2024-10-24
Alberto Donzelli: «Sanità, come risparmiare senza ucciderla»
Il medico: «La prevenzione per eccellenza si basa sullo stile di vita corretto. C’è poi quella secondaria, che grava sul Ssn e riguarda persone sane, con test e strumenti costosi. Ma spesso gli screening non ritardano la mortalità e, quindi, possono essere ridotti».Nella manovra appena varata, la spesa sanitaria è l’unica voce che non sarà toccata: si va verso un aumento fino a 3 miliardi di euro. «È comunque un’occasione mancata», dice il dottor Alberto Donzelli, coordinatore della Commissione medico-scientifica indipendente (Cmsi) e già membro del Consiglio superiore di sanità.Perché parla di occasione mancata?«Perché manca una riflessione generale su quanto lo Stato spende per la prevenzione sanitaria».La prevenzione evita che la popolazione si ammali.«Dipende da quale tipo di prevenzione. Quella primaria è la prevenzione per eccellenza, spesso ad alta resa, fondata su interventi e comportamenti per evitare e/o ridurre l’insorgere di malattie in soggetti sani. Si basa sul contrasto a problemi socioeconomici con ricadute sulla salute, sulla tutela e sul miglioramento dell’ambiente di vita e di lavoro, sull’educazione e la promozione della salute per ridurre fattori di rischio».Su cosa è incentrata?«Sul contrasto a comportamenti incompatibili con uno stile di vita sano: fumo, abuso alcolico e farmacologico, sedentarietà, guida e comportamenti sessuali a rischio, alimentazione ricca di carni e cibi animali, zuccheri liberi, grassi trans e pochi cereali integrali, legumi, verdura e frutta, fresca o secca oleosa». Perché parla di diversi tipi di prevenzione?«Perché c’è anche quella secondaria, che grava molto sul sistema sanitario».Chi riguarda?«Gran parte della popolazione sana».Qual è l’obiettivo della prevenzione secondaria?«Riguardando persone con condizioni in atto che potrebbero - o anche no - sfociare in malattia e sono suscettibili di diagnosi precoce, lo scopo dichiarato è iniziare cure specifiche prima che la malattia si manifesti». Ritiene che gravi inutilmente sul sistema sanitario?«Utilizza screening tumorali, cardiovascolari, respiratori, per consentire terapie precoci che aumenterebbero le probabilità di guarigione. Purtroppo però, più delle altre forme di prevenzione, i test di screening si prestano a speculazioni e abusi». Di quale tipo?«Senza certe condizioni o se ripetuti troppo o in fasce d’età inappropriate, non danno benefici aggiuntivi, ma più costi e rischi o danni per la salute. Ci sono altre forme di prevenzione: quella terziaria è rivolta alle complicanze di malattie in atto e alla gestione delle disabilità. Condivide molti interventi con la prevenzione primaria, e spesso vi unisce misure mediche e sanitarie». E la prevenzione quaternaria?«È una forma di prevenzione recente, punta a evitare eccessi e invadenza della medicina: iper-medicalizzazione, sovradiagnosi, sovratrattamenti, danni iatrogeni. È concepita proprio per arginare i danni di “troppa medicina”, spesso per diagnosi precoce eccessiva».La prevenzione non è mai troppa, si dice…«Fino a un certo punto: oggi si è indotta la popolazione a sovrapporre il concetto di prevenzione con quello di diagnosi precoce, perché è quest’ultima che conviene all’industria della salute, comportando cascate di nuovi test e accertamenti diagnostici, visite, costosa strumentazione, terapie chirurgiche e farmacologiche croniche». La diagnosi precoce non aumenta la sopravvivenza?«Questa, che corrisponde al tempo tra la diagnosi e la morte, è una misura fuorviante e non corrisponde a un reale allungamento della vita, come la gente pensa. Anticipare la diagnosi aumenta la sopravvivenza anche quando la morte non è affatto posticipata». Vuole dire che la diagnosi precoce aumenta il tempo di sopravvivenza ma non riduce necessariamente la mortalità?