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2018-05-13
Martedì è l'ultimo giorno per rottamare le cartelle esattoriali
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ANSA
Se si sono ricevute cartelle esattoriali che vanno dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017, si ha tempo fino a martedì prossimo, 15 maggio, per mettere in regola la propria posizione con l'Agenzia delle entrate e riscossione. Come? Decidendo di presentare la domanda per aderire alla definizione agevolata. La definizione agevola consente a chi ha ricevuto cartelle e avvisi di pagamento di ottenere una riduzione delle somme da pagare. Si dovrà dunque saldare l'importo residuo del debito inizialmente richiesto ma senza le sanzioni e gli interessi di mora maturati nel tempo. Stesso ragionamento per le multe stradali. Se si presenta la domanda per aderire alla definizione agevolata non si andranno a pagare gli interessi di mora e le maggiorazioni previste dalla legge.
Il fisco punta a ricevere almeno 500.000 richieste di 'definizione agevolata' per un totale di circa 3 milioni di cartelle da rottamare. Gli ultimi dati, riferiti alla fine di aprile, registravano 455.000 domande, con il Lazio in testa con circa 77.000
richieste, seguita dalla Lombardia con 58.000 istanze.
Per aderire alla definizione agevolata si può decidere di presentare la domanda online o compilando il modulo DA 2000/17 entro martedì. Se si sceglie dunque la modalità online si deve accedere al sito dell'Agenzia delle entrate e riscossione, accedere all'area pubblica o riservata e compilare il form «Fai.da.te». Il servizio sarà disponibile, in entrambe le area, fino alle 23.59 del 15 maggio 2018. Scaduto il termine, non si potrà più aderire alla rottamazione delle cartelle ricevute. Nel caso in cui non si voglia procedere con il format online si deve compilare il modulo «DA 2000/17» che si trova sul sito dell'Agenzia delle entrate, scegliendo la sezione «Definizione agevolata - rottamazione». Il modello deve essere inviato tramite posta elettronica certificata (Pec) unitamente a una copia della carta d'identità. In alternativa alla Pec si può presentare il modulo presso gli sportelli della propria Agenzia delle entrate e riscossione territoriale.
Una volta compilata e inviata la domanda per aderire alla definizione agevolata, il percorso non è ancora finito, perché sarà l'Agenzia delle entrate a dover decidere se accettare o meno la richiesta. Le situazioni in questa caso sono due. La prima riguarda tutti i contribuenti che hanno presentato la richiesta di rottamazione per cartelle che vanno dal 1° gennaio al 30 settembre 2017. In questo caso il fisco invierà una comunicazione entro il 30 giugno 2018 dove comunicherà al contribuente se ha accettato o meno la sua richiesta. In caso positivo la comunicazione conterrà l'importo delle somme dovute, le scadenze e i bollettini da usare per il pagamento. In caso di risposta negativa l'Agenzia delle entrate specificherà il motivo per cui la richiesta di rottamazione non è stata accolta. Se la richiesta è stata accolta si potrà dunque decidere di pagare la somma richiesta in un'unica soluzione o in cinque rate di pari importo. La prima rata dovrà essere versata entro il 31 luglio 2018 e l'ultima entro il 28 febbraio 2019.
Il secondo caso riguarda i contribuenti che hanno presentato la richiesta di rottamazione per cartelle che vanno dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2016. L'Agenzia delle entrate invierà una comunicazione entro il 30 settembre 2018 dove comunicherà se ha accettato o meno la richiesta. In caso di risposta positiva si può decidere se pagare il debito in una sola rata o in tre. In questa caso l'80% delle somme dovute deve essere versato nelle prime due rate. La prima entro il 31 ottobre e la seconda entro il 30 novembre 2018. Il restante 20% dovrà essere saldato in un'unica rata entro il 28 febbraio 2019.
Caso particolare si ha se il contribuente non è in regola con il pagamento delle rate scadute al 31 dicembre 2016. In questo caso l'Agenzia delle entrate e riscossione invierà due comunicazioni. La prima arriverà entro il 30 giugno 2018 e conterrà l'ammontare delle rate scadute. Se si vuole beneficiare della rottamazione si deve dunque effettuare il pagamento dell'importo residuo delle rate, in un'unica soluzione entro il 31 luglio 2018. E compilare l'apposito modulo presente sul sito dell'Agenzia delle entrate e riscossione. Se si salda il conto passato il fisco invierà una seconda comunicazione entro il 30 settembre 2018 dove comunicherà se ha accettato la richiesta di rottamazione oppure no. In caso positivo il pagamento dovrà essere saldato in un'unica soluzione o in massimo tre rate. L'80% delle somme dovrà essere versato in due rate. La prima entro il 31 ottobre e la seconda entro il 30 novembre 2018. Il restante 20% dovrà essere saldato in un'unica rata entro il 28 febbraio 2019.
