2022-02-20
L’albero solitario sospeso tra le vie di Napoli
Il possente arbusto secolare, alto almeno 30 metri, è immerso tra i vicoli della zona delle Fontanelle, nota per il celebre ossario. Il sempreverde si apre tra i palazzi dell’area popolare come un ombrello e fa compagnia ai ricoverati nelle due strutture vicine.Napoli è una città di vicoli e salite, di scalinate e di incroci, di traffico a singhiozzo e di famiglie che galleggiano su motorini dall’aspetto precario. Il mare un tempo rodeva le radici delle case e nei giorni di buriana ti massaggiava i piedi anche stando in soggiorno, ora sono scorci inattesi di blu che ti colpiscono come un destro di Mike Tyson. Eppure tutto si ripete ogni nuovo giorno. I problemi della città sono gli stessi che lamentavano i teatranti negli anni Trenta e Quaranta, i quartieri poveri, la gente onesta che lotta contro la prepotenza degli approfittatori, il sangue di San Gennaro che anche quest’anno si è sciolto, u miraculo, e speriamo che il Napoli vinca lo scudetto o si faccia onore contro le squadre del Nord! Tutto si mescola e rimescola, Totòtruffa e le canzoni di Nino D’Angelo, i giovani imprenditori e i negozi che rappresentano l’antica e nobile artigianalità cittadina. E cosa accede in quella piccola piazzetta, in San Tommaso D’Aquino, colma all’inverosimile? C’è Roberto Saviano, ah, isso, l’omu de pinna. Napoli e i Quartieri spagnoli, Napoli e piazza Dante, Napoli e il Vomero, Napoli e le pizzerie, Napoli e o’ Vesuvio, quant’è bello. In tutto questo volgersi di umanità e architettura la città ospita diverse ville storiche che hanno conservato giardini di una certa importanza, dove possiamo incontrare alberi di 100 e addirittura 200 primavere e autunni.Esiste un albero solitario che si solleva in mezzo alle case. Spunta quasi per caso se siete a bordo di un autobus di linea che risale la città e punta ai piani alti di Capodimonte, dove si manifestano il Real Bosco, una splendida canfora ultrasecolare, magnolie e la collezione di porcellane. Lo noterete aprirsi come un enorme ombrello, tra i palazzi. Che ci fa quell’albero là, sospeso come se fosse precipitato da chissà dove? Di certo è un’araucaria, come ve ne sono in città, a partire dal giardino di Villa Pignatelli, lo splendido e curato rettangolo vegetale che circonda quell’edificio neoclassico dalle linee precise e antiche che è ora sede del Museo delle Carrozze, lungo la Riviera di Chiaia. Ma questo solitario non cresce nemmeno nei giardini di Villa Rosebery a Posillipo, nei giardini di Villa Maria, di Villa Paternò, e nemmeno nel parco di Villa Floridiana, dal quale potersi perdere in un tuffo angelico nei blu e negli azzurri del golfo di Napoli, o ’ncantu. E non siamo nemmeno negli spazi spettacolari dell’Orto botanico, in via Foria, fondato a inizi XIX secolo, dove troneggiano ficus, palme, eucalipti. No, siamo invece tra le case, tra le cave di un tempo, in un’area nel quartiere popolare. Ricordo di averla adocchiata alcuni anni fa mentre stavo documentando la parte dedicata ai grandi alberi di Napoli per il silvario I giganti silenziosi, uscito poi per Bompiani. Ero su un bus e risalivamo la città e superando un ponte, lungo via Santa Teresa degli Scalzi, sulla destra rispetto al senso di marcia si presentava la cupola di Santa Maria della Sanità, in Rione Sanità, dalla parte opposta, in lontananza, spuntava la sagoma di un alberone, nelle vicinanze di una cappella, che ho poi scoperto essere Santa Maria della Vita. Bisogna scendere dal ponte e immergersi nelle strade, nei vicoli che risalgono e si avvicinano alla zona delle Fontanelle, dove c’è il celebre ossario che ospita i resti di migliaia di morti a causa della peste del 1656 e del colera del 1836. E dove, attualmente, coabitano la Rsa Fontanelle - ospita malati di mente di lunga degenza - l’ex Ospedale San Camillo che ospita il Centro La Tenda - cura di tossicodipendenti - nel complesso di Santa Maria della Vita. Questi luoghi hanno una lunga storia, vi operarono nel Cinquecento i monaci della chiesa del Carmine, fu poi ricovero per malati gravi e quindi fabbrica di porcellana. Ma il tempo corre, gli uomini nascono, vivono e invecchiano, le attività cambiano.È quindi un albero che si godono persone che stanno lentamente guarendo dalla tossicodipendenza o che convivono con una forma di disagio mentale. Parleranno a questo loro gigante secolare alto quasi 30 metri? Confideranno i loro segreti, i loro tradimenti, le loro speranze, i ricordi? Che cosa servono gli alberi, in mezzo alla città, a fianco delle nostre vite, se non per portare un poco di refrigerio, nei giorni di afa, per arricchire le forme del nostro sguardo e ascoltare tutte le nostre pene? Gli alberi, nel loro fronzuto silenzio sinfonico, sono ottimi uditori, accolgono tutto con la pazienza di una montagna, e forse, nelle nostre piccole geometrie immaginifiche ci restituiscono anche alcune risposte. Non sono riuscito dunque ad avvicinarmi all’albero per posarmi al suo tronco e ascoltarlo, interrogarlo. Ma mi piace pensare che lo facciano altre persone, forse chi ne ha anche più bisogno di me. L’area è ovviamente inaccessibile per un cercatore di alberi. L’araucaria appartiene alla specie bidwillii, detta anche pino di Bunya, è di origine australiana e qui, alle nostre latitudini, è diventata un pastore di anime; purtroppo non appartiene all’elenco dei 33 alberi monumentali riconosciuti in città ed è un peccato, ma magari, prima o poi diverrà un saggio testimone protetto. Direi che se lo meriterebbe.(Ps: ringrazio per foto e informazioni Benedetta de Falco).