2018-10-29
Aiuto, spariscono le scuole paritarie, ormai sono «libere» solo di chiudere
Nell'ultimo anno si sono arresi 304 istituti. Se fallissero tutti, dovremmo sborsare di colpo 10 miliardi. Una discriminazione costosa e liberticida che l'ultima riforma renziana ha ulteriormente aggravato.Sono 304 le scuole paritarie chiuse nell'ultimo anno e 24.713 gli alunni in meno rispetto all'anno scorso. Numeri in linea con una tendenza che nell'ultimo lustro si è fatta cronica e che vanno a certificare la crisi degli istituti non statali del nostro paese. A confermarlo, recentemente, anche il XX Rapporto del Centro studi scuola cattolica (Cssc), che ha sciorinato una serie di dati sullo stato di salute delle paritarie nel nostro paese e che riguarda 12.662 istituti, 879.158 studenti e circa 25.000 insegnanti, ma, se si tiene conto anche del personale non docente, la cifra raggiunge le 80.000 persone (dati Miur).I numeri delle paritarie vanno di anno in anno assottigliandosi: nel 2013-14 le scuole funzionanti erano 13.625; nel 2014-15 13.498; nel 2015-2016 13.267; nel 2016-17 12.966; nel 2017-18, come detto, 12.662. Dieci anni fa erano frequentate da circa un milione e duecentomila studenti, oggi da meno di 900.000 ragazzi. L'incidenza degli alunni in percentuale sul totale delle scuole è dunque passata dall'11,2% del 2013 al 10,4 odierno.Le scuole non statali non hanno mai avuto vita facile nel nostro paese. Vuoi per una questione meramente ideologica (l'accusa di essere le «scuole dei preti», dura a morire, cela il sottinteso di essere istituti dove l'indottrinamento religioso conta più della preparazione didattica), vuoi per una questione di cultura politica (il mondo della scuola, assai sindacalizzato, è stato per molti anni un bacino elettorale importante per la sinistra). Resta il fatto che ad aver inquadrato giuridicamente la scuola paritaria è stato un comunista, Luigi Berlinguer, con la legge 62/2000 che ha segnato senz'altro un punto di svolta, ma non fino al punto da elevare questi istituti allo stesso livello di dignità di quelli gestiti dallo Stato. Perché? Perché ogni anno le paritarie devono aspettare la mancetta (circa 500 milioni) erogata dallo Stato? Perché, sebbene la legge Berlinguer abbia affermato che «pubblico» non è sinonimo di «statale» e che un genitore possa scegliere la scuola che preferisce per il figlio, nei fatti, questa scelta tanto libera non è? l'1% dei fondi stataliIntanto la crisi economica si fa sentire per tutti e dunque anche per quelle famiglie che scelgono tali istituti, costrette a pagare due volte: le rette (spesso, inevitabilmente, salate) e le tasse. Non è solo una questione di libertà di scelta, ma anche di un vero e proprio accanimento dello Stato contro gli istituti paritari, una sorta di discriminazione di cui pochi si curano e che invece farebbe del bene (anche) alle casse del nostro paese. Se si va avanti di questo passo le cosiddette «scuole libere» saranno «libere» solo di chiudere. Ma sarebbe un danno per tutti: per lo stesso Stato che le strozza, innanzitutto. Sebbene, infatti, le paritarie accolgano circa il 10% degli studenti italiani, esse percepiscono solo l'1% dei fondi statali destinati all'istruzione. La spesa media statale per ogni alunno delle paritarie è di circa 490-500 euro annui (si va dai 600 euro per le scuole materne ai 50 euro per le superiori) contro i 7.500 euro per uno studente delle statali. In soldoni, significa che se le paritarie chiudessero domani, tutto il sistema scolastico italiano collasserebbe, trovandosi, di botto, a dover pagare 9 miliardi e 750 milioni in più, per non parlare della necessità di dover trovare in un battibaleno edifici adatti a dover accogliere questi alunni.In particolare, una voragine enorme si aprirebbe nel mondo delle scuole dell'infanzia dove la percentuale delle paritarie è altissima, ben il 41 per cento del totale. In Italia, infatti, esistono oltre 9.000 scuole dell'infanzia paritarie a fronte di 13.300 statali. È facile immaginare cosa accadrebbe se tutte queste scuole fossero costrette a chiudere. Ma questo rende bene anche l'idea che le paritarie non sono scuole private «per ricchi», ma rendono un servizio pubblico di cui tutti beneficiano. Dunque perché osteggiarle, bistrattarle, fingere che, se sparissero, sarebbe solo un problema dei privati abbienti e non, invece, come è, un problema per tutta la comunità?«rubare» i docentiSi prenda un altro esempio tratto da una fonte insospettabile. Il 24 settembre è apparso sul dorso milanese del Corriere della Sera un articolo che avrebbe meritato ben altra collocazione. Per la prima volta si è cercato di quantificare il costo di una scuola statale, cioè quanto incide la cosiddetta «scuola gratuita» sulle tasche dei cittadini. Un'indagine di Civicum in collaborazione con Deloitte ha quantificato in 10 milioni di euro annui il costo del liceo Leonardo Da Vinci di Milano. Il liceo ha una struttura di 11 mila metri quadrati in centro città, ospita mille studenti e cento lavoratori, fra insegnanti e tecnici. Secondo i conti di Civicum, lo Stato spende una media di diecimila euro all'anno ad alunno. Diecimila contro i 50 euro di spesa per uno studente della scuola secondaria paritaria.Ad aggravare ulteriormente una situazione già complicata ci ha pensato anche la Buona scuola renziana che ha svuotato le graduatorie ad esaurimento, mettendo in difficoltà le paritarie che si ritrovano così senza docenti che sono passati, in gran numero, alle statali. Una difficoltà che spesso viene a crearsi ad inizio anno, complicando ulteriormente l'avvio delle lezioni e depauperando il patrimonio umano delle paritarie che si ritrovano defraudate di insegnanti che hanno pazientemente formato.