2018-06-29
«Sola nell’oceano a meno 105 metri però gli squali mi fanno compagnia»
Alessia Zecchini detiene il record mondiale di immersione in apnea con monopinna: «Il rischio zero non esiste. Bisogna scacciare la paura di non farcela. Sotto mi godo lo spettacolo dei pesci e il senso di ubriachezza leggera».«Un'intervista? Daje. Domani? Daje, va benissimo». La freschezza e l'entusiasmo di Alessia Zecchini spuntano spesso, tra una risposta e l'altra. Ventisei anni, romana di Monteverde, da qualche anno è diventata una girovaga. Conosce mezzo mondo, soprattutto al di sotto della superficie. Alessia ha una passione estrema per le profondità marine. Da maggio detiene il record mondiale di immersione in apnea con monopinna: meno 105 metri. Con quella coda artificiale, e grazie anche alla bellezza, si è meritatamente guadagnata l'appellativo di sirena degli oceani.Al mondo ci sono solamente altre quattro donne in grado di varcare la soglia dei 100 metri. La raggiungo mentre è in partenza per le Bahamas, dove dal 16 al 26 luglio parteciperà al Vertical Blue, la competizione più importante della specialità dopo i campionati del mondo. L'anno scorso, nel mare caraibico, Alessia vinse con 104 metri di immersione e record del mondo conquistato. A maggio, a San Andres in Colombia, ha superato il suo stesso primato: 105 metri.Alessia, che pensieri hai in quel momento, così lontana dalla superficie?«In realtà il segreto è non pensare a nulla che non sia strettamente legato al gesto tecnico. Qualsiasi distrazione può compromettere la prestazione».E ci riesci?«Ecco, il problema è proprio quello: i pensieri affiorano. Uno su tutti, il più rischioso, è quello di credere di non farcela. Devi assolutamente cacciarlo dalla mente».Sarà molto buio, là sotto.«Dipende. Alle Bahamas sì perché sei nel blue hole, una grande fossa. In Colombia invece a 105 metri di profondità la luce filtrava e si vedeva perfettamente».Farà freddo.«Anche qui dipende dai mari. Nel Mediterraneo è un problema perché tra superficie e profondità ci può essere uno sbalzo termico dell'acqua anche di 15 gradi. Nei mari caraibici invece la differenza è solamente di 2 o 3 gradi».Ci provo con il problema della pressione.«A 100 metri sotto è di 11 atmosfere. È fondamentale compensare ogni 2 o 3 metri, mentre scendi. Mentre vai sempre più giù avviene anche il fenomeno del blood shift, o scivolamento ematico. Praticamente il sangue si concentra sempre più nella cassa toracica, per non farla implodere».Insomma, racconti tutto questa con una tale dolcezza e con il sorriso sulle labbra che sembra non esserci il minimo rischio.«Il rischio zero non esiste ma di base è così, tutto viene fatto in totale sicurezza, ovviamente devi essere ben allenata». Spiegami come avviene esattamente un'immersione.«Oltre alla preparazione, il momento fondamentale è quello prima del tuffo. Bisogna cercare il massimo della concentrazione, affinare tecniche di rilassamento e respirazione e ovviamente immettere nei polmoni la maggiore quantità di ossigeno. In questo senso il respiro ultimo, quello poco prima di immergersi, è fondamentale. Lì devi applicare la tecnica della carpa».La carpa nel senso del pesce?«Esattamente. È una tecnica particolare di apertura e chiusura della glottide, simile all'atteggiamento della carpa per l'appunto. Con quel gesto riesci a immettere da 1 fino a 3 litri aggiuntivi di ossigeno. In pratica devi riuscire a immettere più ossigeno di quanto in teoria ne possano contenere i tuoi polmoni».Di che capacità polmonare parliamo per quel che ti riguarda?«A 14 anni riuscivo a immettere 4 litri, ora sono arrivata a 6 litri e mezzo grazie all'allenamento e alla capacità di espansione della gabbia toracica».Capisco. Poi, quando sei pronta, ti tuffi. «E scendo senza mai fermarmi, con l'unica accortezza di continuare a compensare. Per i primi 30 o 40 metri devo spingere con la monopinna per vincere la spinta a risalire. Poi subentra la forza di gravità: si scende 1 metro al secondo stando immobili».Senza nessuno al fianco?«Nessuno. Per tutta la discesa e la risalita sono sola. Al limite durante la fase di risalita c'è qualcuno che ti assiste, pronto a intervenire, negli ultimi trenta metri prima della superficie, perché quello è il momento in cui può finire l'ossigeno nei polmoni».Quanto conta la concentrazione?«La forza mentale ha un ruolo decisivo. Non bisogna avere paura, stare concentrati al massimo, visualizzare esattamente il percorso».Come puoi descrivere quegli attimi?«È stupendo, tutto qui. Lo sai che a una certa profondità subentra anche una certa fase di narcosi?»In che senso?«La pressione è massima, l'anidride carbonica aumenta, così come l'azoto e si crea una sensazione come di... ubriachezza leggera».Non rischi di perdere il controllo? Mi hai detto che sei sola, senza aiuti.«Tutto è fatto in estrema sicurezza. Alle brutte posso lanciare un segnale da sotto e vengo ritirata su perché siamo legati. Ma non mi è mai successo».Come si fa a testimoniare quanto sei scesa in profondità?«Abbiamo un profondimetro. In ogni caso, prima dell'immersione dichiari a quanto vuoi scendere e viene posizionato il piattello alla cifra dichiarata. Poi non resta che scendere, recuperarlo e portarlo con sé».Le foto che ci hai mandato testimoniano di incontri pazzeschi là sotto. Proprio sola sola non sei.«Quello è l'aspetto più affascinante. Io adoro il mare anche per gli incontri che ti capita di fare. Gli squali e le mante sono in assoluto i pesci più belli da incrociare per quel che mi riguarda. A volte incontri barracuda, oltre ovviamente a svariati pesci più piccoli».Anche gli squali?«Ma certo, non sono per nulla pericolosi. Basta stare calmi e non perdere il controllo. Agli squali non piace la carne umana».Curiosità: ma tu per quanto riesci a trattenere il fiato?«Se sto ferma, 7 minuti».Come fai?«Dai, con l'allenamento si può tutto».Ma vivi di questo sport?«Assolutamente sì, anche se non è facile reperire gli sponsor. Ho due aziende private che mi supportano e riesco così a partecipare alle gare internazionali. A inizio ottobre sarò ai campionati del mondo in Turchia».Sarà banale, ma perché lo fai?«Ho sempre amato il senso della sfida, del superare i propri limiti, del migliorarsi. Sono abbastanza competitiva, come si è capito. Poi adoro stare all'aria aperta, nella natura. I miei genitori mi portavano al mare da piccola e ho sempre amato andare sott'acqua e trattenere il respiro. Insomma, non mi ci vedo a fare l'impiegata».Sei la rappresentazione di un'immagine diversa da quella di molti giovani di oggi: un po' svogliati, talvolta senza passioni.«Che sciagura. Tutti dovrebbero invece inseguire un sogno. Io l'ho fatto, e intendo farlo ancora a lungo».
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