Giorgia Pacione Di Bello
La rottamazione bis funziona a metà. E ai Comuni porterà solo pochi spiccoli
Da sempre terra di localismi e campanili, l'Italia si mostra frammentata anche per quanto riguarda un servizio, la rottamazione delle cartelle esattoriali, che è utile a tutti: da un lato infatti consente ai cittadini di regolare le proprie pendenze con il fisco a condizioni agevolate, e dall'altro porta giovamento alle casse pubbliche. Tolte le imposte e le tasse dovute allo Stato per le quali l'Agenzia delle entrate procederà alla rottamazione bis, per quanto riguarda i tributi locali, quelli gestiti dai Comuni – Tari, Tasi, Tosap e multe stradali - la decisione è affidata alle giunte e non c'è un indirizzo univoco. Il termine per decidere se aderire o meno alla rottamazione bis delle cartelle esattoriali scadeva sabato 3 febbraio, con proroga a lunedì 5, e i Comuni italiani hanno continuato a procedere in ordine sparso.
Per molte realtà, tra le quali grandi città capoluogo come Roma, Napoli, Genova, Palermo, Venezia e Perugia, la decisione è già stata presa a monte. Queste amministrazioni comunali hanno infatti scelto, a suo tempo, di aderire al servizio di riscossione effettuato da Ader, l'Agenzia delle Entrate-Riscossione che ha preso il posto della vecchia Equitalia. Le cartelle esattoriali riguardanti i tributi locali di questi Comuni sono quindi ricomprese di default nella rottamazione bis attuata dalla stessa Ader: di conseguenza i cittadini residenti in questi Comuni hanno la possibilità di usufruire del pagamento agevolato.
Più complessa, invece, la situazione degli altri Municipiche hanno deciso di affidare la riscossione delle cartelle esattoriali a enti diversi dall'Ader, oppure di effettuarla in maniera autonoma. Sono queste le amministrazioni che dovevano deliberare se aderire o meno alla rottamazione bis. E qui si vedono le differenze territoriali con un'Italia divisa in due: un buon numero di Comuni del Nord ha infatti deciso di non aderire alla rottamazione, mentre nelle Regioni meridionali diverse amministrazioni locali hanno optato per questa possibilità. Con aspettative molto diverse: ad esempio a Taranto si stima che l'evasione per le sole contravvenzioni stradali sia pari alla rispettabile cifra di 23 milioni di euro, a fronte della quale il Comune prevede di recuperare appena 50.000 euro. A Benevento il carico è pari a quasi 10 milioni, ma il gettito stimato è di 400.000 euro: il Comune ha effettuato questa previsione sulla base dei risultati della prima rottamazione, alla quale ha aderito il 10% dei contribuenti, nei confronti dei quali pendeva il 4% delle ingiunzioni. A Reggio Calabria il Comune ha abbandonato Equitalia nel 2016 e ha deciso di riscuotere le cifre in proprio, attraverso ingiunzioni fiscali: qui le attese sono di recuperare 1 milione contro un totale di 6 non versati. Altre città capoluogo di provincia, come Foggia e Matera, hanno invece cambiato idea dopo l'insuccesso della prima rottamazione avviata alla fine del 2016. Nella città lucana, ad esempio, su circa 500 notifiche sono arrivate meno di 20 domande, per cui il Comune ha deciso di non aderire. Bari rottamerà soltanto le multe e non la Tari.
Al Nord (lo si evince da uno studio pubblicato dal Sole 24 Ore), in un panorama in cui prevale il no alla “definizione agevolata" (il nome tecnico della rottamazione), spiccano le eccezioni di Cremona e Biella. Nella città del Torrazzo i tributi e le multe non pagate ammontano a un totale di 11,2 milioni, ma il Comune si attende di recuperare appena 250.000 euro. Biella, che deve invece incassare ancora 10 milioni, ha deciso di aderire alla rottamazione e nel contempo puntare forte sugli accertamenti, che sono aumentati del 2.700% in tre anni, portando alle casse comunali 5 milioni di euro.
