2025-07-10
Il nuovo numero uno della salute italiana promuove Speranza, lockdown e vaccini
Alberto Siracusano (Imagoeconomica)
Alberto Siracusano, appena messo a capo del Consiglio superiore di sanità: «In emergenza servono misure stringenti».Ne basterebbe uno. Uno solo che non fosse totalmente allineato al pensiero prevalente, che non si limitasse a ripetere gli slogan imperanti e avesse il fegato di esercitare la critica, anche a bassa intensità. Ecco, ci basterebbe un professionista della sanità di questo genere in una posizione di grande rilievo e saremmo felici. E invece ci tocca assistere ogni volta alla fiera del prevedibile, al reiterarsi della banalità pericolosa, al riprodursi eterno del sistema che rigenera sé stesso. Ecco la notizia: Alberto Siracusano, già ordinario di psichiatria dell’Università di Roma Tor Vergata, è il nuovo presidente del Consiglio superiore di sanità (Css). A fargli da vice saranno Annamaria Colao e Alberto Mantovani. Siracusano succede a Franco Locatelli che tutti ricordiamo fin troppo bene: fu uno dei grandi protagonisti della stagione delle virostar, implacabile snocciolatore di bollettini, feroce castigatore di no vax, inflessibile tifoso della vaccinazione previo ricatto. Insomma, Locatelli - non ce ne voglia - incarnava più o meno tutto ciò a cui una parte rilevante di questo governo si era opposta negli anni del Covid, era un ottimo rappresentante dell’intolleranza tecnosanitaria che ogni persona di buon senso dovrebbe rifiutare. Ci si sarebbe aspettati, dunque, che per prendere il posto di cotanto fenomeno venisse scelto qualcuno con un piglio leggermente diverso: uno un po’ meno imprigionato nelle logiche che muovono le istituzioni internazionali, o comunque un poco meno allineato al maistream sanitario. Invece è stato scelto Alberto Siracusano, molto gradito al ministro Orazio Schillaci che lo volle come coordinatore del Tavolo sulla salute mentale. Rispetto all’illustre professore, intendiamoci, non abbiamo alcuna preclusione o pregiudizio. Il fatto è che leggiamo ciò che si è premurato di dichiarare non appena assunto l’incarico, e ne ricaviamo una certa inquietudine. Intervistato dalla Stampa, Siracusano spiega di essere molto interessato a combattere il malessere giovanile, e non gli si può certo dare torto. Certo, la sua idea di iniziare con la prevenzione del disagio psichico «fin dalla scuola materna» (un po’ prestino per catalogare le devianze, no?) è forse un tantino esagerata, ma sono gusti. I problemi veri iniziano a emergere non appena il professore tenta di allargare lo sguardo. Già alla seconda risposta, Siracusano spiega che occorre «promuovere una visione “One health” del benessere psicofisico, che dall’uomo va esteso all’ambiente e al mondo animale». One health non è certo una formula scelta a caso: trattasi infatti della prospettiva globale che da qualche tempo l’Oms va imponendo. Sulla carta sarebbe «un approccio integrato e unificante che mira a equilibrare e ottimizzare in modo sostenibile la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi», frase che di per sé non significa nulla. Nella pratica, abbiamo a che fare con un nuovo e potente strumento di sorveglianza e controllo. Non a caso l’accordo pandemico fortemente voluto dal capo dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus rientra perfettamente in questa visione «integrata» della salute. One health fa parte degli slogan che bisogna ripetere e il fatto che il nuovo presidente del Css si preoccupi di citarlo il prima possibile di sicuro non è entusiasmante. Ma ciò che Siracusano dice alla Stampa subito dopo è molto peggio. Il cronista del quotidiano torinese gli domanda: «Non le sembra che tra le persone e nella politica stia dilagando l’anti scienza?». Risposta del professore: «Purtroppo è così. Dove prevale l’ignoranza, l’unico antidoto resta quello di ridare valore alla cultura e all’educazione scientifica, che dovrebbe iniziare già nei primi anni di vita: dobbiamo far capire che la medicina non si basa sulle opinioni ma su evidenze scientifiche, dati prodotti da studi controllati. Non possiamo far sì che tutti siano scienziati, ma dobbiamo divulgare la serietà della scienza, e farlo forse meglio di quanto non sia stato fatto fino ad ora». Chiaro il messaggio, no? Guai a voi che osate criticare «Lascienza», non osate aprire bocca su ciò che hanno da dire i santissimi esperti.Se permettete, negli ultimi anni di uscite del genere ne abbiamo sentite anche troppe. L’antiscienza, qualora esista, è stata praticata per lo più da professionisti arroganti e intolleranti, imbevuti di spocchia e razzismo intellettuale che hanno brigato per silenziare ogni critica al loro operato e che hanno commesso clamorosi errori e compiuto disastri senza pagarne le conseguenze. Dunque se si vogliono biasimare i nemici della scienza occorre partire da questi presunti tutori dell’ordine sanitario. Per carità, possiamo anche comprendere che un professore a cui è appena stato conferito un ruolo importante non voglia infierire sui colleghi che lo hanno preceduto. Ma Siracusano fa molto di più. Il collega della Stampa gli chiede: «Il suo predecessore, Franco Locatelli, durante i mesi più bui del Covid puntò tutto su misure restrittive prima, e vaccini poi. Rifarebbe le stesse scelte?». Risposta: «Come dicevo prima, serve sicuramente educare e informare per ottenere un maggior consenso consapevole rispetto a eventuali provvedimenti da adottare. Ma dico anche che, quando ci si trova di fronte a una crisi di carattere emergenziale, bisogna prendere provvedimenti stringenti. Fermo restando che dobbiamo sviluppare un’adeguata cultura scientifica per affrontare nuove emergenze e prendere poi le decisioni che occorre prendere».Fantastico. Non solo il professore riapre le polemiche stantie che in passato sono servite soltanto a perseguitare chi dissentiva da scelte politiche dissennate e violente, ma mostra di condividere l’operato del suo predecessore, di cui questo giornale ha abbondantemente raccontato le imprese. Siracusano afferma che in emergenza tocca prendere «provvedimenti stringenti», immaginiamo dunque che abbia condiviso la scelta di imporre obblighi vaccinali, restrizioni, green pass e super green pass. Se le cose stanno diversamente, sarebbe opportuno che il professore lo comunicasse. Se invece è davvero così, beh, ci chiediamo a buon diritto: c’era realmente bisogno di un altro tifoso delle discriminazioni? Roberto Speranza ormai è andato da tempo, ma lo speranzismo a quanto pare resiste.