«Quei migranti sono un pericolo». Ma il governo li accoglie lo stesso

L'esecutivo da mesi si fa scudo con gli scienziati. Ora gli stessi scrivono che regolarizzare e far lavorare centinaia di migliaia di clandestini mette a rischio loro e gli altri. Ma per placare i renziani Giuseppi li ignora.
Per giustificare i ritardi con cui ha deciso di riaprire alcune attività, Giuseppe Conte si è nascosto dietro le gonne degli scienziati. «C'è stata un'interlocuzione con gli esperti», si è giustificato in tv, cercando di scaricare sui virologi la responsabilità della mancata apertura delle chiese e della totale chiusura dei parrucchieri. «Ci affidiamo alla scienza e seguiamo ciò che dice», ha poi tagliato corto di fronte alle polemiche di chi dubitava che tra i banchi di una cattedrale si rischiasse d'ammalarsi più che tra i sedili di un tram. In pratica, la parola dei consulenti di Palazzo Chigi è secondo il presidente del Consiglio più sacra di quella di preti e monsignori, anche se questi parlano in nome dell'Altissimo.
Naturalmente si può capire la precauzione di un presidente del Consiglio per caso che si sia trovato a gestire una fase drammatica del Paese. Conte credeva di dovere al massimo di isolare Salvini e si è invece dovuto far carico isolare l'intero Paese da un contagio che si è già dimostrato letale per decine di migliaia di persone. Tuttavia, se è comprensibile la cautela con cui il premier camomilla si muove, è un po' meno comprensibile perché quando ci sia da vietare le messe ascolti gli esperti e quando ci sia da accogliere i migranti ciò che scrivono i consulenti valga meno della carta straccia. Vi state chiedendo a che cosa ci stiamo riferendo? Al parere tecnico che una delle task force nominate da Giuseppe Conte ha espresso nei giorni scorsi a proposito della cosiddetta sanatoria dei clandestini voluta da Italia viva e da una parte della maggioranza. Sebbene non tutti i componenti di governo concordino, pur di non rischiare di andare a casa il presidente del Consiglio vuole acconsentire a regolarizzare gli immigrati, anche se questi non hanno un regolare contratto di lavoro, non hanno una casa, ma anzi vivono spesso in condizioni igieniche precarie. «Nelle campagne svolgono il lavoro che gli italiani non fanno», spiega la ministra Teresa Bellanova, renziana di ferro e ispiratrice del decreto «Tutti dentro». C'è bisogno di loro perché altrimenti pomodori e zucchine non li raccoglie nessuno, insistono i difensori dei produttori di cetrioli. Certo, è vero che in alcune regioni del Mezzogiorno la frutta rimane sugli alberi e gli ortaggi restano per terra in quanto nessuno si dedica ai raccolti. Tuttavia legalizzare i clandestini - e dunque il lavoro nero - non pare la soluzione migliore. A maggior ragione se fra i disperati delle baraccopoli di Rosarno e della Puglia si rischia la salute.
A dirlo non siamo noi e neppure quel pericoloso razzista di Matteo Salvini. No, a sottolineare il pericolo che gli immigrati diventino involontariamente untori sono proprio gli scienziati da cui Giuseppe Conte si abbevera per apparecchiare i suoi Dpcm. Scriveva ieri il Corriere della Sera, senza peraltro farne un titolo, ma nascondendo bene la notizia fra le righe delle pagine interne, che il Comitato interpellato dal governo ha «valorizzato il potenziale rischio rappresentato da una comunità di persone che vivono in condizioni igienico-ambientali degradate, senza alcuna possibilità di azioni di prevenzione». E, più avanti, precisava che «il possibile impiego di questo personale, in assenza del distanziamento fisico, l'uso di mascherine e guanti, comporta evidentemente il rischio di contagi interpersonali decisamente pericolosi per i lavoratori stranieri irregolari e privi di permesso di soggiorno». E di conseguenza, anche «per la popolazione residente nelle medesime aree dove i migranti saranno destinati al lavoro».
In pratica, quel che vuol fare Teresa Bellanova, ossia regolarizzare centinaia di migliaia di clandestini per consentire loro di poter lavorare nei campi, rischia di essere una bomba a orologeria che potrebbe deflagrare nelle regioni meridionali estendendo il contagio, perché, come ha detto chiaramente il rappresentante dell'Istituto superiore della sanità, non è che i migranti si ammalino meno degli italiani. Semmai, non avendo un dottore ed essendo meno seguiti dal servizio sanitario nazionale, non vanno dal medico di base. Ma per il resto sono a rischio quanto i connazionali. Con una differenza: non essendo censiti da nessuno, finora la diffusione dell'epidemia fra di loro è stata ignorata. Regolarizzandoli si vuole invece regolarizzare anche la loro eventuale cura. E la cura di tutte le migliaia di altri immigrati che, inevitabilmente, la sanatoria richiamerà dall'Africa e da altri Paesi lontani. Sì, regolarizzare tutti in nome della raccolta dei pomodori è proprio una grande idea. Resta da vedere che fine fanno i cetrioli.