Per molti Comuni, in ogni caso, rifiutare l'adesione alla rottamazione è una questione di principio. Tra questi troviamo Torino, Verona, Bologna e molti dei capoluoghi dell'Emilia Romagna: alla base della scelta, come ha spiegato l'amministrazione comunale di Reggio Emilia, c'è la volontà di non attuare comportamenti discriminanti nei confronti dei cittadini che, invece, le multe le hanno sempre pagate per tempo. È quindi difficile tracciare un quadro univoco della situazione: per quanto riguarda i tributi locali, le situazioni sono troppo diverse e le variabili troppo numerose per poter valutare l'efficacia di un provvedimento come la rottamazione bis, dalla quale il governo punta a recuperare in tutto – non solo quindi dalle cartelle di competenza dei Comuni, ma per tutte le ingiunzioni - oltre 2 miliardi di euro (1,655 miliardi quest'anno e quasi 414 milioni nel 2019). Grazie al primo provvedimento di rottamazione delle cartelle esattoriali, avviato nel 2016, sono confluite nelle casse dello Stato 6,5 miliardi di euro, con il coinvolgimento di 1 milione e mezzo di contribuenti.
A fare la parte del leone è l'Agenzia delle Entrate, mentre 1,5 miliardi sono stati riscossi per conto dell'Inail. Per conto dei Comuni, la scorsa volta, sono stati riscossi 500 milioni di euro: l'incognita è ora scoprire a quanto ammonteranno le cifre recuperate con la rottamazione bis.
Chiara Merico
(articolo del 10 febbraio 2018)
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In caso di procedimenti che vanno dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017, si ha tempo fino al 15 maggio per mettere in regola la propria posizione con l'Agenzia delle entrate e riscossione. Basta presentare domanda per aderire alla definizione agevolata: si dovrà saldare l'importo residuo ma senza sanzioni né interessi di mora. Grazie al provvedimento avviato nel 2016 sono confluiti nelle casse dello Stato 6,5 miliardi di euro, con il coinvolgimento di 1 milione e mezzo di contribuenti. Quest'anno il fisco punta ad almeno mezzo milione di richieste. Lazio e Lombardia le regioni più «attive». Se si sono ricevute cartelle esattoriali che vanno dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017, si ha tempo fino a martedì prossimo, 15 maggio, per mettere in regola la propria posizione con l'Agenzia delle entrate e riscossione. Come? Decidendo di presentare la domanda per aderire alla definizione agevolata. La definizione agevola consente a chi ha ricevuto cartelle e avvisi di pagamento di ottenere una riduzione delle somme da pagare. Si dovrà dunque saldare l'importo residuo del debito inizialmente richiesto ma senza le sanzioni e gli interessi di mora maturati nel tempo. Stesso ragionamento per le multe stradali. Se si presenta la domanda per aderire alla definizione agevolata non si andranno a pagare gli interessi di mora e le maggiorazioni previste dalla legge. Il fisco punta a ricevere almeno 500.000 richieste di 'definizione agevolata' per un totale di circa 3 milioni di cartelle da rottamare. Gli ultimi dati, riferiti alla fine di aprile, registravano 455.000 domande, con il Lazio in testa con circa 77.000richieste, seguita dalla Lombardia con 58.000 istanze. Per aderire alla definizione agevolata si può decidere di presentare la domanda online o compilando il modulo DA 2000/17 entro martedì. Se si sceglie dunque la modalità online si deve accedere al sito dell'Agenzia delle entrate e riscossione, accedere all'area pubblica o riservata e compilare il form «Fai.da.te». Il servizio sarà disponibile, in entrambe le area, fino alle 23.59 del 15 maggio 2018. Scaduto il termine, non si potrà più aderire alla rottamazione delle cartelle ricevute. Nel caso in cui non si voglia procedere con il format online si deve compilare il modulo «DA 2000/17» che si trova sul sito dell'Agenzia delle entrate, scegliendo la sezione «Definizione agevolata - rottamazione». Il modello deve essere inviato tramite posta elettronica certificata (Pec) unitamente a una copia della carta d'identità. In alternativa alla Pec si può presentare il modulo presso gli sportelli della propria Agenzia delle entrate e riscossione territoriale. Una volta compilata e inviata la domanda per aderire alla definizione agevolata, il percorso non è ancora finito, perché sarà l'Agenzia delle entrate a dover decidere