
- Franz Botré, il direttore del mensile Arbiter: «Il nostro “Essere e vestire" è un libro sui guardaroba di 43 personaggi. Una lezione di stile».
- Rolex premia i progetti visionari di chi vuole il benessere del mondo. Gli Awards for enterprise della Casa svizzera a cinque idee su natura, lima e medicina.
- Corea e Italia. Gli scatti di Hooncheol Ko raccontano lo stile di Alessandro Squarzi.
- Pitti Bimbo: a Firenze va in scena l'osservatorio per le novità di un settore moda in continua evoluzione.
Lo speciale comprende quattro articoli.
In un mondo che corre alla velocità del suono, loro vanno al massimo a 100 all'ora, meglio con una spider anni Cinquanta. In una moda che sforna novità ogni settimana, loro vanno dal sarto che tra misure e prove ti consegna l'abito dopo un mese. Non sono schiavi della fretta ma solo dello stile e dell'eleganza. «Loro», perché sono una tribù, come li definisce Franz Botré, direttore del mensile Arbiter, sono tutti lettori abbonati al giornale, 5.000 aficionados che vivono di sartorialità e valori del passato ma nella contemporaneità. Arbiter ha anche un sottotitolo che la dice lunga sulla sua filosofia: «Giornale di piaceri e virtù maschili». Ci sono tutti i vizi degli uomini condivisi tra uomini. «Unico giornale maschile fatto per uomini a cui piacciono ancora le donne, attenti ai valori e al coraggio».
È una soddisfazione sapere che questi uomini esistono ancora, dati per dispersi da tempo con l'avvento della moda industriale, dell'omologazione dei gusti, del livellamento delle scelte e con dell'annullamento della galanteria. «Siamo diventati tutti uguali, sino ad arrivare allo sdoganamento del pensiero unico per legge», scrive Botré in un editoriale. Ma è proprio sfogliando Arbiter che si capisce quanto sia fuori dal coro il suo modo di guardare il mondo e, allo stesso tempo, quanto non si senta fuori luogo in una società che ha deciso di trascurare il bello e il ben fatto. Ma il bel vivere, l'attenzione ai particolari, il prediligere il made in Italy, la cura dei propri oggetti e la cultura dell'artigianalità (che spazia da un'auto, a una pipa, a un orologio, a una stilografica) non sono requisiti dei ricchi ma il prezioso patrimonio che ognuno si è costruito in una vita.
Arbiter racchiude tutto questo e molto di più. «La storia del giornale parte da lontano, dal 1935. Allora si chiamava Lui, la rivista per l'uomo italiano, diventa Arbiter durante il periodo fascista rifacendosi a Petronio, l'uomo più elegante del Senato romano».
Il tema, sempre l'eleganza italiana.
«Eravamo i più grandi e non ce n'era per nessuno. Basti pensare che il direttore di allora, in piena guerra, scriveva gli editoriali con richiami alla patria ma all'interno si parlava solo di vestiti, di tessuti, era incredibile la capacità di estraniarsi, giornalisticamente, dal momento che si stava vivendo. Nel 1962 Arbiter organizza la prima sfilata uomo a Sanremo, sfilavano i sarti con i loro clienti che non sempre erano disponibili. Da lì la necessità di avere dei modelli, figure che nascono in quell'occasione. Si chiamava Festival della sartoria e della moda e, visto il successo, nacque il Festival della canzone».
Ma poi, negli anni, Arbiter si perde e non se ne sente più parlare.
«Io l'ho conosciuto quando ero in Rusconi, a Gente Viaggi. Già all'epoca mi piaceva un certo tipo di vita. Era difficile fare allora un giornale di quel genere mentre nascevano gli Armani, i Trussardi, i Ferré, i Versace. Quando sono partito con Gentleman ho creato la mia piccola casa editrice e da lì ho dato vita a Monsieur, dove parlavo di made in Italy e fatto a mano. Intanto pensavo ad Arbiter. Nel 2010 riesco a portarlo a casa e inizia a essere un inserto sulla sartoria all'interno di Monsieur che dopo cinque anni sparisce, mentre parte Arbiter».
