2025-01-07
L’incredibile autogol della Todde può inguaiarla pure con la Procura
Per rispondere alle contestazioni l’ex viceministro ha inviato due dichiarazioni contrastanti. Una mossa che potrebbe avere anche rilievo penale. Il costituzionalista Guzzetta: «Il Consiglio non ha l’ultima parola».La strada per evitare la decadenza è molto stretta per la governatrice della Sardegna Alessandra Todde. Ma potrebbe essere anche molto lunga. Una specie di via crucis, per lei e per i cittadini sardi.L’avvocato della governatrice Benedetto Ballero ha ostentato sicurezza e contestato le conclusioni dell’ordinanza-ingiunzione del Collegio elettorale regionale di garanzia della Corte di Appello di Cagliari: «Non c’è nessuna irregolarità sostanziale, ma ci sono delle irregolarità formali che possono determinare sanzioni pecuniarie, ma non certo la decadenza» ha detto, annunciando un possibile ricorso al Tribunale amministrativo regionale e definendo le contestazioni un «brufolino». Quindi ha aggiunto: «La cosa certa è che per scelta prioritaria, la presidente non ha ricevuto un contributo, né ha fatto alcuna spesa personalmente e quindi non si possono contestare i mancati adempimenti che deve rispettare chi si occupa della campagna elettorale».Il costituzionalista Giovanni Guzzetta fa un ragionamento interessante che, però, sembra cancellare le speranze della Todde e dei suoi legali: «Sulle contestazioni mosse, la questione è certamente complessa, anche perché la legislazione di cui stiamo parlando è stata concepita ai primi anni ’90, in un’epoca in cui il presidente regionale non era direttamente eletto e dunque l’esigenza di controllo sulle spese riguardava solo i “semplici” candidati al Consiglio regionale. Fatto sta che la Todde non ha mai contestato questo profilo, ma ha anzi reso le dichiarazioni così come previste per gli altri consiglieri, salvo poi “sostituirle” con altre dichiarazioni che, a quanto si legge dall’ordinanza-ingiunzione, sono in contraddizione con le precedenti. Una sorta di ritrattazione, di fronte alla quale il Collegio ha ritenuto di dover inviare gli atti anche alla Procura della Repubblica».In effetti, a giugno, aveva presentato una dichiarazione di spesa e di rendiconto («non conforme»), in cui «la medesima ha dichiarato, in relazione alla campagna elettorale, “di avere sostenuto spese, come da rendiconto allegato, per complessivi 90.629,98 euro” e di “aver ricevuto contributi e/o servizi come da dichiarazione allegata per 90.670,01 euro”». All’epoca i moduli sono stati firmati solo dalla Todde (che, infatti, non ha nominato un mandatario elettorale, «unico soggetto deputato alla raccolta dei fondi per il finanziamento della campagna elettorale») e i fondi erano transitati su un conto della Camera dei deputati e non su un conto dedicato, anche se erano stati raccolti dal Comitato elettorale del M5s «per l’elezione del presidente della Regione Sardegna». Sarà per questa fumosa situazione che la Todde a dicembre ha provato a fare una disperata marcia indietro dichiarando «sul suo onore di non avere sostenuto spese, assunto obbligazioni, né ricevuto contributi e/o servizi, nonché di essersi avvalsa esclusivamente di materiali e mezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione del partito o della formazione politica della cui lista ho fatto parte». Una mossa che potrebbe darle la possibilità di sostenere che la legge sulle spese elettorale del 1993 non è a lei applicabile, ma, che potrebbe attirare su di lei le attenzioni della Procura, in considerazione delle «anomalie riscontrate nelle dichiarazioni depositate» e della marcia indietro registrata rispetto alla prima dichiarazione.Dopo aver ricevuto la nuova versione, il collegio ha concluso che «stante l’accertata violazione delle norme che disciplinano la campagna elettorale, si impone la decadenza dalla carica del candidato eletto e la trasmissione del provvedimento al presidente del Consiglio regionale per la procedura di competenza». Guzzetta è convinto che l’organo amministrativo avrà spazi di manovra ridottissimi per evitare la decadenza annunciata: «Non c’è alcun dubbio che la decisione del Consiglio regionale, quando avverrà, sia sindacabile in sede giurisdizionale, così come avviene per tutte le