2024-05-09
Aifa sapeva dei danni da vaccino ma ha sconsigliato di fare i test
Astrazeneca ritira in tutto il mondo il suo prodotto e ammette gli effetti avversi. Che il nostro Cts conosceva. Ma siccome verificare la predisposizione alle trombosi avrebbe rallentato la campagna, si è tirato dritto.Il 25 maggio 2021, la diciottenne Camilla Canepa si vaccina all’Astra day organizzato dalla Regione Liguria. Ventiquattr’ore dopo, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ancora non sa che la studentessa di Sestri Levante accuserà dei malori, verrà ricoverata al pronto soccorso di Lavagna il 3 giugno e infine, il 10, morirà per una trombocitopenia trombotica immunitaria indotta dal vaccino. Nelle carte genovesi dell’inchiesta sul decesso della giovane, però, è incluso un documento, datato appunto 26 maggio, nel quale l’autorità regolatoria già affronta il problema degli effetti avversi del preparato anglosvedese.La circolare, intitolata «Complicanze tromboemboliche postvazzinazione anti Covid-19 con Vaxzevria (ChAdOx1nCov-19, Astrazeneca) o con Covid-19 vaccine Janssen (Ad.16. Cov2.S, Johnson&Johnson)», era stata pubblicata su Internet. Oggi si incontra qualche difficoltà a procurarsela. Quando si clicca sul link, da alcuni pc compare la scritta: «403 Forbidden». Significa che il server ha interpretato correttamente la richiesta dell’utente, ma non può soddisfarla: l’accesso alla risorsa Web non è consentito. Altri computer, per iniziare il download, devono utilizzare la navigazione in incognito. Altri ancora non hanno nessun problema.Ma cosa si legge in quelle 11 pagine? L’elemento più interessante è illustrato al punto 4. Lì, Aifa sostiene che sia «impossibile identificare dei fattori di rischio da cercare nella popolazione generale», prima di procedere alle inoculazioni con le fiale spedite da Oltremanica. Riconosce che, «nel 5-6% della popolazione generale», si rilevano «condizioni trombofiliche ereditarie», fattori che predispongono la persona a sviluppare una trombosi; e che «ci si può quindi attendere che circa 5.000-6.000 persone ogni 100.000 soggetti vaccinati con Vaxzevria siano portatrici o portatori di queste anomalie coagulative». La relativa frequenza di tali alterazioni, tuttavia, «contrasta evidentemente con l’estrema rarità delle più gravi complicazioni trombotiche osservate (trombosi dei seni venosi cerebrali e/o del distretto splancnico)». Insomma, se «la vaccinazione agisse come trigger», come fattore capace di attivare «una condizione di predisposizione congenita», l’evento avverso «riguarderebbe all’incirca 1 soggetto trombofilico su 10.000 vaccinati», anziché, come suggerivano le analisi già in quel periodo, 1 su 100.000. La conclusione è netta: «L’insieme di questi dati evidenzia» come la ricerca delle anomalie presenti nei soggetti vaccinabili «non sia in alcun modo raccomandabile».Soffermiamoci sul ragionamento dell’ente. Il documento agli atti della Procura fonda la sua inferenza sulle statistiche all’epoca disponibili: siccome il numero registrato di trombosi era inferiore a quello che ci si sarebbe dovuti aspettare, qualora gli individui colpiti fossero stati tutti quelli geneticamente predisposti, allora veniva giudicato inutile uno screening preliminare sui vaccinabili. Induzione in virtù dell’osservazione, anziché deduzione a partire da una spiegazione fisiologica dell’interazione tra farmaco e organismo. La teoria, anzi, avrebbe deposto in favore di una maggiore precauzione: verificare se chi si recava negli hub presentasse fattori di rischio e, solo dopo, decidere se vaccinarlo. Difficilmente questa procedura avrebbe salvato la povera Camilla, che stando alle ultime risultanze mediche era perfettamente sana. Ma forse avrebbe risparmiato la vita ad altre vittime di Astrazeneca; e avrebbe evitato una serie di malori, per fortuna non fatali. Ma come mai l’Aifa ha deciso di escludere le indagini sulla popolazione, adducendo un motivo tanto contestabile? Qualcuno dirà: c’era