Ogni copertina è un'opera d'arte, ogni servizio è come una lezione di stile.
«È una rivista particolare, con parti tradotte in latino. Così come ho coinvolto i ragazzi di un liceo, ho pure tenuto lezioni di eleganza alla Bocconi facendo un libretto di dress code. In questo modo si porta avanti il concetto di arbiter elegantiarum e i giovani toccano con mano un modo di vestire personale e si avvicinano alla nostra filosofia».
Cosa non deve mai fare l'uomo di stile?
«Primo, non deve mai seguire le mode. Noi seguiamo i modi non le mode. La cravatta è un baluardo importante. Mai andare in giro senza calze. Questi uomini con abito e pantalone corto dal quale si vede sbucare il fantasmino, le “mutande da piede", sono incredibili».
Eleganza impegnativa, la vostra, che arriva perfino all'armadio dei desideri presentato al Pitti, con due ante frontali come un grande baule da viaggio. Costo 60.000 euro.
«È un'invenzione straordinaria, avevo questa scintilla da tempo. È un guardaroba intelligente, tecnologico che si ispira al dannunziano “Armadio dell'uomo moderno". Abbiamo portato la nostra cultura all'interno di questa cabina che è poi la cabina di un arbiter elegantiarum. Persone che acquistano le stoffe per poi andare dal sarto e hanno una cura maniacale nel riporre la giacca su una gruccia con la misura perfetta delle proprie spalle, devono anche avere il luogo perfetto per appendere abiti eterni, non usa e getta, che mai devono essere pressati tra di loro. E all'interno, una parte speciale: il refresh butler di V zug. I capi vengono rinfrescati neutralizzando gli odori, riducendo le pieghe, e vengono anche asciugati e igienizzati».
Non poteva mancare il libro: Essere e vestire - Il Guardaroba.
«Questo è il secondo. Il primo era sulla sartoria, abbiamo fotografato 27 sarti e il loro lavoro. In questo ci sono 43 personaggi che ci hanno aperto i loro armadi facendo entrare il lettore nel vivo di cose straordinarie. È un libro che insegna ad avere cura di sé stessi e delle cose che si comprano secondo regole che tanti non conoscono. Si parla di lusso ma non si usano parole fondamentali come disciplina e rigore che invece si ritrovano in quei guardaroba dove ci sono metodo, passione, amore. È una forma di rispetto per i soldi spesi. È disciplina mentale. Ma non tutti gli uomini vivono di rigore e disciplina».
Rolex premia i progetti visionari di chi vuole il benessere del mondo
Chiunque può cambiare il mondo. È partendo da questa convinzione che da oltre 40 anni Rolex continua a far vivere l'eredità del suo fondatore, Hans Wilsdorf, aiutando gli esploratori contemporanei nella loro missione: assicurare al pianeta un avvenire perpetuo. La campagna Rolex awards for enterprise infatti, istituita nel 1976 da André Heiniger, l'allora presidente dell'azienda svizzera, per commemorare il cinquantesimo anniversario dell'Oyster, il primo orologio da polso impermeabile al mondo, anche quest'anno ha selezionato cinque vincitori che riceveranno finanziamenti e altri aiuti per i loro progetti volti a migliorare la vita sul nostro pianeta.
A differenza della maggior parte dei programmi di finanziamento, però, i Rolex awards non nascono per premiare i risultati del passato, ma vengono assegnati a progetti nuovi o ancora in corso di sviluppo, che siano di pronta realizzazione o idee visionarie in fase embrionale. Una delle peculiarità di questo riconoscimento è che praticamente chiunque può candidarsi: l'unico requisito è la maggiore età, e ciò ha permesso a molte persone estranee all'ambiente delle lobby scientifiche e delle istituzioni specializzate di avere accesso a fondi altrimenti irraggiungibili.
Tra loro c'è un tassista parigino diventato un'autorità mondiale sui coleotteri nepalesi, un biochimico messicano profondo conoscitore della tradizione di musica popolare del suo Paese e uno scienziato amatoriale americano che ha permesso agli studenti di tutto il mondo di monitorare i dati atmosferici.