se accettare o meno la richiesta. Le situazioni in questa caso sono due. La prima riguarda tutti i contribuenti che hanno presentato la richiesta di rottamazione per cartelle che vanno dal 1° gennaio al 30 settembre 2017. In questo caso il fisco invierà una comunicazione entro il 30 giugno 2018 dove comunicherà al contribuente se ha accettato o meno la sua richiesta. In caso positivo la comunicazione conterrà l'importo delle somme dovute, le scadenze e i bollettini da usare per il pagamento. In caso di risposta negativa l'Agenzia delle entrate specificherà il motivo per cui la richiesta di rottamazione non è stata accolta. Se la richiesta è stata accolta si potrà dunque decidere di pagare la somma richiesta in un'unica soluzione o in cinque rate di pari importo. La prima rata dovrà essere versata entro il 31 luglio 2018 e l'ultima entro il 28 febbraio 2019. Il secondo caso riguarda i contribuenti che hanno presentato la richiesta di rottamazione per cartelle che vanno dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2016. L'Agenzia delle entrate invierà una comunicazione entro il 30 settembre 2018 dove comunicherà se ha accettato o meno la richiesta. In caso di risposta positiva si può decidere se pagare il debito in una sola rata o in tre. In questa caso l'80% delle somme dovute deve essere versato nelle prime due rate. La prima entro il 31 ottobre e la seconda entro il 30 novembre 2018. Il restante 20% dovrà essere saldato in un'unica rata entro il 28 febbraio 2019. Caso particolare si ha se il contribuente non è in regola con il pagamento delle rate scadute al 31 dicembre 2016. In questo caso l'Agenzia delle entrate e riscossione invierà due comunicazioni. La prima arriverà entro il 30 giugno 2018 e conterrà l'ammontare delle rate scadute. Se si vuole beneficiare della rottamazione si deve dunque effettuare il pagamento dell'importo residuo delle rate, in un'unica soluzione entro il 31 luglio 2018. E compilare l'apposito modulo presente sul sito dell'Agenzia delle entrate e riscossione. Se si salda il conto passato il fisco invierà una seconda comunicazione entro il 30 settembre 2018 dove comunicherà se ha accettato la richiesta di rottamazione oppure no. In caso positivo il pagamento dovrà essere saldato in un'unica soluzione o in massimo tre rate. L'80% delle somme dovrà essere versato in due rate. La prima entro il 31 ottobre e la seconda entro il 30 novembre 2018. Il restante 20% dovrà essere saldato in un'unica rata entro il 28 febbraio 2019. 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Tolte le imposte e le tasse dovute allo Stato per le quali l'Agenzia delle entrate procederà alla rottamazione bis, per quanto riguarda i tributi locali, quelli gestiti dai Comuni – Tari, Tasi, Tosap e multe stradali - la decisione è affidata alle giunte e non c'è un indirizzo univoco. Il termine per decidere se aderire o meno alla rottamazione bis delle cartelle esattoriali scadeva sabato 3 febbraio, con proroga a lunedì 5, e i Comuni italiani hanno continuato a procedere in ordine sparso. Per molte realtà, tra le quali grandi città capoluogo come Roma, Napoli, Genova, Palermo, Venezia e Perugia, la decisione è già stata presa a monte. Queste amministrazioni comunali hanno infatti scelto, a suo tempo, di aderire al servizio di riscossione effettuato da Ader, l'Agenzia delle Entrate-Riscossione che ha preso il posto della vecchia Equitalia. Le cartelle esattoriali riguardanti i tributi locali di questi Comuni sono quindi ricomprese di default nella rottamazione bis attuata dalla stessa Ader: di conseguenza i cittadini residenti in questi Comuni hanno la possibilità di usufruire del pagamento agevolato. Più complessa, invece, la situazione degli altri Municipiche hanno deciso di affidare la riscossione delle cartelle esattoriali a enti diversi dall'Ader, oppure di effettuarla in maniera autonoma. Sono queste le amministrazioni che dovevano deliberare se aderire o meno alla rottamazione bis. E qui si vedono le differenze territoriali con un'Italia divisa in due: un buon numero di Comuni del Nord ha infatti deciso di non aderire alla rottamazione, mentre nelle Regioni meridionali diverse amministrazioni locali hanno optato per questa possibilità. Con aspettative molto diverse: ad esempio a Taranto si stima che l'evasione per le sole contravvenzioni