un’emergenza, le terapie intensive erano piene, bisognava tentare di proteggere gli italiani con gli strumenti a disposizione. Chi lo affermasse, scorderebbe due dettagli cruciali. Primo: la mortalità del Covid, nelle fasce anagrafiche più giovani, era trascurabile; secondo, come conferma Sergio Abrignani del Cts davanti ai pm, «a fine maggio» 2021 c’era «un contesto epidemiologico di circolazione virale bassa». Quello in cui, stando a uno studio dell’Ema citato nei verbali del Comitato tecnico scientifico, era più pericoloso assumere Astrazeneca che buscarsi il virus: «Il numero di casi ogni 100.000 persone che sviluppano i fenomeni trombotici […] rimane […] pari a 1.1, mentre il numero di morti dovute a Covid-19 prevedibili scende a 1».È più probabile che l’improvvisa rinuncia al principio di precauzione, spesso invocato da Roberto Speranza per giustificare le restrizioni, dipendesse dalla volontà di consumare le scorte di farmaci e proseguire a spron battuto con la campagna vaccinale. A qualunque costo. Il 9 giugno 2021, un giorno prima che la Canepa morisse, l’ex ministro della Salute sosteneva proprio quello: «Noi dobbiamo spingere il più possibile in questi due mesi di entusiasmo sui vaccini: c’è un vero e proprio entusiasmo», osservava, catechizzando i tecnici. Egli appariva meno preoccupato degli effetti avversi che di «macchiare […] questo patrimonio straordinario che è nelle nostre mani», in un momento in cui, con «l’arrivo delle vacanze e la voglia di libertà sulle vacanze», avevano «iniziato a vaccinarsi anche i più giovani».Rimane poi aperta la questione dell’atteggiamento pubblico delle istituzioni e della scienza ufficiale. Nel «Rapporto sulla sorveglianza dei vaccini Covid-19», riferito al periodo dicembre 2020-maggio 2021, compare un’unica allusione ai «casi di trombosi venosa cerebrale e/o trombosi venosa in sede atipica», che sono «in costante monitoraggio» e hanno comportato «una modifica delle informazioni sul prodotto», cioè del bugiardino. Nessuna traccia del dibattito in corso tra gli esperti.Eppure, loro si confrontavano animatamente, salvo comportarsi da pompieri, una volta che si trovavano sotto i riflettori. Nelle trascrizioni dei vertici del Cts, da aprile 2021 in avanti, Abrignani sembra un convinto sostenitore della necessità di non somministrare Vaxzevria agli under 60; ma in concomitanza con i primi decessi seguiti alle inoculazioni, ancora rilasciava interviste dicendo - vedere La Stampa del 7 aprile - che non bisognava pensare «solo ai rari casi di trombosi», perché «spesso l’alternativa all’iniezione è la morte». Il 16 aprile, addirittura, Speranza si era messo a minacciare chiunque osasse sottrarsi alla punturina con Astrazeneca: «Chi lo dovesse rifiutare andrà in coda». Indifeso dinanzi al virus.La verità è che i professori non avevano certo scoperto d’emblée i rischi connessi al vettore adenovirale. In una riunione del 7 giugno 2021, Giorgio Palù, allora alla guida dell’Aifa, forniva una spiegazione dettagliata dei meccanismi alla base degli eventi avversi. Arduo supporre che avesse studiato tutto, ex novo, nel giro di qualche settimana. Davanti ai colleghi, l’oncologo parla di «conoscenza del problema che è legato agli adenovirus in generale, eh, lo dico in generale anche nei modelli di macaco, quindi è stato dimostrato questo evento». E aggiunge: «Io posso dirvi comunque che dal punto di vista virologico adenovirus è molto reattogenico sia nella fibra che nel pentone che nel polianione che nel Dna che nella molteplicità di recettori che trova all’interno delle cellule che sono in grado di attivare la risposta innata del complemento e questo porta a sua volta, come sapete, ad amplificare quella che è poi l’attività pro coagulativa».Insomma, la «conoscenza» c’era. Ma - per timore di mettere la «pietra tombale» su Astrazeneca - mancò troppo a lungo la volontà di intervenire.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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