«Abbiamo creato i Rolex awards for enterprise nella convinzione che come azienda avessimo la responsabilità di contribuire attivamente a migliorare la vita sul nostro pianeta e con il desiderio di promuovere i valori che ci stanno a cuore: qualità, ingegno, determinazione e, soprattutto, spirito di iniziativa», diceva nel 1976 Heiniger e da più di 40 anni i principi su cui si fondano questi riconoscimenti non sono cambiati.
Per Wilsdorf, il mondo era un laboratorio a cielo aperto e i cinque vincitori del 2019 sembrano averlo preso in parola. Progetti lontanissimi l'uno dall'altro e che toccano i temi più svariati: la salvaguardia dell'Amazzonia e dell'arapaima, il pesce d'acqua dolce più grande del mondo, del brasiliano Joao Campos-Silva; la costruzione di un «ponte» elettronico tra spina dorsale e cervello che potrebbe permettere ai paralitici di tornare a camminare del francese Grégoire Courtine; il Matiscope dell'ugandese Brian Gitta, un dispositivo capace di verificare la presenza del virus della malaria senza campioni di sangue; l'innovativo processo di produzione che trasforma la plastica non riciclabile in prodotti chimici di valore della canadese Miranda Wang; e la battaglia dell'indiana Krithi Kanth determinata a ridurre i conflitti tra la fauna selvatica e le popolazioni che abitano vicino ai parchi nazionali grazie a un servizio telefonico gratuito.
«Ora più che mai abbiamo bisogno di persone che ci mostrino come risolvere i problemi che l'umanità si trova ad affrontare con spirito di iniziativa e determinazione», ha dichiarato Arnaud Boetsch, direttore comunicazione e immagine di Rolex.
I benefici portati dai progetti vincitori in passato sono stati tangibili: i programmi ambientali hanno permesso di piantare 18 milioni di alberi, proteggere 23 specie a rischio e 17 ecosistemi, scoprire centinaia di nuove specie, portare a termine 13 spedizioni e sviluppare 27 tecnologie innovative con un ampio ventaglio di applicazioni.
Visti tutti questi successi, il 29 maggio 2019 Rolex ha lanciato Perpetual planet, una campagna che comprende i Rolex awards for enterprise e il potenziamento della collaborazione con la National geographic society al fine di studiare l'impatto del cambiamento climatico e proteggere gli oceani attraverso una rete di Hope spots (ovvero luoghi di speranza) marini protetti.
Corea e Italia. Gli scatti di Hooncheol Ko raccontano lo stile di Alessandro Squarzi
L'autore e fotografo coreano Hooncheol Ko ha presentato negli gli spazi espositivi del Leica Store di Milano la mostra dedicata al libro Amico mio. A four year journey with Alessandro Squarzi e alcuni scatti inediti con tanto di tavola rotonda con i protagonisti.
Il libro, frutto del lavoro di quattro anni del fotografo Ko racconta a 360 gradi la vita dell'imprenditore della moda Alessandro Squarzi, immortalato attraverso l'obiettivo di una Leica M3 e di una Leica M6.
Il legame tra autore e soggetto nasce in maniera spontanea permettendo al fotografo di entrare subito in sintonia con il personaggio e di crescere artisticamente di pari passo con il progetto. Attraverso il suo lavoro, nonostante la giovane età e la differenza culturale riesce a far emergere l'uomo che sta dietro all'imprenditore, con le sue difficoltà, le sue emozioni, il rapporto con la figlia Allegra e soprattutto il suo "modo di fare tutto italiano".
La mostra intende esaltare quegli aspetti di indagine visiva che sono cifra stilistica del fotografo. L'autore, sempre alla ricerca dello scatto che testimoni l'emozione, attraverso i gesti, gli sguardi e le pose del soggetto ne esalta la personalità e il carattere da self made man italiano. «Quando abitavo a Londra» racconta «intrapresi un piccolo progetto fotografico che sarebbe dovuto diventare il mio progetto di laurea, 4 o 5 foto che ritraevano un personaggio dallo stile italiano, un piccolo reportage "familiare". Si è trasformato in un progetto di 4 anni e ancora in corso, da cui è nata una profonda amicizia e una grande stima ma soprattutto una ricerca. Dopo essermi trasferito in Italia ho potuto apprezzare il punto di vista personale di un business man della moda, l'uomo dietro il personaggio, vederne le sfaccettature e imparare cosa significa essere un Italian man».
