I dati Aci sull’esperimento di Olbia smentiscono clamorosamente i motivi di sicurezza accampati da Matteo Lepore a Bologna una volta venuto a cadere il paravento verde (infatti a passo d’uomo si inquina anche di più): gli scontri aumentati del 21%, i ricoveri del 30%.
I dati Aci sull’esperimento di Olbia smentiscono clamorosamente i motivi di sicurezza accampati da Matteo Lepore a Bologna una volta venuto a cadere il paravento verde (infatti a passo d’uomo si inquina anche di più): gli scontri aumentati del 21%, i ricoveri del 30%.Poche cose come i numeri aiutano a combattere l’approccio ideologico ai problemi. E se si guardano le statistiche degli incidenti a Olbia, Comune sardo di 60.000 abitanti che dal 2021 ha introdotto i limiti di velocità a 30 chilometri orari, si scopre che i morti sono rimasti stabili, in compenso incidenti e feriti sono aumentati rispettivamente del 21,3% e del 30,8%. Insomma, visto che il sindaco, Settimo Nizzi, di Forza Italia, da giorni è portato in giro dalla sinistra come la Madonna pellegrina per benedire la scelta di Bologna, se proprio non si vuole ammettere che la misura non centra l’obiettivo dichiarato, allora bisogna dire che i 30 orari portano iella. Quattro giorni fa, nel pieno delle polemiche per la decisione del primo cittadino di Bologna, il piddino Matteo Lepore, il suo collega di Olbia ha rivendicato con orgoglio di aver imposto i 30 orari dal primo giugno 2021. «La popolazione è più sana e felice», ha raccontato all’Ansa, con l’agenzia di stampa che garantiva: «I numeri gli stanno dando ragione». Magari saranno i numeri degli incidenti del 2023, che però Aci e Istat daranno solo tra qualche giorno e solo per la prima metà dell’anno. Quelli vecchi sono questi: tra il 2021 e il 2022, a Olbia il numero totale di incidenti è passato da 216 a 262 (+21,3%), il numero dei morti è rimasto stabile a quota 3 e quello dei feriti è lievitato da 279 a 365. O i guidatori locali sono improvvisamente rimbambiti, oppure passare dai 50 ai 30 orari non sposta nulla. Se si guarda al 2020, sempre su dati Aci, i morti sulla strada erano sempre 3, gli incidenti 200 e i feriti 278. Queste altre cifre significano due cose: che nel 2020, quando Nizzi, 67 anni, ex ortopedico di fiducia di Silvio Berlusconi ha abbassato i limiti di velocità, non c’era alcuna «emergenza incidenti». E che nel 2021, in cui è entrata in vigore la misura, morti e feriti sono rimasti gli stessi e gli incidenti sono pure aumentati dell’8%. Logico dunque immaginare che il provvedimento inaugurato nella città costiera sia stato preso per contrastare il drammatico problema dello smog sardo, oppure sospettare che anche a Olbia abbiano fatto cassa sugli automobilisti raccontando che era per il loro bene. Nei giorni scorsi è uscito allo scoperto anche Giovanni Mannoni, capo dei vigili urbani di Olbia, che per sminuire il ruolo degli odiati telelaser ha fieramente dichiarato: «Sono tante le segnalazioni che vengono fatte alla polizia locale per sollecitare controlli e interventi per chi non rispetta la norma». Che la delazione di massa sia arrivata anche in una società civile sana come quella della Sardegna lascia un po’ di amarezza. Sempre Nizzi, poi, domenica si è fatto intervistare da Repubblica Bologna per rispondere alla critiche del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini: «È in campagna elettorale, dobbiamo solo aspettare che finisca. E poi, sulla sicurezza stradale, la responsabilità principale è in capo al sindaco». Ai bolognesi ha invece consegnato questa perla di saggezza: «Gli amici mi chiamano disperati ma a loro dico che i primi giorni è normale... poi vedrete che vi abituerete e sarà tutto più bello». I dati sugli incidenti stradali a Olbia, però, dicono che non tutto è più bello di prima, nonostante l’ottimismo del sindaco. In compenso il buon Nizzi, per il solo fatto di essere di centrodestra, è diventato un perfetto testimonial del centrosinistra e probabilmente non si rende conto di essere strumento di una campagna molto ideologica e poco basata sui fatti, che