2024-11-07
Aborto e gender, asse con la Chiesa
Cardinale Thimothy Dolan (Ansa)
Papa e tycoon restano divisi su argomenti cruciali come le aperture a Pechino. Ma su temi morali e gestione dei conflitti c’è affinità tra Casa Bianca e Vaticano.«Chi è il male minore, quella signora o quel signore?», si domandava papa Francesco a proposito di Donald Trump e Kamala Harris. Nella conferenza stampa sul volo di ritorno dal viaggio apostolico del settembre scorso, Bergoglio bocciava entrambi i candidati alle presidenziali Usa, l’uno sui migranti e l’altra sull’aborto, per dare come criterio quello del «male minore» affidato alla coscienza degli elettori.Ebbene, gli elettori americani, soprattutto la classe media americana, spesso gli operai bianchi richiamati nel successo editoriale del candidato vicepresidente J.D. Vance Elegia americana, hanno valutato che tra Trump e Harris il «male minore» fosse il tycoon. Peraltro dimostrando che il voto è stato guidato soprattutto da questioni di vita concreta, come la sicurezza, il lavoro e l’economia. Poco Vangelo secondo le varie Taylor Swift, Julia Roberts, Oprah Winfrey e Lady Gaga, ma tante lettere dalla periferia, quella alle prese con i problemi della tavola, della scuola, della violenza, della immigrazione clandestina, del salario e del degrado morale.Secondo i sondaggi pubblicati dal Washington Post, dall’Associated Press e dalla NBC News, il voto cattolico ha premiato con un ampio margine Donald Trump. Nel sondaggio del Washington Post Trump ha conquistato il voto cattolico con un margine di 15 punti: 56% a 41%. Un cambiamento sostanziale rispetto alle analisi del voto 2020, quando Trump mostrava un vantaggio su Biden di soli cinque punti.Non è un segreto che tra papa Bergoglio e Donald Trump non sia mai sbocciata una grande simpatia, memorabile l’espressione di Francesco nelle foto opportunity a fianco dell’allora presidente in visita in Vaticano nel 2017. Qualcosa ora, però, potrebbe cambiare. La storia offre giravolte inattese. Il terreno fertile in cui i due potrebbero trovarsi vicini è, innanzitutto, quello della cosiddetta terza guerra mondiale a pezzi, come ama chiamarla Francesco, specialmente sul fronte russo-ucraino, quello per cui Trump si è speso in campagna elettorale per arrivare presto a un accordo, cercando una soluzione al conflitto che riparta anche da un nuovo dialogo con Mosca. È, più o meno, la linea che il Papa e la Santa Sede percorrono fin dall’inizio dell’aggressione russa a Kiev. Rimarrà una certa freddezza fra il Pontefice e il presidente per quanto riguarda i rapporti con la Cina, che Francesco guarda con aperta simpatia «pastorale» mentre Trump vede in Pechino il nemico numero uno, soprattutto in campo economico. Anche a Gaza la situazione è più complessa, sebbene anche ieri Trump abbia ribadito, un po’ enfaticamente, «Io metterò fine alle guerre».Ma Trump e Bergoglio potrebbero trovarsi insieme su terreni meno scontati e spesso dimenticati dal mainstream che, magari, plaude alle uscite sui migranti di Francesco. Il Papa che ha definito «sicari» i medici che praticano aborti, che ha parlato di aborto come «omicidio» e del «gender» come «sbaglio della mente umana», ha in Trump un interlocutore più vicino di Kamala Harris e perfino dell’ex presidente «cattolico» Joe Biden. Nella sfera più strettamente intraecclesiale Francesco, nei suoi anni di pontificato, ha cercato di condurre la Chiesa americana verso una «conversione pastorale» per trascinarla fuori da quella «guerre culturali» che lui ritiene «vessillo di lotte mondane», come disse a Washington nel 2015. Una «conversione» non proprio andata a buon fine, visto che l’episcopato Usa è sempre rimasto piuttosto fermo su una sua linea di attivismo culturale fedele alla dottrina sociale. Quando Kamala Harris ha disertato la cena di beneficenza di Al Smith Foundation, il cardinale Timothy Dolan aveva profetizzato: «Non accadeva da 40 anni, da quando Walter Mondale ha rifiutato l’invito. E ricordate ha perso 49 Stati su 50…».Il voto per Trump dimostra che la gente, il popolo di Dio, vota sempre meno in base a principi ideali e sempre di più per questioni concrete, di buon senso. Forse, oltre agli ultimi, occorre pensare anche ai penultimi perché qualcosa nel mondo inclusivo e globale è andato storto.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)