stradali sia pari alla rispettabile cifra di 23 milioni di euro, a fronte della quale il Comune prevede di recuperare appena 50.000 euro. A Benevento il carico è pari a quasi 10 milioni, ma il gettito stimato è di 400.000 euro: il Comune ha effettuato questa previsione sulla base dei risultati della prima rottamazione, alla quale ha aderito il 10% dei contribuenti, nei confronti dei quali pendeva il 4% delle ingiunzioni. A Reggio Calabria il Comune ha abbandonato Equitalia nel 2016 e ha deciso di riscuotere le cifre in proprio, attraverso ingiunzioni fiscali: qui le attese sono di recuperare 1 milione contro un totale di 6 non versati. Altre città capoluogo di provincia, come Foggia e Matera, hanno invece cambiato idea dopo l'insuccesso della prima rottamazione avviata alla fine del 2016. Nella città lucana, ad esempio, su circa 500 notifiche sono arrivate meno di 20 domande, per cui il Comune ha deciso di non aderire. Bari rottamerà soltanto le multe e non la Tari. Al Nord (lo si evince da uno studio pubblicato dal Sole 24 Ore), in un panorama in cui prevale il no alla “definizione agevolata" (il nome tecnico della rottamazione), spiccano le eccezioni di Cremona e Biella. Nella città del Torrazzo i tributi e le multe non pagate ammontano a un totale di 11,2 milioni, ma il Comune si attende di recuperare appena 250.000 euro. Biella, che deve invece incassare ancora 10 milioni, ha deciso di aderire alla rottamazione e nel contempo puntare forte sugli accertamenti, che sono aumentati del 2.700% in tre anni, portando alle casse comunali 5 milioni di euro. Per molti Comuni, in ogni caso, rifiutare l'adesione alla rottamazione è una questione di principio. Tra questi troviamo Torino, Verona, Bologna e molti dei capoluoghi dell'Emilia Romagna: alla base della scelta, come ha spiegato l'amministrazione comunale di Reggio Emilia, c'è la volontà di non attuare comportamenti discriminanti nei confronti dei cittadini che, invece, le multe le hanno sempre pagate per tempo. È quindi difficile tracciare un quadro univoco della situazione: per quanto riguarda i tributi locali, le situazioni sono troppo diverse e le variabili troppo numerose per poter valutare l'efficacia di un provvedimento come la rottamazione bis, dalla quale il governo punta a recuperare in tutto – non solo quindi dalle cartelle di competenza dei Comuni, ma per tutte le ingiunzioni - oltre 2 miliardi di euro (1,655 miliardi quest'anno e quasi 414 milioni nel 2019). Grazie al primo provvedimento di rottamazione delle cartelle esattoriali, avviato nel 2016, sono confluite nelle casse dello Stato 6,5 miliardi di euro, con il coinvolgimento di 1 milione e mezzo di contribuenti. A fare la parte del leone è l'Agenzia delle Entrate, mentre 1,5 miliardi sono stati riscossi per conto dell'Inail. Per conto dei Comuni, la scorsa volta, sono stati riscossi 500 milioni di euro: l'incognita è ora scoprire a quanto ammonteranno le cifre recuperate con la rottamazione bis. Chiara Merico (articolo del 10 febbraio 2018)
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Il Gourmet Bus è un progetto di Enit Spa dedicato alla cucina italiana e alle eccellenze del Made in Italy. La prima tappa del bus, che ha coinvolto circa 430 partecipanti tra istituzioni ed esperti del settore accolti dai miglior chef italiani, è stata Parigi, a seguire Bruxelles, Londra, Berlino, Stoccolma, Monaco e Vienna. L’altroieri è arrivato a Roma mettendo in vetrina la nostra cucina e le tipicità regionali attraverso degustazioni a bordo, seguendo un percorso panoramico e un’esperienza itinerante di enogastronomia e cultura.
«Roma è la tappa simbolica di un percorso che celebra la nostra tradizione. Ribadiamo così il valore universale delle nostre eccellenze, espressioni dell’identità nazionale. Iniziative come questa di Enit sono fondamentali per rafforzare il legame tra tradizione e innovazione», ha proseguito Santanchè. Secondo Ivana Jelinic, ad di Enit che ha lanciato l’iniziativa, «il turismo enogastronomico negli ultimi anni è diventato un vero traino. I viaggiatori internazionali sono disposti a investire per scoprire le tipicità italiane, creando valore, occupazione e crescita economica a beneficio delle comunità locali. Il Bus Gourmet Italia è nato proprio con la volontà di esportare le eccellenze Made in Italy nel mondo».