Alessandro Squarzi, un talent scout, nonché uno degli uomini più fotografati dagli street style blogger del mondo ha iniziato la sua attività nel fashion business negli anni Novanta. Non è solo un geniale venditore, ma capisce prima degli altri il potenziale di alcuni brand oggi molto noti. Tra il 2011 e il 2013 crea tre nuovi brand: Fortela, AS65 e Atlantic Stars. Grande appassionato di vintage, è uno dei più grandi collezionisti italiani del settore, nonché collezionista di auto e moto d'epoca.
I suoi ritratti, a firma dell'amico Scott Schuman - uno dei più celebri street photographer e autore dei libri fotografici The Sartorialist - lo hanno reso un volto molto noto nella comunità fashion del web. Il suo profilo Instagram è seguito da migliaia di follower di tutto il mondo che lo hanno eletto un'icona della moda maschile. In paesi come Giappone e Corea, storicamente legati alla moda italiana, Alessandro Squarzi è considerato non solo un'icona di stile in termini assoluti, ma anche un interprete genuino del vero Italian lifestyle.
Pitti Bimbo: a Firenze va in scena l'osservatorio per le novità di un settore moda in continua evoluzione
Un totale di 603 collezioni, di cui 399 provenienti dall'estero (il 62%). E ancora: 5.350 compratori complessivi (dei quali 2.450 esteri) e oltre 10.000 visitatori all'ultima edizione estiva.
Questi i numeri di Pitti Bimbo, osservatorio privilegiato per conoscere le novità della moda bimbo e del suo lifestyle e una mappatura del settore in continua evoluzione, che a giugno lancia appunto la grande novità del nuovo progetto The Kid's Lab!. Assieme a questa nuova dimensione, e con una segmentazione sempre più precisa, a Pitti Bimbo vanno in scena le griffe e i brand affermati – altra grande novità è la prima partecipazione del Gruppo Armani con la linea junior di Emporio Armani, accanto alla partecipazione di altri big names della moda bimbo – passando per la vocazione sartoriale di Apartment che festeggia il suo decimo compleanno, il dinamismo di Sport Generation e l'anima urban di Superstreet. Per approdare al sempre più importante ed esteso pianeta lifestyle: che prende vita dal design pop di Fancy Room e agli Editorials che esplorano una serie di trend complementari al guardaroba. Una tappa irrinunciabile per i buyer dei grandi department store, le boutique, i concept store, i siti di e-commerce, i negozi indipendenti e tutti coloro che lavorano con il sempre più trasversale pianeta delle collezioni bimbo.
Tra le tendenze i bambini vestono più comodo, in modo più semplice e simile ai genitori. Meno principi e principesse. La collezione Twinset Girl primavera estate 2020 è caratterizzata da un travolgente mix di colori esotici e street che si traducono in un originale stile Urban Jungle. Nella capsule Mini Me il guardaroba della mamma viene reinterpretato per dar vita a nuovi look da condividere con la figlia. La collezione Ermanno Scervino Junior per la SS 2020 gioca con i pattern, animando i capi sartoriali della Maison con fantasie originali e colorate, illuminate da strass e glitter, prendendoispirazione dalla collezione donna. Una proposta fresca e dinamica, suddivisa in quattro temi per venire incontro alle esigenze di qualsiasi bambina. La linea bambino Armani Junior nasce nel 1982 e da subito ha offerto capi creati per i diversi momenti della vita dei bambini e dei ragazzi: un felice abbinamento tra sensibilità, moda, comfort, qualità e disinvoltura. Oggi la collezione - confluita nella linea Emporio Armani dalla stagione autunno/inverno 18/19 - comprende la proposta dedicata al newborn e baby (0 – 36 mesi), la linea junior girl (4 - 14 anni) e la linea junior boy (4 -16 anni).


























