2024-05-04
A Firenze il Pd trema e blinda le poltrone
In vista delle Comunali di giugno i dem si prendono tutti gli incarichi possibili, per mantenere il potere nel capoluogo toscano anche in caso in di sconfitta. Leonardo Bassilichi, vicino a Nardella, verso il terzo mandato al vertice della Camera di commercio.Com’è triste Firenze, soltanto dieci anni dopo… L’aria veneziana di Charles Aznavour è il refrain nel cuore pulsante della Toscana non più felix (a sinistra), dove la politica sfuma in una laguna, anzi in un pantano. La decisione del centrodestra di sostenere, compatto, Eike Schmidt, ex direttore degli Uffizi, nella corsa per Palazzo Vecchio ha spiazzato i democratici che annusano, seriamente, aria di ballottaggio. Era successo già a Matteo Renzi di dover ricorrere al secondo turno, contro la stella del calcio Giovanni Galli. Non era successo invece a Dario Nardella, sia nel primo che nel secondo mandato. Anzi, il violinista di Torre del Greco, si era pavoneggiato di questo primato contro il mentore Renzi («io non sono andato al ballottaggio» sorrideva) e mal gliene incolse nei mesi del Giglio magico a Palazzo Chigi. I due oggi si detestano e non perdono occasione per farlo sapere. Solo che il Pd senza Renzi, a Firenze, scricchiola. Basta fare due conti. Nardella venne confermato sindaco, nel 2019, con il 57% dei voti, ma tra i grandi sponsor c’era Renzi. Il partito pesava per il 41,23%, la lista Nardella l’8,31%, più spiccioli. I 5 stelle valevano il 7%. A sinistra della sinistra, fuori dalla giunta, raccolsero il 10%. E al centrodestra rimase poco meno del 25% con una candidatura che pochi conoscevano. Ma lo scenario oggi è completamente mutato. Intanto perché Fratelli d’Italia, con Forza Italia e la Lega guidano il governo centrale. Poi perché in tutta la regione soffia un vento nuovo, politicamente parlando. Infine perché la scelta di Schmidt, che guida una lista civica, mette in evidenza la voglia di cambiare del territorio. Sarà infatti determinante il voto dei moderati, mai così indecisi. Perché Nardella ha svenduto il Pd fiorentino trattando con la segreteria Elly Schlein un posto per le Europee, inserendo in tempi non sospetti nella propria giunta un assessore gradito ad Emiliano Fossi (ex sindaco di Campi Bisenzio, uomo della Schlein e nemico dell’aeroporto di Firenze), spedito poi a Roma, in cambio del via libera alla propria successione individuata poi in Sara Funaro. Una mossa che ha aperto varie crepe. Funaro non è passata, infatti, dalle primarie perché in molti, a Palazzo Vecchio, avevano annusato puzza di bruciato. Così un inciucio romano ha negato il parere al popolo di sinistra, non ha aperto ad alcun confronto con la candidata in pectore, Cecilia Del Re (espulsa dalla giunta dallo stesso Nardella a un paio di mesi dalla scelta) e la città ha iniziato a chiudersi come un fortino a difesa dei propri interessi. Una frattura scomposta, più profonda di quel che appare, nonostante i forzati sorrisi di Funaro che campeggiano dai maxi-poster che non raccontano molto sui dieci anni al fianco di Nardella, né del nonno Piero Bargellini, sindaco dell’alluvione del 1966.Il Pd a livello nazionale aveva chiesto «discontinuità», ma alla fine ha fatto due conti. Così l’ala più radicale, legata alla segretaria nazionale, si è tenuta la candidatura a Prato, sconfessando il governatore Eugenio Giani che aveva altre mire, e ha messo un’ipoteca sulla stessa poltrona della Regione, dove già scalpitano le ambizioni di Monia Monni che vuole sostituirsi proprio a Giani tra un anno. Fratelli coltelli, come recita un detto locale. Ma anche cugini assassini, se è per questo. Perché se al 57% di Nardella si tolgono i voti di Renzi in città (12% alle politiche), si va al ballottaggio. Renzi non tira più come nel 2019, ma in città ha i propri fedelissimi in vari punti chiave, a iniziare dal dominus Marco Carrai che, bocciato alla cybersecurity nazionale qui ha avuto gioco facile dei nardelliani. A questo si unisce il calo fisiologico del Pd che non è più robusto come un tempo. E la fuga centripeta a sinistra, benedetta dal flop di Tomaso Montanari che aveva provato a riunire le forze alternative al Pd, ma ha fallito scaricando le colpe sui 5 Stelle dell’ex amico Giuseppe Conte. Così oggi, a sinistra della sinistra, si dicono sicuri di avere almeno il 7% dei voti. Ricapitolando la candidata Funaro dovrebbe ancorarsi al 40% al primo turno, in attesa di capire se Giani avrà la forza di estromettere dalla giunta regionale la propria vice, Stefania Saccardi, cioè il nome voluto da Renzi per la conquista di Palazzo Vecchio. Entro il 13 maggio l’ardua sentenza. Un clima che in città si percepisce nitidamente dall’arrocco alle poltrone del sottopotere. Nell’incertezza, il più delle presidenze veleggia oltre le scadenze naturali. La Camera di commercio, schierata al fianco della giunta Nardella (ha venduto un palazzo per poter guidare senza risultati Firenze fiera) resterà nelle mani di Leonardo Bassilichi, ex manager della società di famiglia legata al vecchio Monte dei Paschi. Bassilichi non gode di particolari favori, ma in una gara ad excludendum, la Confcommercio fiorentina ha pensato di lasciargli campo libero dietro l’impegno di una vicepresidenza operativa. Già in passato Bassilichi (espressione degli industriali) aveva firmato addirittura un documento per lasciare la guida camerale a metà del secondo mandato, poi si è bevuto tutti. Stavolta il turno, si sussurra, sarebbe toccato agli artigiani di Cna, che non sono però riusciti a superare le secche territoriali. Si tratta di un terzo mandato, ed è già un caso. Al quale fa eco la constatazione che Antonella Mansi, ex presidente degli industriali toscani, ex vicepresidente di Confindustria nazionale, ha preso residenza al Centro di Firenze per la moda italiana (associazione proprietaria di Pitti immagine) facendo cambiare persino lo statuto, pur di poter restare in sella un terzo mandato. La scelta è stata benedetta dalla Regione, interessata a sistemare i conti disastrati di Firenze fiera che ha come cliente principale (quasi unico) Pitti Immagine. E c’è chi ha messo nel mirino le ambizioni della stessa Mansi che, uscita dal Cda del Maggio musicale (commissariato dal ministro Gennaro Sangiuliano, prima di essere affidato al neosoprintendente Carlo Fuortes, defenestrato dalla Rai) adesso si è fatta catapultare in quello di Toscana aeroporti. Dove siederà, alla corte di Carrai, al fianco di nomi e numi tra i quali spicca Veronica Berti, dea ex machina del marito Andrea Bocelli (la cui fondazione è ospite del Comune). Questo il sottobosco fitto di trappole nel quale si muove Eike Schmidt.
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