
L'Istituto dell'Enciclopedia italiana, che fra i suoi azionisti ha molti enti pubblici, farà uscire una propria collana di libri. Fra questi, accanto a saggi di indubbio valore scientifico, figurano molti testi militanti, tutti di chiara matrice progressista.Dall'educazione alla «rieducazione», da un altissimo obiettivo culturale a una saggistica iperpoliticizzata, con scivolate perfino militanti: è questa la cattiva notizia che giunge dalla Treccani. L'Istituto dell'Enciclopedia italiana - a sorpresa - fa sapere di aver messo in campo un nuovo prodotto editoriale, «Treccani libri». Lo scopo è chiaramente dichiarato nel comunicato stampa di annuncio: «Per la prima volta nella sua storia, con libri orientati primariamente alla saggistica, l'Istituto sarà presente nelle librerie e accessibile ad un pubblico più ampio». Obiettivo: «Far sentire il lettore nel vivo del dibattito e dei temi attuali, avvicinando così non solo un pubblico da sempre consolidato, ma anche quello dei più giovani». Peccato però che i primi volumi (in uscita a partire da ieri, 18 aprile, e articolati in due collane) siano solo per metà all'altezza di ciò che ci si aspetterebbe dalla Treccani. Il resto, con rispetto parlando, potrebbe tranquillamente essere edito da Feltrinelli, o non sfigurare come supplemento allegato all'Espresso: insomma, editoria militante, pubblicistica di sinistra. Tutto rispettabile, per carità: ma basta sapere di che si tratta. Isoliamo quattro opere indiscutibili per taglio e livello: il saggio dell'astronomo inglese Martin Rees; il celebre lavoro di Rita Levi Montalcini (commentato da Elena Cattaneo) sul fattore di crescita nervoso; un volume di linguistica del grande Tullio De Mauro (con un saggio di Stefano Gensini); e infine un libro del biologo-genetista-antropologo Luigi Luca Cavalli-Sforza (commentato da Telmo Piovani). Fin qui, nulla quaestio. È davvero la Treccani. Ma le cattive sorprese arrivano esaminando gli altri quattro titoli. Il primo è un volume di George Monbiot. E chi è, direte voi? È un giornalista inglese, una firma del Guardian, testata di sinistra-sinistra. Lui è uno scatenato attivista ambientalista, da 3-4 anni sostenitore di Jeremy Corbyn (il tipetto alla Gino Strada che guida il Labour inglese), e che qualche anno fa reclamava l'arresto (avete capito bene: l'arresto) di John Bolton, oggi consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, odiato da Monbiot che lo ritiene uno dei responsabili della guerra in Iraq. Il secondo saggio è di Peter Frase. Qui siamo non Inghilterra ma negli Usa, e però non ci si sposta dalla sinistra estrema. Dirige un magazine che si chiama Jacobin (e abbiamo detto tutto), nel tempo libero collabora nientemeno che con Al Jazeera, e il suo saggio Four Futures è sottotitolato: «Vita dopo il capitalismo». Cose a sinistra della Cgil, per capirci. Il terzo saggio è di due storici della scienza francesi, Christophe Bonneuil e Jean-Baptiste Fressoz: pure qui, tanto per non perdere l'abitudine, siamo su una linea di integralismo ambientalista, di estremismo anti sviluppo. E il quarto - non poteva mancare - è Giuliano Amato in persona, l'ex presidente della Treccani (oggi nel Comitato d'onore), che accompagna con un suo saggio una raccolta di scritti europeisti di Altiero Spinelli. E, con tutto il rispetto per Spinelli e il Manifesto di Ventotene scritto insieme a Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, scegliere quello specifico posizionamento per parlare di Europa è una scelta massimamente politica. Sarebbe stato opportuno - quanto meno - immaginare anche un altro testo, offrire due stimoli diversi e contrapposti, alimentare la discussione, anziché adottare un solo punto di vista. Ma non c'è da stupirsi, se consideriamo chi sono i padri di questa iniziativa, i membri del Comitato editoriale di «Treccani Libri»: Franco Gallo, dal 2014 successore di Amato alla guida dell'Istituto (già ministro delle Finanze dei governi di centrosinistra ed ex presidente della Corte Costituzionale), e poi una serie di personalità che riassumono tutte le sfumature del rosso (rosso, rosso antico, rosso Renzi, ecc): da Massimo Bray a Goffredo Fofi, passando per Giuliano da Empoli. La conseguenza è che tutte le sfumature di pensiero alternative