2023-03-17
«Il 45% degli studenti copia ai test»
Una ricerca dell’Università di Swansea conferma: imbrogliare agli esami universitari è una routine, dopo il Covid. Il Cimea: «Ogni anno becchiamo oltre 7.000 diplomi falsi».Un mondo di studenti potenzialmente o realmente disonesti: è questo l’impietoso ritratto che emerge da una ricerca intitolata proprio «Quanto è facile barare agli esami online e quanto è aumentato durante la pandemia», realizzata dal professor Phil Newton, neuroscienziato all’Università di Swansea. Un tema non nuovo, già trattato nel 2021 in un altro studio pubblicato su Springer, dedicato proprio alle violazioni dell’integrità accademica. I risultati della ricerca suggeriscono che la cattiva condotta è aumentata drammaticamente durante il passaggio agli esami online nato dalla pandemia di Covid, come già documentato nell’articolo di ieri su La Verità.Il dato impressionante è che la percentuale di studenti che ha risposto al sondaggio preparato dagli autori della ricerca, ammettendo candidamente di aver copiato agli esami online, è altissimo, il 44,7%; pre Covid, la percentuale era decisamente inferiore (29,9%). La motivazione è disarmante: «C’era la possibilità di farlo, l’ho fatto». Il «tradimento contrattuale», così è definito nello studio del professor Inan Deniz Erguvan, è ormai dilagante. «Quando le istituzioni sono passate all’apprendimento online durante la pandemia, la percentuale di studenti che imbrogliano è salita a livelli senza precedenti».È certamente la diffusione delle nuove tecnologie a favorire la moltiplicazione di queste frodi, soprattutto nel settore dell’istruzione: sia sui test d’accesso (Tolc) universitari, sia sullo stesso conseguimento dei titoli di laurea. La contraffazione di diplomi e di documentazione accademica e l’utilizzo di attestati di istituzioni universitarie non riconosciute e irregolari - le cosiddette fabbriche di titoli - sono talmente diffusi che esiste un centro ufficiale italiano, il Cimea, che si occupa proprio di valutazione e rilascio di certificati di riconoscimento ufficiale dei diplomi.Il fenomeno è molto diffuso, come dimostra la ricerca del professor Newton, e non riguarda soltanto gli italiani, sebbene li veda comunque in prima fila sia nella classifica del «cheating» (imbroglio) che in quella delle politiche di contrasto al fenomeno, sfruttando le stesse tecnologie che consentono la frode.«Ogni anno valutiamo circa 60.000 titoli», spiega Luca Lantero, direttore del Cimea, «20.000 ci vengono inviate dagli stessi studenti che desiderano presentarsi agli enti che li assumeranno con un certificato che attesti la veridicità sul loro titolo. Gli altri 40.000, invece, vengono direttamente dalla pubblica amministrazione e da aziende private che, prima di assumere funzionari e dirigenti e assegnare loro lo stipendio adeguato, vogliono verificare che i loro diplomi non siano falsificati». Il risultato è impressionante: il 12% degli attestati su cui il Cimea effettua le verifiche risultano falsi. «La natura del fenomeno è sistematica e strutturale», si legge nel libro Laurea Trenta e Frode, pubblicato proprio dal Cimea, ed è presente in tutti i Paesi del mondo. Al punto che è dovuto intervenire il Consiglio d’Europa istituendo, già nel 2015, la piattaforma Etined (Ethics, transparency and integrity) sulle frodi in materia d’istruzione. Il Consiglio ha appena adottato la «Raccomandazione sulla lotta contro le frodi sull’istruzione», concepita proprio dal Cimea, che porterà all’istituzione di un Osservatorio sulle frodi educative che sembra avrà sede proprio, e non a caso, in Italia.Oltre al ritorno ai test in presenza, una delle soluzioni su cui gli esperti stanno lavorando per prevenire le frodi è l’«open book exam», l’esame con il libro aperto. Questo nuovo tipo di verifica prevede che il docente, anziché testare l’allievo su una mole di nozioni, lo esamini con il libro aperto sulle connessioni logiche non scritte. La definiscono «nuova metodologia», ma in realtà è il sistema usato da sempre: nozionismo di massa e quiz a risposta multipla mostrano i segni del tempo.