2022-01-29
Immobili sequestrati agli ex soci di babbo Boschi. «Legati alla 'ndrangheta»
Seguirono con Pierluigi Boschi l'acquisto di una fattoria: Firenze congela beni per 5 milioni. L'accusa: «Usati i soldi in nero di una cosca».C'erano uomini vicini alle cosche che frequantavano casa Boschi anche quando la ministra Maria Elena era al governo. Erano i soci in affari di suo padre Pierluigi, che entravano nel suo salotto per trattare compravendite con soldi dalla provenienza oscura. In particolare comprarono insieme una fattoria da 7,5 milioni di euro in provincia di Arezzo, la fattoria di Derna a Civitella Val di Chiana. Adesso il Tribunale di Firenze nei confronti di questi signori ha ordinato un sequestro da 5 milioni collegati all'acquisto di un’altra grande tenuta a Chiusdino (Siena). Al centro delle indagini della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo toscano c’è l’imprenditore Francesco Saporito, 79 anni, nativo di Petilia Policastro (Crotone), il quale sarebbe stato e forse sarebbe ancora un imprenditore «a disposizione» delle cosche. È accusato di aver impiegato denaro di origine mafiosa con l’aggravante di aver agevolato la ‘ndrina Grande Aracri. Ai tempi in cui faceva affari con Boschi senior Saporito era già attenzionato dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze e dalla Dia, ma ne era uscito indenne.Nel 2008 il pentito Angelo Salvatore Cortese lo aveva accusato di essere un «prestanome» delle ‘ndrine e aveva dichiarato che il suo oleificio era in mano alle cosche. Adesso a peggiorare la situazione ci sono le accuse di un altro collaboratore di giustizia considerato estremamente credibile: Salvatore Muto. Insieme con Saporito è indagato anche Edo Commisso, cinquantasettenne fattore originario della provincia di Catanzaro trapiantato in Toscana.INCONTRI A CASA BOSCHI Per i magistrati è l’uomo «incaricato dalla cosca di sovrintendere agli interessi della stessa in territorio toscano e di individuare occasioni di investimento». Edo sino a non molto tempo fa, a sua detta, era ancora in rapporti con Pier Luigi: «Io sono amico di Boschi. Il paese è piccolo, ci si incontra. Sotto Natale lo avevo chiamato per gli auguri. Ci siamo visti, abbiamo preso un caffè» ci aveva detto a inizio 2020, mentre l’inchiesta decollava e i magistrati lo pedinavano e intercettavano. «Maria Elena? È una persona intelligente, l’ho vista, ma in questo periodo no. Non mi sono mai permesso di andare a casa quando c’è lei, ci sono i carabinieri, c’è quello, quell’altro. L’ho incontrata prima di Natale, ero lì a casa. Sono passato a salutare il padre e lei era lì. “Ciao” e basta» aveva continuato. Sarebbe stato proprio Commisso, anche lui imprenditore agricolo iscritto alla Coldiretti, come Boschi, a mettere in contatto il celebre babbo con Saporito. Che iniziò a frequentare la magione dell’ex ministro delle Riforme, ma con meno confidenza: «Sono stato a casa loro solo al pian terreno, sempre in piedi e di corsa. Suo padre si guardava intorno, mi mostrava le mappe, le carte, tac tac, e via. Non mi ha mai fatto sedere. Nemmeno per un caffè».AUTISTA DEL BOSS In un’inchiesta portata avanti dalle Procure di Perugia e di Catanzaro Edo Commisso era già stato pizzicato a fare l’autista per il boss Cosimo Comisso. Il quale, insieme con un suo compare, recentemente deceduto in carcere, in un’intercettazione aveva parlato dei possedimenti di Saporito: «Trecentosessanta ettari (Chiusdino, ndr). Ha un paese sano, sano.... più lui tiene 120 ettari a Perugia, 22.000 piante di ulivi che ha le quote...». Nella telefonata si faceva riferimento anche a Dorna: «In più ad Arezzo ha i vigneti, la cantina che ci sono le botti che lui vi ha fatto vedere. San Giovanni Valdarno, c’è proprio la tenuta del vino San Giovanni Valdarno, c’è pure un pezzo di castello, è tutto suo». Nella conversazione si faceva riferimento anche ai litigi tra Saporito ed Edo Commisso, legati proprio a questi acquisti e gli uomini delle cosche avrebbero fatto da pacieri: «Quella volta aveva un problema e dopo gliel’abbiamo risolto io e un altro paesano. Erano in discussione all’epoca, dopo non lo so. Hanno chiuso in quel modo, sono rimasti amici, quello che era di Edo era di Edo e quello che era suo all’epoca... dopo invece li ho fatti incontrare e si è chiusa...capito?».LITIGI In un’altra intercettazione, questa volta dell’inchiesta fiorentina è lo stesso Edo Commisso a raccontare al pentito Muto «di aver litigato con Francesco Saporito e di essere ancora creditore nei suoi confronti di ulteriori settantamila euro avendone ricevuto da lui solo 180.000 mila per una mediazione». Che, secondo gli inquirenti, potrebbe essere collegata all’«acquisto dell’azienda agricola di San Casciano». In realtà, con noi, Commisso aveva lamentato di non aver ricevuto il dovuto per la compravendita di Dorna, di cui Saporito e Boschi senior divennero proprietari. Secondo l’imprenditore Edo voleva essere pagato per avergli presentato Boschi. Ma Commisso non è d’accordo: «È un vigliacco […] non mantiene la parola, quello che mi aveva promesso non me l’ha dato. Lui a me ha pagato 160.000 euro per tutta l’operazione, ma io ho lavorato due anni, 24 ore al giorno». Sempre Edo, in un’intercettazione del 