alla sinistra (conservatrici, liberali classiche, eurocritiche, di destra tradizionale, o nazionale, o sociale) sembrino totalmente prive di cittadinanza. La cosa è grave non solo per evidenti ragioni culturali, ma anche perché la Treccani non è un istituto qualsiasi. Certo, da anni è una spa; da circa un decennio non è più finanziata nella ben nota «tabella triennale» delle istituzioni culturali che percepiscono finanziamenti pubblici diretti; provvede da sé attraverso aumenti di capitale (nel 2017, l'aumento è stato di 19 milioni). E però la sua dimensione pubblica resta fortissima. Almeno per tre ragioni. Primo: perché il suo presidente è nominato dal presidente della Repubblica (su proposta del presidente del Consiglio, dopo deliberazione del Consiglio dei ministri). Secondo: perché è soggetta a controllo della Corte dei Conti. Terzo: perché la compagine degli azionisti, accanto a Bankitalia e a una decina tra banche e fondazioni bancarie, vede schierati una serie di giganti pubblici, dal Poligrafico alla Rai, passando per la Cassa Depositi e Prestiti. Proprio dall'ultima Relazione della Corte dei Conti (novembre 2018) abbiamo tratto molte informazioni: non solo sulla compagine societaria, ma sulla governance (un presidente, un cda di 20 membri destinati a salire a 25, un comitato esecutivo di 8 membri più il presidente, un direttore generale, un comitato d'onore), fino alla lista degli emolumenti (75.000 euro annui per il presidente, per i curiosi). L'auspicio è che l'Istituto, tenendo fede a una tradizione che viene dal 1925 e dall'intuizione dell'imprenditore lombardo Giovanni Treccani, si concentri sulla missione che gli è propria. Sta ad esempio per giungere a compimento un'opera avviata nel 1960, il Dizionario biografico degli italiani: nel 2017 si era arrivati al 90° volume, si prevede di arrivare al 100° (ed ultimo) nel 2020. Quello è ciò che gli italiani si aspettano dalla Treccani: non altra editoria di sinistra e militante.
Zohran Mamdani (Ansa)
Il pro Pal Mamdani vuole alzare le tasse per congelare sfratti e affitti, rendere gratuiti i mezzi pubblici, gestire i prezzi degli alimentari. Per i nostri capetti progressisti a caccia di un vero leader è un modello.
La sinistra ha un nuovo leader. Si chiama Zohran Mamdani e, anche se non parla una sola parola d’italiano, i compagni lo considerano il nuovo faro del progressismo nazionale. Prima di lui a dire il vero ci sono stati Bill Clinton, Tony Blair, José Luis Rodriguez Zapatero, Luis Inàcio Lula da Silva, Barack Obama e perfino Emmanuel Macron, ovvero la crème della sinistra globale, tutti presi a modello per risollevare le sorti del Pd e dei suoi alleati con prime, seconde e anche terze vie. Adesso, passati di moda i predecessori dell’internazionale socialista, è il turno del trentaquattrenne Mamdani.
Antonio Forlini, presidente di UnaItalia, spiega il successo delle carni bianche, le più consumate nel nostro Paese
Ursula von der Leyen (Ansa)
Sì al taglio del 90% della CO2 entro il 2040. Sola concessione: tra due anni se ne riparla.
L’Europa somiglia molto al gattopardo. Anzi, a un gattopardino: cambiare poco perché non cambi nulla. Invece di prendere atto, una volta per tutte, che le industrie europee non riescono a reggere l’impatto del Green deal e, quindi, cambiare direzione, fanno mille acrobazie che non cambiano la sostanza. Per carità: nessuno mette in dubbio la necessità di interventi nell’ambiente ma, fatti in questo modo, ci porteranno a sbattere contro un muro come abbiamo già ampiamente fatto in questi anni.
Ansa
L’aggressore di Milano aveva avuto il via libera dal Tribunale di Brescia nel 2024.
È la domanda che pesa più di ogni coltellata: come è stato possibile che, nel dicembre 2024, il Tribunale di Sorveglianza di Brescia - competente anche per Bergamo - abbia dichiarato «non più socialmente pericoloso» Vincenzo Lanni, l’uomo che lunedì mattina, in piazza Gae Aulenti, ha colpito una donna sconosciuta con la stessa freddezza di dieci anni fa? «La cosa che mi ha più colpito», spiega Cinzia Pezzotta, ex avvocato di Lanni, alla Verità, «è che abbia ripetuto le stesse parole di quando aveva aggredito due anziani nell’estate del 2015. Anche allora si era subito accertato che stessero bene, come adesso».