Giuseppe Sala sogna di condurre con successo anche in una città simbolo come Milano. Come accade quando si vuole inserire per pura demagogia un nuovo reato nel codice penale italiano, che tra fattispecie base e aggravanti varie di solito contiene già tutto quello che deve contenere, anche per il codice stradale la politica si muove perché nessuno fa rispettare le leggi esistenti. Gli incidenti sulla strada sono spesso figli di mancati controlli delle forze dell’ordine, di patenti d’epoca rinnovate grazie a medici compiacenti, di strade non a norma e di piste ciclabili finte, nel senso che sono semplici corsie (pericolosissime) con una bicicletta pitturata per terra a fini di mera propaganda green. Però inventarsi che gli incidenti siano tutti colpa degli automobilisti indisciplinati (da rieducare) è più facile, aiuta a spostare l’attenzione su altri fattori e prepara il terreno alla cosiddetta linea dura, tra sanzioni pesanti e carichi fiscali. E sotto questo profilo, l’introduzione della città moviola è un provvedimento perfetto perché viene motivato come un alto segno di civismo da amministratori locali che poi spesso non sono in grado di fare un piano regolatore o di vigilare sulla sua attuazione. Come ha spiegato martedì su questo giornale Andrea Giuricin, uno dei maggiori esperti di economia dei trasporti, «ci sono misure che possono avere un’incidenza maggiore (dei 30 orari, ndr): basterebbe far rispettare le norme che già esistono, rispettare i limiti di velocità attuali, indossare le cinture di sicurezza, non guidare ubriachi, fermarsi con il rosso, rallentare prima delle strisce, non mettersi al volante con il cellulare». Tutte cose che non danno un dividendo politico.
- Dopo lo scandalo mazzette, Confimprenditori si ribella: «Piuttosto che finanziare ville e bagni d’oro, aiutiamo i nostri settori produttivi». Matteo Salvini ancora polemico: «Al Consiglio di Difesa le decisioni erano già prese. Per il futuro vogliamo più chiarezza».
- Il documento sulla guerra ibrida: «Per contrastarla ci servono 5.000 uomini».
Lo speciale contiene due articoli
Non sapendo dove prendere le risorse per il Paese invaso, la Commissione riesuma il salva Stati, la cui riforma è bloccata dal veto di Roma. Poi mette l’elmetto pure alla libera circolazione e lancia la «Schengen militare».
Come non averci pensato prima? Alle «tre strade senza uscita» per dare soldi all’Ucraina elencate da Giuseppe Liturri pochi giorni fa su questo giornale se ne aggiunge una quarta, ancor più surreale, resa nota dalla Stampa di ieri. Ursula von der Leyen avrebbe proposto di utilizzare «a fondo perduto» per Kiev le giacenze del famigerato Mes, il Meccanismo europeo di stabilità la cui riforma è di fatto bloccata dalla mancata ratifica parlamentare del nostro Paese.
Cibo italiano farlocco
Il market di Bruxelles vende imitazioni delle nostre specialità. Come la carbonara (in vasetto). Il ministro: «Subito verifiche».
Verrebbe da dire: Ursula, spiegaci questa. Perché nei palazzi dell’Ue si spaccia una poltiglia in vasetto definita Carbonara che è a metà strada tra un omogeneizzato e una crema da notte? Va bene che la baronessa von der Leyen pecca per abitudine in fatto di trasparenza - dai messaggini sui sieri anti-Covid con Albert Bourla della Pfizer costati una valanga di miliardi fino alla corrispondenza con i generali tedeschi, senza contare il silenzio sulla corruzione in Ucraina - ma arrivare a vendere nel «suo» supermarket il falso cibo italiano pare troppo. Anche se sappiamo da tempo che l’Ue è tutta chiacchiere e distintivo, in questo caso falso.
Il Parlamento europeo (iStock). nel riquadro, la copertina del libro di Gabriele Guzzi
Alcuni esponenti del centrodestra hanno cambiato registro: parlano come Elsa Fornero.
Eurosuicidio è il titolo di un gran bel libro scritto da Gabriele Guzzi con prefazione di Lucio Caracciolo sull’impatto dell’Unione europea rispetto alle crisi in corso. Un’analisi severa e puntuale, dove i dati reggono le tesi che conducono all’arrivo: l’Europa non è in crisi, è la crisi.