2012, segnalò a Muto «un’azienda che è tra le più quotate qua, che poi è confinante con quella di Ferragamo» e il pentito replicò che avrebbe dovuto «parlare con gli altri», probabilmente con i referenti calabresi, e che gli avrebbe fatto sapere la risposta. Ma se nel 2012 Commisso, insieme con Saporito, operava ancora per fare gli interessi della ‘ndrangheta, perché l’acquisto di Dorna avrebbe dovuto sottrarsi a questa prassi? ASSEGNI CIRCOLARI Il complesso agricolo con 100 ettari di terreno boschivo e seminativo alle porte di Arezzo nell’ottobre 2007 viene aggiudicato per 7,5 milioni con trattativa privata dall’Università di Firenze alla cooperativa Valdarno superiore all’epoca presieduta da Boschi senior. L’ateneo sceglie come compratore una solida cooperativa del territorio, ma probabilmente non sa che a gestire l’operazione sarà il solo Pier Luigi con un chiacchierato socio calabrese. IL CAMBIO IN CORSAInfatti Boschi, a nome della Valdarno, dopo l’aggiudicazione, comunica all’Università che a firmare preliminare e rogito sarà la neo costituita (a novembre) società semplice Fattoria di Dorna, di cui Pier Luigi detiene il 90 per cento delle quote, mentre il 10 è in mano a Saporito. Tre milioni e 900 mila euro provenivano da un mutuo accesso presso il Monte dei Paschi di Siena, 800.000 euro da 16 assegni circolari emessi da una filiale di Mps di Montevarchi a favore della Valdarno nel febbraio del 2007, dieci mesi prima che la cantina si aggiudicasse la gara e venisse sostituita nel prerogito e nel rogito dalla Dorna Srl. Saporito invece tirò fuori 1,41 milioni di euro in 29 assegni circolari e gli ultimi 1,4 milioni arrivarono dalle vendite dei lotti. Ma gli assegni di Saporito grazie a quale provvista erano stati emessi? «Soldi che provenivano dalla Calabria» ci ha spiegato lui al telefono qualche mese fa.SOLDI IN NERO Inizialmente per la compravendita di Dorna venne aperto un fascicolo per riciclaggio e turbativa d’asta (la gara inizialmente pubblica, divenne a licitazione privata e il prezzo scese da 9 milioni 7,5). Il riciclaggio venne contestato perché il socio di Boschi era Saporito, già all’epoca considerato in odore di ‘ndrangheta. Tanto che il fascicolo fu trasferito alla Dda di Firenze, per poi essere archiviato. Alla fine nelle maglie dell’indagine aretina rimase solo la contestazione per pagamento in nero da 250.000 euro. Boschi ha pagato 58.000 euro di sanzioni. Saporito, non ha, invece, saldato la sua parte, perché sostiene che quei soldi Pier Luigi li avrebbe incassati da solo, e ha iniziato un lungo contenzioso con l’Agenzia delle entrate. La parcellaNella diatriba con l’Erario Boschi senior ha allegato alla sua memoria difensiva anche la dichiarazione autografa di Commisso, che asseriva di aver ricevuto da Boschi 100.000 euro per il suo lavoro di mediazione nella complessa operazione di Dorna e per altri lavori alla fattoria. Saporito non ha un bel ricordo di quell’operazione: «A Boschi delle brutte figure non importa niente, si è messo una maschera di carnevale, gli interessano solo i soldi, la sua è una malattia […]. Dai tempi in cui era un dirigente della Coldiretti ha sempre navigato sfruttando le brave persone» disse l’uomo accusato di fare affari con la ‘ndrangheta. Che, però, non rinnega l’affare di Dorna: «Effettivamente il business c’era e senza la crisi poteva essere davvero valido. Lui mi ha fatto ottenere un fido di 3,9 dal Monte dei Paschi di Siena» ci ha spiegato l’imprenditore calabrese. Ma perché Pier Luigi Boschi si è appoggiato a Saporito per questa compravendita? «Perché non aveva trovato nessuno altro. Tramite Commisso mi cercò e incoraggiò spiegandomi che era un’occasione». Dopo l’acquisto della tenuta, Saporito ha restituito a Boschi e alla cooperativa Valdarno superiore gli 800 mila euro che l’azienda e il suo presidente avevano anticipato per Dorna: «In quel modo ho cercato di eliminarlo dalla società e di diventare l’amministratore. E lui si è ritirato».INCONTRI COL PENTITO Nei mesi scorsi abbiamo incontrato più volte Commisso. E gli abbiamo chiesto se fosse possibile che Saporito avesse utilizzato soldi del clan di Nicolino Grande Aracri e il presunto intermediario delle cosche aveva negato spiegandoci che i due sono di due paesi diversi e che Saporito in passato aveva fatto arrestare degli ‘ndranghetisti. Il riferimento è alle dichiarazioni del 2003 contro Salvatore Giglio, finito in carcere con l’accusa di estorsione. «Lui è un pentito e basta» era stato il commento ruvido di Commisso. A cui chiedemmo anche se avesse sentito parlare di Muto, l’uomo che ora lo accusa. «So che anche lui è un pentito» ci disse, «e i pentiti vengono pagati per dire ‘ste cose». Poi ci spiegò quando lo aveva incontrato: «È venuto a caccia a Chiusdino, l’ho conosciuto lì. Non conosceva Saporito e non l’ha mai conosciuto. È venuto a caccia due volte tramite un altro calabrese di Reggio Emilia, nel 2011, 2012, e se si va vedere sui registri della riserva, c’è un suo passaporto. È uno che ha il porto d’armi. Per me se uno ha il porto d’armi è uno pulito. Figurarsi se Saporito andava da questa gente qui, aveva paura della sua ombra». I pentiti sembrano pensarla diversamente.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)