2024-08-14
Alla fine si arrende pure Aifa: «I vaccini non immunizzano»
La lettera di Aifa e il nostro pezzo sull’identica posizione di Ema (iStock)
L’ammissione ufficiale in risposta a un’associazione di avvocati: «Basta leggere il bugiardino». Ma che le iniezioni fermassero il virus era il presupposto sul quale sono stati fondati obbligo vaccinale e green pass.Certe cose non sorprenderanno più i nostri lettori. Però, man mano che il puzzle della verità si va componendo, vale la pena fissare i momenti in cui, al disegno, si aggiungono nuovi pezzi. L’ultimo tassello l’ha messo l’Agenzia italiana del farmaco, con una lettera datata 19 luglio e firmata dalla dirigente Carla Cantelmo, che solo in questi giorni ha iniziato a circolare in Rete. Si tratta di una risposta alla richiesta di accesso agli atti formulata all’associazione Arbitrium - Pronto soccorso giuridico per la tutela dei diritti inviolabili. Al punto 9 della missiva, a proposito dell’«indicazione terapeutica dei vaccini Covid-19», l’ente regolatore precisa: «Allo stato attuale, nessun vaccino Covid-19 approvato presenta l’indicazione “prevenzione della trasmissione dell’infezione dall’agente Sars-Cov-2”. L’indicazione terapeutica per la quale sono stati approvati i vaccini Covid-19 è riportata nei rispettivi Rcp, al paragrafo 4.1». Se si va a consultare il suddetto Riassunto delle caratteristiche del prodotto - ad esempio, quello del farmaco di Pfizer, Comirnaty - si riscontra che il medicinale era «indicato per l’immunizzazione attiva per la prevenzione di Covid-19, malattia causata da Sars-Cov-2». Dunque, l’Aifa certifica che i vaccini anti Covid non erano stati fabbricati allo scopo di impedire il contagio. Dovevano solo evitare che i positivi contraessero la malattia. Magari, sarebbe stato bene specificare che si parlava di malattia grave: di persone che si infettavano e poi manifestavano dei sintomi, nonostante avessero ricevuto la puntura, se ne sono contate a migliaia. E fin da subito, quando gli stessi funzionari dell’Aifa, nelle mail svelate da Fuori dal coro, tra di loro lamentavano diversi casi di «fallimento vaccinale». Andrebbe richiamato anche un episodio avvenuto Oltreoceano: i Cdc, nel 2021, aggiornarono la definizione di vaccino, stabilendo che esso non doveva «produrre immunità per una specifica malattia», ma semplicemente «produrre protezione da una specifica malattia». I requisiti, in pratica, vennero attenuati. Alcuni esperti sentiti da Associated Press, poi, garantirono che il cambiamento era «normale» e rifletteva «l’evoluzione della ricerca e della tecnologia dei vaccini».Ma il nocciolo della questione è un altro. I decreti 44 e 52 del 2021, l’uno contenente le norme sull’obbligo vaccinale per i sanitari e l’altro redatto per inquadrare la disciplina dei green pass, si basavano sul presupposto che l’Aifa ha smentito: ovvero, che i vaccini fermassero il virus. Ecco cosa sta scritto nel dl emanato il primo aprile di tre anni fa: «Gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da Sars-Cov-2». Anche il testo del decreto del 22 aprile si rifaceva al «Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da Sars-Cov-2». Peccato che - citiamo sempre l’Aifa - «nessun vaccino Covid-19 approvato presenta l’indicazione “prevenzione della trasmissione dell’infezione dall’agente Sars-Cov-2”». Come dimenticare l’incauta sortita di Mario Draghi, il quale, per giustificare l’introduzione del certificato verde, si lasciò scappare la frase sulla «garanzia di trovarsi tra persone che non sono contagiose»? Le leggi del «governo dei migliori» erano antiscientifiche. Avrebbe dovuto prenderne atto la Corte costituzionale, che invece ha salvato l’obbligo vaccinale per i sanitari, appoggiandosi alle presunte «conoscenze medico scientifiche disponibili» quando venne licenziato il decreto. Falso: quelle conoscenze non erano affatto «disponibili». Lo sapeva l’Aifa, sul cui sito campeggiano i foglietti illustrativi con l’indicazione terapeutica relativa alla prevenzione della «malattia», non dell’infezione. E lo sapeva l’Ema, costretta a riconoscerlo nella replica all’eurodeputato olandese Marcel De Graaf e ad altri suoi sette colleghi: «Lei ha ragione», recitava un comunicato dell’agenzia Ue, di cui sulla Verità aveva dato conto Maddalena Loy, «a sottolineare che i vaccini contro il Covid-19 non sono stati autorizzati per prevenire la trasmissione» del Sars-Cov-2. Rimane un mistero: l’ex inquilino di via del Tritone, Giorgio Palù, il 23 dicembre 2020, dichiarò: «È quasi certo che entrambi i vaccini a mRna diano un’immunità sterilizzante, […] vi anticipo dei dati che sono quelli che ci ha trasmesso l’Ema e che noi abbiamo visto in Aifa». Da dove arrivavano quei dati? Le autorità avevano comprato a scatola chiusa le informazioni di Big pharma? E se nessuno ha mai sostenuto che i vaccini prevenissero il contagio, com’è stato possibile mettere in piedi un regime fondato su una bufala?La Commissione d’inchiesta sul Covid saprà di sicuro a chi rivolgere queste domande.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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