In una lettera aperta firmata da più di 350 manager del settore, tra cui i responsabili di Google e Microsoft, si chiede di intervenire sull’intelligenza artificiale. Dietro c’è però la Difesa e la paura di perdere i fondi.
In una lettera aperta firmata da più di 350 manager del settore, tra cui i responsabili di Google e Microsoft, si chiede di intervenire sull’intelligenza artificiale. Dietro c’è però la Difesa e la paura di perdere i fondi.L’intelligenza artificiale pone una minaccia esistenziale all’umanità e dovrebbe essere considerata un rischio sociale come le pandemie e le guerre nucleari. È l’allarme lanciato dai leader del settore. In una lettera aperta firmata da più di 350 manager e diffusa sulla pagina web della no profit Center for AI Safety si legge che «mitigare il rischio di estinzione» posto dall’intelligenza artificiale «dovrebbe essere una priorità insieme ad altri rischi sociali come le pandemie e le guerre nucleari». Fra i firmatari della lettera, riporta il New York Times, ci sono l’amministratore delegato di OpenAI (la piattaforma che gestisce ChatGpt) Sam Altman, il numero uno di Google DeepMind, Demis Hassabis e il leader di Anthropic, Dario Amodei. A sostenere l’appello sono anche Geoffrey Hinton e Yoshua Bengio - ovvero due dei tre cosiddetti padrini dell’Ai - e professori di istituzioni che vanno da Harvard all’Università cinese Tsinghua. Non ha, invece, firmato la lettera Meta, dove lavora il terzo padrino dell’Ai, Yann LeCun.Il documento è stato pubblicato alla vigilia della quarta riunione ministeriale del Consiglio per il commercio e la tecnologia (Ttc) Ue-Usa che si terrà oggi a Lulea, in Svezia, e che sarà co-presieduta dalla vicepresidente esecutiva della Commissione europea Margrethe Vestager, dal vicepresidente esecutivo, Valdis Dombrovskis, dal segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, dalla segretaria al Commercio Usa, Gina Raimondo, e dalla rappresentante per il Commercio statunitense, Katherine Tai. Parteciperà anche il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton. Il Ttc, spiega una nota, è un forum transatlantico nel quadro del quale entrambe le parti coordinano i loro approcci e affrontano le principali questioni commerciali e tecnologiche. Ed è scontato che durante la riunione si parlerà anche delle nuove regole per l’intelligenza artificiale. Domani, inoltre, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dovrebbe incontrare Sam Altman, Ceo di OpenAI, che la settimana scorsa ha definito l’Ai Act europeo un eccesso di regolamentazione, minacciando di lasciare l’Europa per poi fare marcia indietro nel giro di pochi ore.I riflettori del settore sono accesi sulle mosse di Bruxelles ma anche su quelle di Washington. Lo scorso 4 maggio, infatti, la Casa Bianca ha lanciato un piano per dettare le regole di uno sviluppo responsabile, sulle orme di quanto sta facendo anche l’Ue. Tre le mosse annunciate, un incontro tenuto dalla vicepresidente Kamala Harris con i ceo di due colossi come Microsoft e Alphabet (che controlla Google), e di due start-up come Open-Ai e Anthropic: si tratta delle quattro maggiori società che stanno sviluppando l’intelligenza artificiale. Escluso Elon Musk, che ha condiviso l’appello per una moratoria dello sviluppo dell’Ai, di cui però non è ancora uno dei principali protagonisti. Presenti invece altri alti dirigenti dell’amministrazione Biden, dal chief of staff, Jeff Zients al consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, dalla direttrice del Consiglio economico, Lael Brainard, al ministro del Commercio, Gina Raimondo. La seconda mossa è lo stanziamento di 140 milioni di dollari per creare sette nuove istituti di ricerca nazionali sull’intelligenza artificiale, che si concentreranno in particolare su clima, agricoltura, energia, sanità pubblica, educazione e cybersicurezza. Infine, l’ufficio management e budget della Casa Bianca ha annunciato per i prossimi mesi una bozza di linee guida su come le agenzie federali possono usare gli strumenti della Ai, da sottoporre ai commenti pubblici prima della sua finalizzazione. Del resto già sappiamo che ChatGpt inquieta il Pentagono. «Ecco la mia più grande paura su ChatGpt: è stato addestrato per esprimersi in modo fluente. Parla fluentemente e autorevolmente. Quindi ci credi anche quando è sbagliato… E questo significa che è uno strumento perfetto per la disinformazione», ha dichiarato il 3 maggio Craig Martell, chief digital and Ai officer del dipartimento della Difesa, alla conferenza TechNet Cyber di Afcea a Baltimora. La lettera di allarme dei 350 manager del settore pubblicata ieri potrebbe dunque essere un tentativo di frenare per allinearsi alle linee guida del Pentagono (e per non perdere i fondi).Quanto all’Italia, ieri il sottosegretario con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, intervistato da Class Cnbc, ha sottolineato che «il governo è consapevole che sull’intelligenza artificiale non ci può essere un intervento legislativo di carattere solamente nazionale, ed è per questo che siamo in relazione continua e costante con l’Europa. In Italia dobbiamo aggiornare la strategia del settore, e perciò stiamo lavorando, al Dipartimento per la trasformazione digitale, alla costituzione di un autorevole gruppo di esperti e studiosi italiani. Germania e Francia si sono mosse già nel 2019, poco dopo la Spagna. Noi abbiamo un buon documento strategico di partenza, che ora occorre aggiornare», ha aggiunto.
Marco Risi (Getty Images)
Il regista figlio d’arte: «Il babbo restò perplesso dal mio primo film, poi grazie a “Mery per sempre” iniziò a prendermi sul serio. Mi considerano quello “impegnato”, però a me piaceva anche girare commedie».
Nel riquadro, la stilista Giuliana Cella
La designer Giuliana Cella: «Ho vissuto in diversi Paesi, assimilandone la cultura. I gioielli? Sono una passione che ho fin da bambina».
Eugenia Roccella (Imagoeconomica)
Il ministro della Famiglia Eugenia Roccella: «Il rapporto delle Nazioni unite sulla surrogata conferma che si tratta di una violenza contro le donne e che va combattuta ovunque. Proprio come ha deciso di fare il governo, punendo i connazionali che ne fanno ricorso all’estero».