In effetti, nel 2024 il mercato globale della ristorazione italiana ha raggiunto un valore pari a 251 miliardi di euro, corrispondente al 19% del mercato mondiale della ristorazione. Nello stesso anno i soggiorni motivati dall’interesse per cibo e vino sono cresciuti del 176% rispetto agli anni precedenti. L’enogastronomia è dunque un fattore decisivo nella scelta dell’Italia come destinazione turistica internazionale: Enit ha rilevato circa 2,4 milioni di presenze riconducibili al turismo enogastronomico. Quanto all’impatto economico diretto, la spesa dei turisti stranieri per esperienze, prodotti e servizi legati al food & wine tourism è stimata in 363 milioni di euro e l’export agroalimentare ha raggiunto il record storico di 69,1 miliardi di euro, segnando una crescita dell’8% rispetto all’anno precedente. Con buona pace dei francesi? «Rispetto alla Francia che non ha tantissime destinazione turistiche, noi siamo l’Italia dagli ottomila campanili, abbiamo le aree interne, le isole più belle, i 5.600 borghi dove si produce il 95% delle nostre eccellenze enogastronomiche», ha spiegato Santanchè. «Sa qual è la differenza tra l’Italia e la Francia? I francesi. Perché i francesi si stringono sempre intorno alla loro bandiera, non parlano mai male della loro nazione: dovremmo farlo anche noi. Io un po’ li invidio».
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L’allarme sul nuovo capitolo - quello che riguarda le bottiglie da spumante o da vini da invecchiare e l’olio extravergine d’oliva (che teme come la peste la luce del sole) - è stato lanciato dal presidente del Coreve, il consorzio italiano per il riciclo del vetro che detiene il record europeo, con l’81% di vetro «circolare», pari a 2,1 milioni di tonnellate nel 2024 (ben sei punti sopra le quote massime richieste da Bruxelles). Che dice: vogliono cancellare le bottiglie scure per il Prosecco. Spiega il presidente Gianni Scotti che tutto nasce dall’idea di Germania e Danimarca d’imporre in Ue solo le bottiglie da birra. S’attaccano al fatto che i lettori ottici, quando devono selezionare una bottiglia scura, la scambiano per ceramica e non la mandano alla fusione, abbassando il tetto delle quantità riciclate. «Abbiamo dimostrato», spiega Scotti, che le nostre macchine arrivano a scartare meno dell’1% del vetro. Speriamo di convincere l’Europa che le indicazioni che vengono da loro sono obsolete». E anche Assovetro, il cui presidente è Marco Ravasi e che usa il rottame di vetro, si dice preoccupata per la piega che sta prendendo Bruxelless. La speranza è l’ultima dea, ma la concorrenza interna all’Ue può molto di più. Gli attacchi al vino da parte dei Paesi del Nord, che lamentano il fatto che sulla birra c’è una (minima) accisa e sul vino no, si ripetono a ondate. Prima l’Irlanda ha imposto le etichette con scritto «il vino fa male», violando i trattati, ma Ursula von der Leyen ha dato loro ragione; poi la Commissione ha approvato il Beca (documento anti cancro che deve passare dall’Eurocamera) per ipertassare il vino, restringerne la vendita e abolirne la promozione; ora si passa dal vetro. Tutto a danno dei Paesi mediterranei, ignorando che in premessa, nel regolamento sugli imballaggi, c’è scritto: «Imballaggi appropriati sono indispensabili per proteggere i prodotti».
Senza bottiglie scure non si può fare la rifermentazione in bottiglia. Solo Cristal in Champagne usa bottiglie bianche, ma tenute al buio. Lo stesso vale per il metodo classico italiano (sempre di rifermentazione in bottiglia si parla), ma anche per gli spumanti fatti in autoclave (il Prosecco appunto). Per avere un’idea, s’imbottigliano 300 milioni di Champagne, gli italiani tappano un miliardo di bottiglie, gli spagnoli 250 milioni. Va bene solo ai tedeschi che fanno tante bollicine ma così leggere che, comunque, non passerebbero l’anno e dunque non hanno bisogno di protezione dal sole, né di contenere le pressioni di rifermentazione. Il caso dei vetri confermerà invece agli inglesi che la Brexit è stata una mano santa. Sono i più forti consumatori di spumanti al mondo, ma sono anche coloro i quali li hanno resi possibile e ora ne producono di ottimi (ad esempio Bolney).
