2021-07-11
A viale Mazzini la manager londinese e l’uomo dei salotti (anche parigini)
Carlo Fuortes e Marinella Soldi, nuovi ad e presidente Rai, sono entrambi cari alla sinistra. Lui è ubiquo nelle istituzioni capitoline e ha la legione d'onore francese, lei fu la produttrice del Matteo Renzi «documentarista».Il figlio prediletto della gauche carbonar romana e la manager fiorentina, ma di scuola londinese, che stregò Matteo Renzi. Carlo Fuortes e Marinella Soldi, indicati da Mario Draghi e Daniele Franco rispettivamente come prossimi amministratore delegato e presidente della Rai, confermano una sorta di regola non scritta, basata su un sillogismo. Ovvero, che la Rai sarebbe «la più grande azienda culturale del Paese». Che la cultura, a sua volta, «è di sinistra» e quindi viale Mazzini va affidato a gente di sinistra. Non è un caso, se ieri le reazioni più festose per le due nomine siano arrivate dal Pd nazionale, laziale e romano (erano in festa anche i Municipi) e da Italia viva. Da quasi un quarto di secolo Fuortes, 61 anni, romano di origini salentine, è forse il più brillante manager culturale della sinistra romana. Laureato alla Sapienza in statistica ed economia, lanciato da Francesco Rutelli, cresciuto all'ombra di Walter Veltroni e Goffredo Bettini, Fuortes ha diretto praticamente tutte le istituzioni culturali della Capitale, dalla musica ai teatri, passando per le Scuderie del Quirinale, con l'eccezione (forse) del museo etnografico e preistorico dell'Eur. Capace del pugno di ferro con direttori d'orchestra e dipendenti scansafatiche, quando gli parli a quattr'occhi è uno veramente de sinistra, tra «cultura per tutti» e sovvenzioni statali a pioggia per arginare il privato. Privato che quando assumeva le sembianze di un Silvio Berlusconi diventava Satana. Poi, arrivata la sera, il compagno Fuortes indossa lo smoking e con la solida prua del suo naso teatrale solca sorridente il foyer dell'Opera, dove abbraccia con identico calore Virginia Raggi e Giovanna Melandri, Gianni Letta e Nicola Zingaretti, Ignazio Marino e Dario Franceschini (il ministro che nel 2015 lo ha confermato alla guida dell'Opera di Roma), oltre al consueto corteo di damazze romane che aiuterebbero a geolocalizzarsi correttamente anche nell'intervallo della più raffinata opera austriaca. A scanso di equivoci, va detto che Fuortes è un ottimo manager nel suo ramo. Un ramo che per sua sfortuna deve fare i conti con la politica, con i fondi sempre in forse, con mattane e capricci di artisti e registi, con gli scioperi la sera della prima. Il primo mentore del futuro presidente Rai è stato Rutelli, che a maggio del 1998, da sindaco, lo nomina nel cda del Teatro Stabile e di Santa Cecilia. Il comunicato del Campidoglio dell'epoca lo descrive come «economista della cultura», qualunque cosa voglia dire. Dal 2002 al 2003, dirige Palazzo delle Esposizioni e le Scuderie del Quirinale di Roma. Poi, fino al 2015, dà forma (e amministra) all'Auditorium parco della musica, mischiando sempre i generi e mettendo a profitto anche la propria insospettabile passione per la musica pop. Dal 2013 dirige l'Opera di Roma, che ha saputo tenere a galla anche con il Covid, inventandosi con Mario Martone opere da trasmettere direttamente sulla Rai. Amato dalla sinistra romana, Fuortes si è saputo guadagnare la stima anche di personaggi diversissimi come Gianni Alemanno e Virginia Raggi. E perfino Carlo Calenda, che di solito ha da ridire su tutto e tutti, ha stima incondizionata di lui, tanto che l'estate scorsa lo propose come sindaco. A Federico Mollicone, membro della Vigilanza Rai in quota Fratelli d'Italia e grande conoscitore della politica romana, scappò una battutaccia: «Non vorremmo che Calenda avesse confuso il loggione con la loggia». Ma Fuortes pare che non ne sapesse niente e si chiamò immediatamente fuori. Ma il futuro presidente Rai non sarebbe un perfetto della gauche carbonar se non fosse di casa a Palazzo Farnese, sede dell'ambasciata di Francia. Perché se a dicembre del 2018 Sergio Mattarella e la Repubblica italiana si sono ricordati di lui, nominandolo commendatore, va detto che la Francia gli aveva dato la Legion d'onore già nel luglio 2015. E così, Fuortes va ad aggiungersi agli altri illustri legionari del Pd come Enrico Letta, Piero Fassino, Dario Franceschini, Massimo D'Alema, Walter Veltroni e Franco Bassanini. E mentre resta l'amletico dubbio se l'amore della sinistra romana per Parigi nasca solo da problemi con l'inglese, va detto che invece la Soldi sicuramente non ha di questi ostacoli. Nata a Figline Valdarno, 54 anni, scuole a Londra fin da bambina, si è laureata alla London School of Economics e ha lavorato in posti come McKinsey e Mtv, prima di guidare per dieci anni il network tv di Discovery per tutto il Sud Europa. Soldi ha rifiutato la Rai due volte: la prima nel 2013 e la seconda nel 2015, quando fu Renzi a chiamarla. Ma lei aveva ancora da finire il suo lavoro per Discovery e con grande serietà rifiutò. Di quella stagione renziana, le resta un coinvolgimento piuttosto curioso. Quando l'ex Rottamatore si rottamò da solo con il referendum costituzionale, produsse un documentario dal conturbante titolo «Firenze secondo me». Rai e Mediaset si rifiutarono di comprarglielo, ma Donna Marinella non seppe dire di no e l'opera andò in onda a dicembre del 2018. Negli ultimi anni, dopo aver fatto il capo azienda per una vita, si è dedicata a guidare la Fondazione Vodafone e ai consigli di amministrazione. Guardando i curriculum, verrebbe spontaneo pensare a Soldi come amministratore delegato e a Fuortes come presidente. Ma trattandosi della Rai, cioè di un posto ai confini della realtà sia economica sia gestionale, non stupisce che perfino il banchiere Draghi abbia affidato le chiavi di Viale Mazzini al «politico» romano e la presidenza alla manager del settore. Quando la donna è vittima delle quote rosa, che valgono solo per i ruoli non operativi.