2021-03-04
Adesso Speranza tiri fuori tutti i contratti
L'esponente di Leu: «Le mascherine in circolazione sono sicure». Ma i fatti lo smentiscono, dai sequestri in Italia all'indagine dell'Ue su quelle certificate dai turchi. Rimossi Angelo Borrelli e Domenico Arcuri, pure lui è alle corde: perciò faccia chiarezza e pubblichi le carte sugli acquisti.Esistono dichiarazioni politiche non fortunate nel contenuto, oppure nella tempistica: ed è ammesso il cumulo delle due ipotesi, nelle situazioni più infelici. Nel caso del ministro della Salute, Roberto Speranza, la risposta sulla qualità delle mascherine circolanti in Italia data l'altra sera in conferenza stampa, mentre illustrava il contenuto dell'ultimo dpcm insieme alla sua collega Mariastella Gelmini, è stata per lo meno un infortunio nel timing, e potrebbe molto presto rivelarsi qualcosa di peggio anche dal punto di vista del merito. Cos'ha risposto Speranza a precisa domanda? «Per le mascherine il procedimento autorizzativo oggi vigente in Italia è molto rigoroso e prevede, per una parte, il ruolo fondamentale dell'Istituto superiore di sanità e, per un'altra parte, il ruolo essenziale dell'Inail. Quindi io mi sento di dire con assoluta sicurezza che i controlli e le verifiche che vengono fatti sono fatti con la massima attenzione, e che le mascherine in commercio sul nostro territorio nazionale sono mascherine sicure». Ora, i tifosi del ministro in quota Leu potranno invocare la mala sorte: ma sono bastate appena 24 ore affinché altre nubi si aggiungessero a quelle già esistenti proprio sulla qualità degli approvvigionamenti (sia di mascherine sia in generale dei dispositivi di protezione individuale). Tra sequestri e requisizioni, si moltiplicano i dubbi sul fatto che diverso materiale non fosse e non sia a norma, e che ciononostante sia finito sul viso di un numero enorme di cittadini italiani. Oltre ai casi di Roma e Gorizia, in seguito a una denuncia arrivata dalla Germania, ieri è stata aperta anche un'indagine dell'Antifrode Ue sulle Ffp2, di produzione cinese, con il marchio Ce 2163, rilasciato dalla società turca Universal certification. Se n'era occupato il Corriere della Sera, spiegando che, in base ai test di una società altoatesina, quei Dpi non erano a norma. E ha destato grande impressione anche il servizio di Fuori dal coro, su Rete 4, che ha sollevato pesanti interrogativi sulle mascherine contraddistinte dal codice 1282, e comunque sugli standard qualitativi di ingenti quantitativi di Dpi. Non rende certo più leggera la responsabilità politica del ministro il fatto che sia stato reso obbligatorio l'uso - anche di materiale potenzialmente pericoloso. Si dirà: ma nella primavera del 2020 l'Italia era in emergenza totale rispetto a mascherine, camici e respiratori. E dunque, diranno i difensori d'ufficio del Conte bis, si può comprendere, guardando le cose con un minimo di indulgenza, che il governo e le autorità commissariali si siano mossi in tutte le direzioni, dicendo sì a chiunque fosse in grado di reperire qualcosa. Obiezione indubbiamente seria: un'emergenza è un'emergenza. Peccato però che Giuseppe Conte, il 27 gennaio 2020, si fosse presentato in tv, tronfio e rassicurante, negli studi di Lilli Gruber, a dichiarare solennemente: «Siamo prontissimi». Come si sa, lo stato d'emergenza fu proclamato quattro giorni dopo, il 31 dello stesso mese. Dopo di che, poche settimane si sarebbero incaricate di dimostrare che invece non eravamo pronti praticamente a nulla. E dunque le rassicurazioni di Conte e dei suoi ministri, Speranza incluso, si sono rivelate ben poco affidabili. Non vogliamo e non possiamo sottoporre Speranza a una specie di scrutinio paragiudiziario. Ma il tema della sua responsabilità politica si pone in modo oggettivo. Il politico di Leu è ormai l'ultimo residuo di una catena di comando (quella del Conte bis) che Mario Draghi ha spazzato via: non c'è più l'ex capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, non c'è più Domenico Arcuri, e non c'è più nemmeno Conte. Resta solo Speranza, palesemente transennato e commissariato dalle nuove nomine: Fabrizio Curcio alla Protezione civile, il generale Francesco Paolo Figliuolo al posto di Arcuri, e il prefetto Franco Gabrielli a coordinare tutto, a tenere insieme i due percorsi della logistica della Protezione civile e della logistica militare. E Speranza? Va alle conferenze stampa, parla con i giornali e alla tv, ripete il suo cupo mantra chiusurista. Ma porta addosso le cicatrici politiche della cattiva gestione Covid del governo di cui è stato parte, del libro autocelebrativo frettolosamente ritirato dalle librerie, per non dire del pasticcio del piano pandemico vetusto e del relativo rapporto Oms.Che fare allora? Linearità e coerenza suggerirebbero al ministro di farsi da parte, e al premier di invitarlo caldamente a un gesto del genere. Nell'attesa, c'è però da compiere almeno un atto di elementare trasparenza, staremmo per dire il minimo sindacale della correttezza verso i cittadini: governo e ministero della Salute tirino fuori i contratti stipulati e gli acquisti effettuati dalla struttura commissariale. Ci sia total disclosure, trasparenza totale: quanti soldi, quali mediazioni e commissioni, quali e quante unità merceologiche, da quali e quanti Paesi, da quali e quante società (con i relativi dettagli), e anche con tutte le informazioni rispetto agli standard qualitativi di ogni partita di mascherine, camici, respiratori, e così via. I contribuenti hanno diritto di sapere - per lo meno - come e per cosa siano stati spesi i loro soldi.
Jose Mourinho (Getty Images)