Il metodo di rifermentazione fu codificato da due marchigiani: Andrea Bacci (De naturalis vinorum historia del 1599) e Francesco Scacchi (1622, De Salubri potu dissertatio) mettono a punto la tecnica, tant’è che si potrebbe parale di un metodo Scacchi. Dom Pierre Pérignon arriva sessant’anni dopo. Ma i due italiani hanno un limite: le bottiglie di vetro soffiato scoppiano. In rifermentazione si arriva fino a 6 atmosfere di pressione. Però nel 1652 sir Kelem Digby cambiò tutto. Giorgio I aveva impedito di tagliare alberi per alimentare i forni vetrai, cosi Digby usò il carbone. Questo gli consentì di alzare le fusioni e mescolare carbonio alla pasta vitrea: nacque l’iper-resistente «English Bottle». Gli inglesi, primi clienti dei vini francesi, fecero con il vetro la fortuna dello Champagne. E questo spiega perché le bottiglie sono pesanti e scure (fino a 9 etti per il metodo classico, 700 grammi quelle da Prosecco, mezzo chilo quelle da vino, anche se l’italiana Verallia ha prodotto la Borgne Aire di soli tre etti). Ma l’Europa non lo sa o fa finta. Perché attraverso le bottiglie (produrre un chilo di vetro vergine vale 500 grammi di CO2, ma nel 2024 l’Italia col riciclo ha risparmiato quasi 1 milione di tonnellate di anidride carbonica, 358.000 tonnellate di petrolio e 3,8 milioni tonnellate di materiali) ha capito che può frenare la crescita di alcuni Paesi. Solo che ora dovranno spiegarlo ai vigneron francesi, che da mesi protestano e hanno già estirpato 12.000 ettari di vigna. Ci sta che a Bruxelles dalle cantine arrivi un messaggio in bottiglia: o lasciate perdere, o i trattori che il 18 stanno per circondare palazzo Berlaymont sono solo un aperitivo.
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Maurizio Gasparri (Ansa)
Sono le 20.30, Andrea finisce il suo turno e sale negli spogliatoi, al piano superiore, per cambiarsi. Scendendo dalle scale si trova davanti ad un uomo armato che, forse in preda al panico, apre il fuoco. La pallottola gli buca la testa, da parte a parte, ma invece di ucciderlo lo manda in coma per mesi, riducendolo a un vegetale. La sua vita e quella dei suoi genitori si ferma quel giorno.
Lo Stato si dimentica di loro. Le indagini si concludono con un nulla di fatto. Non solo non hanno mai trovato chi ha sparato ma neppure il proiettile e la pistola da dove è partito il colpo. Questo perché in quel supermercato le telecamere non erano in funzione. Nel 2018 archiviano il caso. E rinvio dopo rinvio non è ancora stato riconosciuto alla famiglia alcun risarcimento in sede civile. Oggi Andrea ha 35 anni e forse neppure lo sa, ha bisogno di tutto, è immobile, si nutre con un sondino, passa le sue giornate tra il letto e la carrozzina. Per assisterlo, al mattino, la famiglia paga due persone. Hanno dovuto installare un ascensore in casa. E ricevono solo un indennizzo Inail che appena gli consente di provvedere alle cure.
Il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, membro della commissione Giustizia del Senato, è sconcertato: «Sono profondamente indignato per quanto accaduto a questa famiglia, Andrea e i suoi genitori meritano la giustizia che fino ad oggi gli è stata negata da lungaggini e burocrazia. Non si capisce il motivo di così tanti rinvii. Almeno si giunga a una sentenza e che Andrea abbia il risarcimento che merita dall’assicurazione. Anche il datore di lavoro ha le sue responsabilità e non possono non essere riconosciute dai giudici».
Il collega senatore di Forza Italia, nonché avvocato, Pierantonio Zanettin, anche lui membro della stessa commissione, propone «che lo Stato si faccia carico di un provvedimento ad hoc di solidarietà se la causa venisse persa. È patologico che ci siano tutti questi rinvii. Bisognerebbe capire cosa c’è sotto. Ci devono spiegare le ragioni. Comunque io mi metto a disposizione della famiglia e del legale. La giustizia ha l’obbligo di rispondere».
