2025-02-28
Tensioni fra energivori e produttori: a rischio la partita sull’idroelettrico
Fronti opposti dentro Confindustria fra chi vende e chi compra elettricità. Sullo sfondo, la trattativa in corso fra Italia ed Europa sulle concessioni: chi tira per la giacchetta il governo può far fallire un tavolo cruciale.Oggi il Consiglio dei ministri partorirà un importante step per il nucleare e un testo mirato a calmierare un po’ il prezzo delle bollette. La strada presa, in poche parole, è quella di innalzare la soglia degli aiuti. Un modo per tamponare i picchi e arrivare all’estate. È chiaro che servono soldi (ben più di 4 miliardi) e un punto di caduta che non scivoli nel concetto, tanto avversato dall’Ue, degli aiuti di Stato. Sappiamo però chiaramente che il problema andrebbe risolto a monte, ma per farlo bisogna rivoltare come un calzino il mix energetico e l’intero sistema degli aiuti. Invertire un percorso avviato oltre 25 anni fa tramite le lenzuolate di Pier Luigi Bersani, sulle quali è stato innestato a freddo lo schema delle rinnovabili, non è per nulla semplice. Lo si potrà fare una volta per tutte quando l’Italia avrà un nuovo mix, quello in cui il pilastro principale si basa sull’atomo. Nel frattempo a rendere più burrascoso il mare dell’energia ci sono le tensioni internazionali, le guerre e l’instabilità politica dell’Europa. È comprensibile che il governo pensi intanto a tappare le falle e a evitare l’impatto sulle famiglie. La bassa marea energetica ha però fatto emergere un conflitto latente tra produttori di energia e grandi consumatori che vanno sotto il nome di aziende energivore. Entrambe le categorie vivono sotto il cappello di Confindustria. Da un lato c’è Elettricità futura, che riunisce anche i produttori di rinnovabili, e dall’altro Federacciai. Ieri su un blog, dove campeggia la pubblicità di Duferco, Antonio Gozzi ha redatto un editoriale che è un attacco alla controparte. Da presidente di Federacciai spiega che a oggi non si è visto alcuno spirito patriottico da parte dei grandi produttori «che, pur avendo fatto enormi profitti negli ultimi tre anni, sembrano incapaci di proporre soluzioni di sistema per aiutare le imprese industriali e le famiglie italiane, che sono i loro clienti e che oggi soffrono per il caro energia». Il dito è puntato direttamente contro aziende di Confindustria colpevoli, a suo dire, di non rinunciare ai profitti. Gozzi ha però una ricetta. «Da molte parti si chiede quindi il disaccoppiamento, o decoupling, del prezzo dell’elettricità prodotta con le due differenti tecnologie, gas e rinnovabili», sintetizza. «Ne ha parlato più volte Draghi sia da presidente del Consiglio sia da estensore del rapporto sulla competitività europea per Ursula von der Leyen, e ne parlano sempre più spesso associazioni e operatori di mercato». Peccato che la «separazione delle carriere» dell’energia non sia così facile. Almeno senza minare metà economia italiana. Il numero uno di Federacciai per giunta omette un dettaglio. Le aziende energivore incassano ogni anno molto più di 2 miliardi di sussidi diretti e indiretti. Una somma che poi finisce in bolletta e va a gravare sui portafogli dei cittadini e delle altre aziende. Ecco perché a questo gioco metà comparto imprenditoriale non ci sta. Fin qui, il rischio è tutto politico. Elettricità futura uscirà da Confindustria? I rapporti si raffredderanno ulteriormente? Peccato, ma siamo certi che gran parte degli italiani dormirà comunque tranquilla. Il fatto più delicato consisterebbe in eventuali effetti collaterali dei quali già adesso si vedono le sbavature. Uno dei motivi per cui il decreto Bollette ha tardato (per carità, un motivo più che secondario) sta nel fatto che gli energivori si sono infilati nel dibattito sul futuro dell’idroelettrico e della riforma del modello concessorio imposto dal governo di Mario Draghi con la scusa del Pnrr. L’obiettivo sarebbe quello di garantire una quota a prezzo calmierato proveniente dall’idroelettrico da destinare a chi consuma tanta energia. Un elemento non facile da digerire per un comparto che richiede e richiederà in futuro ingenti investimenti. Ma la partita sull’idroelettrico non può in alcun modo essere attraversata da tensioni tra bande. La partita dell’idroelettrico è fondamentale per la sovranità del Paese e la politica non va in alcun modo tirata per la giacchetta. Dalle colonne della Verità il ministro Tommaso Foti poche settimane fa ha annunciato l’avvio della trattativa con l’Ue per garantire all’Italia investimenti e concessioni di lungo termine, per di più in congruità con il resto dell’Europa. Va ricordato che siamo il solo Paese ad aver aperto a gare europee con il concreto rischio di spezzettare il settore e lasciarlo (almeno in parte) in mano a operatori stranieri. Secondo un rapporto dell’Aie, Agenzia internazionale dell’energia, dedicato al settore idroelettrico, nel 2020 questa tecnologia ha fornito un sesto della produzione mondiale di elettricità con quasi 4.500 Twh, il 55% in più rispetto al nucleare, attraverso una potenza impegnata di 1.330 Gw. Si tratta della più grande fonte mondiale di energia pulita che produce più di tutte le altre rinnovabili messe assieme. Per questo i nostri bacini idroelettrici interessano tanto a francesi e a altri cugini europei. La stortura di Draghi va corretta al più presto, pensando solo agli interessi dell’Italia da qui a 30 anni e non agli interessi di breve termine.
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