio in termini di proposte programmatiche, questa notte si è preso la scena più di una volta, ostentando una retorica efficace, che gli ha consentito di emergere dalla pletora dei suoi rissosi competitor.Meno bene è andata invece a Kamala Harris: in grande spolvero nei sondaggi dopo il confronto di Miami, questa notte – come accennato – ha tradito non poco nervosismo, quando si è ritrovata sotto attacco per le sue proposte sanitarie e – soprattutto – per la sua carriera da procuratore : non da oggi, del resto, vari esponenti della sinistra stanno cercando di colpirla, rispolverando il suo passato «law and order». La sua corsa verso la nomination indubbiamente prosegue ma la spinta sondaggistica delle ultime settimane potrebbe non essere stata capitalizzata al meglio. Pessimo si è nuovamente rivelato Bill de Blasio. In forte difficoltà in termini di consensi e finanziamenti elettorali, il sindaco di New York aveva un disperato bisogno di registrare una buona apparizione televisiva. Non a caso, nel suo discorso iniziale, aveva attaccato subito due pesi massimi come Biden e la Harris, proponendo sé stesso come migliore alternativa. Purtroppo per lui, le cose non sono andate esattamente nel verso giusto. Come a Miami, ha continuato ad agitarsi tutta la sera, tentando sparate alla Masaniello che si sono puntualmente risolte in una bolla di sapone. In chiaroscuro la prova televisiva di Tulsi Gabbard. La deputata è riuscita ad emergere in alcuni momenti, soprattutto grazie alle polemiche con Kamala Harris: bisognerà capire se questo le consentirà di dare una scossa positiva alla propria campagna elettorale (finora inchiodata a percentuali sondaggistiche irrisorie). Monotematica è invece risultata la senatrice dello Stato di New York, Kirsten Gillibrand, concentrata pressoché totalmente sulle battaglie femministe. A un certo punto, ha tentato il «colpaccio», accusando Biden di essersi in passato espresso contro le donne che non lavorano in casa. L'ex vicepresidente ha replicato chiedendole come mai allora lei stessa sia orgogliosamente apparsa al suo fianco molte volte in passato. Come de Blasio, anche la Gillibrand vanta attualmente un consenso inferiore al 2%. E difficilmente il dibattito di stanotte le consentirà un effettivo salto di qualità.La situazione resta quindi molto incerta. Per ora, l'unico elemento chiaro continua ad essere la debolezza strutturale della linea di attacco dei democratici in campo contro Donald Trump. Anche questa notte, le critiche al presidente in carica si sono focalizzate quasi esclusivamente sulle accuse di razzismo e demagogia, oltre che sull'immancabile inchiesta Russiagate (agitata soprattutto da Booker e dalla Harris). Con il serio rischio che questo dibattito finisca per costituire l'ennesimo assist dell'Asinello a Trump. In tal senso, alla fine del confronto, il presidente ha twittato: «Le persone sul palco stasera non erano quelle che renderanno l'America di nuovo grande o che la manterranno grande! Il nostro Paese ora sta battendo record in quasi ogni categoria, dal mercato azionario a quello militare alla disoccupazione. Abbiamo prosperità e successo come mai prima d'ora». Come a dire: quello che manca ai democratici, ancora una volta, è la concretezza.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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