«Intendo dire che lo screening di malattie mortali ha senso solo se riduce o ritarda la mortalità e migliora la qualità di vita. Gli screening troppo spesso non lo fanno».In effetti, noi siamo uno dei Paesi dove si vive più a lungo, ma nella durata di vita sana scendiamo molto. C’è qualche prova scientifica sugli screening?«La rassegna sistematica Cochrane (Krogsboll, 2019) basata su tutti gli studi di miglior validità (randomizzati controllati o Rct) sui test di screening su persone sane per ridurre la mortalità da malattie, concludeva che nell’insieme non davano alcuna riduzione, anzi, se non si accompagnavano anche a raccomandazioni sullo stile di vita, si associavano ad aumenti non statisticamente significativi di mortalità: +2%. Più in generale, gli studi negli Stati Uniti non si associavano a riduzione di mortalità, quelli in Europa a un suo piccolo aumento non statisticamente significativo: +2% per i tumorali, +5% per i cardiovascolari». Com’è possibile?«Negli Usa la sanità è a pagamento e manca una medicina generale: partecipare a uno studio Rct può essere l’unica possibilità di avere una forma di controllo sanitario. La rassegna mostra che controlli ripetuti sui sani erano associati a risultati in tendenza peggiori».Può fare alcuni esempi?«Lo screening mammografico. “Cinque minuti che valgono una vita” è uno slogan di successo. Ma gli studi randomizzati controllati in realtà non lo confermano, a cominciare dall’unico Rct con mammografie su donne dai 40 anni o da 50 (Uk Age, Duffy 2020): a 23 anni di follow-up risultavano 29 decessi in più nel gruppo con screening dai 40 anni». Per quale motivo?«Uno può essere l’eccesso di diagnosi di tumori non evolutivi (che aumenta prima della menopausa, sotto la spinta ormonale, ma poi può regredire): trattati con chirurgia e radioterapia adiuvante, aumentano i rischi per cuore e polmoni. Anche in un altro Rct di buona qualità (Miller, BMJ 2014), nelle donne con screening dai 40 ai 59 anni, venticinque anni dopo sono stati rilevati 100 decessi in più. Oggi le terapie sono certo migliorate, ma l’uso di mammografie sempre più sensibili e l’anticipazione dell’età di screening aumentano sovradiagnosi e trattamenti non necessari».Oltre allo screening mammografico?«Quello del tumore al polmone. Anche in questo caso un grande Rct americano ha illuso che lo screening salvi vite, ma in Europa la mortalità totale non si è ridotta (metanalisi di Passiglia 2021); nell’Rct in cieco migliore (Dlcst, 2016) è addirittura aumentata (+45 per cento ns). E c’è eccesso di diagnosi di altro tipo a costi elevati e senza clinica utilità (Rendle 2024)».E lo screening del tumore alla prostata?«Anche questo aumenta sovradiagnosi e costi, senza ridurre in media la mortalità, che negli anziani può persino aumentare, sia pure in modo non statisticamente significativo». Se la diagnosi precoce non riduce necessariamente la mortalità, cosa bisogna fare?«Tutte le patologie citate hanno decine di possibilità di prevenzione attraverso comportamenti salutari». Lo ha detto anche Silvio Garattini: per prevenzione intendiamo le buone abitudini di vita. Migliorare la diagnostica serve quando il tumore c’è già, ma non a evitarlo. E infatti più del 50% dei tumori è evitabile, ma muoiono ogni anno oltre 180.000 persone in Italia.«Una sanità in crisi di sostenibilità rinunci a nuovi screening e ad ampliare gli esistenti e, invece, punti davvero su stili di vita con prove di riduzione delle malattie croniche e dell’immunosenescenza: soltanto così si aggiunge vita agli anni».
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