decisioni in materia di ineleggibilità e incandidabilità dei consiglieri regionali. Non si tratta di un organo costituzionale e, per questa parte, non gode delle medesime garanzie che sono previste per la Camera dei deputati e per il Senato in sede di verifica delle elezioni.La decisione del Consiglio, inoltre, è vincolata dalle norme che regolano questa materia e, per questo, non è una decisione politica in senso stretto, cioè libera». Questo non vuol dire, secondo Guzzetta, che il Consiglio sia un passacarte: «Può verificare che non vi siano vizi nella procedura seguita. Al limite la Regione potrebbe persino sollevare un conflitto di attribuzione nei confronti dei giudici, qualora ritenesse che questi abbiano fatto un cattivo uso del proprio potere. Ma certo non potrà rivendicare la libertà di decidere sulla decadenza, ignorando le decisioni giurisdizionali».Il team legale della Todde è al lavoro per impugnare l’ordinanza e ci vorrà molto tempo prima che si giunga alla decisione finale. «Secondo la Corte costituzionale la questione della pronuncia sulla decadenza da parte del Consiglio regionale si porrà solo nel momento in cui il provvedimento diventerà definitivo» spiega ancora Guzzetta. Che prevede che l’ultima parola non arriverà prima di un anno e mezzo.Nel frattempo l’azione amministrativa della giunta verrà portata avanti sotto la spada di Damocle del giudizio in corso. «Ritengo che gli effetti dell’eventuale decadenza, dal punto di vista giuridico, non investiranno direttamente la legittimità degli atti nel frattempo adottati, salva ovviamente la possibilità di una successiva modifica» conclude il costituzionalista. «Ovviamente diversa è la valutazione politica di un’attività posta in essere da chi, poi, magari tra due anni, fosse dichiarato decaduto».Sul punto il parlamentare nuorese di Forza Italia Pietro Pittalis, l’avvocato che aveva chiesto un accesso agli atti del Collegio regionale dopo avere visionato alcuni esposti, è chiaro: «Ostinarsi a proseguire in tale incarico da parte della Todde comporterebbe inevitabilmente l’adozione di provvedimenti illegittimi, con gravi ripercussioni non solo sulla correttezza dell’azione di governo, ma soprattutto sui cittadini. Una situazione ancora più grave se si pensa che è causata da chi ha sempre considerato le decisioni della magistratura intangibili e ha fatto del giustizialismo la propria bandiera».Ieri si è ulteriormente inasprito il confronto politico. Il senatore della Lega Claudio Borghi ha evidenziato su X che la presidente Todde si definisce ingegnere senza essere iscritta all’albo degli e dallo staff della governatrice hanno replicato di essere pronti a querelare. Nella biografia di Wikipedia della presidente si legge che «ha superato l’esame di Stato per avere la possibilità di iscriversi all’albo degli ingegneri (a cui, però, non si è mai iscritta». Nel cv depositato in Regione la Todde è definita ingegnere in modo più netto: «Alessandra ha conseguito una laurea in Scienze dell’informazione e una laurea in Informatica all’università di Pisa, ottenendo il titolo di ingegnere nel 2005». Urge qualche piccola precisazione: la Todde si è laureata prima in Scienze dell’informazione, corso di studi quadriennale, e poi ha integrato gli esami mancanti (circa 5) per conseguire la laurea In informatica (corso di 5 anni), nel frattempo introdotta in Italia.A inizio millennio è stato consentito di iscriversi all’ordine degli ingegneri (settore informatico) anche ai laureati in Scienze dell’informazione e in Informatica, previo superamento dell’esame di abilitazione. Quindi la Todde ha passato la prova, ma non si è iscritta all’ordine, come fanno molti altri laureati che, ad esempio, lavorano come dipendenti. Dal Consiglio nazionale degli ingegneri confermano che «la legge consente anche ai laureati in Informatica di fare l’esame di Stato per ingegneri e, una volta superato, questi diventano dottori in ingegneria come gli altri. Ben inteso ingegneri del terzo settore, ossia informatici». Però senza l’iscrizione all’albo la Todde «non può esercitare la libera professione e firmare progetti». Insomma la Todde non è solo un presidente sub judice, ma anche un ingegnere dimezzato.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)