Ogni volta l’inizio del processo si sposta di sei mesi in sei mesi, quando va bene. L’ultima beffa qualche giorno fa quando la Corte d’Appello calendarizza un altro rinvio. L’avvocato della famiglia, Matteo Mion, non sa darsi una ragione: «Il motivo formale di tutti questi rinvii è il carico di lavoro che hanno nei tribunali, ma io credo più nell’inefficienza che nei complotti. In primo grado era il tribunale di Padova, adesso siamo in Corte di Appello a Venezia. Senza spiegazioni arriva una pec che ci informa dell’ennesimo rinvio. Ormai non li conto più. L’ultima volta il 4 dicembre, rinviati all’11 giugno 2026. La situazione è ingessata, non puoi che prenderne atto e masticare amaro».
In primo grado, il giudice Roberto Beghini, prova addirittura a negare che Andrea avesse diritto a un indennizzo Inail, sostenendo che quello non fosse un infortunio sul lavoro. Poi sentenzia che non c’è alcuna connessione, nemmeno indiretta, tra quanto successo ad Andrea e l’attività lavorativa che stava svolgendo, in quanto aveva già timbrato il cartellino, era quindi fuori dall’orario di lavoro, non era stata sottratta merce dal supermercato, né il ragazzo era stato rapinato personalmente. Per lui non è stata una rapina finita male. Nessuna merce sottratta, nessuna rapina. Il giudice Beghini insinua addirittura che potrebbe essere stato un regolamento di conti. Solo congetture, nessuna prova, nulla che possa far sospettare che qualcuno volesse fare del male al ragazzo. Giusto giovedì sera, alle 19.30, in un altro Prix market, stavolta a Bagnoli di Sopra (Padova), due banditi hanno messo a segno una rapina armati di pistola. Anche stavolta non c’erano le telecamere. Ed è il quarto colpo in nove giorni.
Ciò che è certo in questa storia è che il crimine è avvenuto all’interno del posto di lavoro dove Andrea era assunto, le telecamere erano spente e chi ha sparato è entrato dal retro dell’edificio attraverso un ingresso lasciato aperto. In un Paese normale i titolari del Prix, se non delle colpe dirette, avrebbero senz’altro delle responsabilità. «L’aspetto principale è l’assenza di misure di sicurezza del supermercato», conclude Mion, «che avrebbero tutelato il personale e che avrebbero consentito con buona probabilità di sapere chi ha sparato. C’è una responsabilità della sentenza primo grado, a mio avviso molto modesta».
Per il deputato di Forza Italia, Enrico Costa, ex viceministro della Giustizia e oggi membro della commissione Giustizia della Camera, «ancora una volta giustizia non è fatta. Il responsabile di quell’atto non è stato trovato, abbiamo un ragazzo con una lesione permanente e una famiglia disperata alla quale è cambiata la vita da un momento all’altro. È loro diritto avere un risarcimento e ottenere giustizia».
L’assicurazione della Prix Quality Spa, tace e si rifiuta di pagare. Sapete quanto hanno offerto ad Andrea? Cinquantamila euro. Ecco quanto vale la vita di un ragazzo.
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Beppe Sala (Ansa)
«Il Comune di Milano ha premiato la Cgil con l’Ambrogino, la più importante benemerenza civica. Quello che vorremmo capire è perché lo stesso riconoscimento non sia stato assegnato anche alla Cisl. O alla Uil. Insomma, a tutto il movimento sindacale confederale», afferma Abimelech. Il segretario della Cisl richiama il peso organizzativo del sindacato sul territorio e il ruolo svolto nei luoghi di lavoro e nei servizi ai cittadini: «È una risposta che dobbiamo ai nostri 185.000 iscritti, ai delegati e alle delegate che si impegnano quotidianamente nelle aziende e negli uffici pubblici, alle tantissime persone che si rivolgono ai nostri sportelli diffusi in tutta l’area metropolitana per chiedere di essere tutelate e assistite».
Nel merito delle motivazioni che hanno accompagnato il riconoscimento alla Cgil, Abimelech solleva una serie di interrogativi sul mancato coinvolgimento delle altre sigle confederali. «Abbiamo letto le motivazioni del premio alla Cgil e allora ci chiediamo: la Cisl non è un presidio democratico e di sostegno a lavoratori e lavoratrici? Non è interlocutrice cruciale per istituzioni e imprese, impegnata nel tutelare qualità del lavoro, salute pubblica e futuro del territorio?», dichiara.
Il segretario generale elenca le attività svolte dal sindacato sul piano dei servizi e della rappresentanza: «Non offre servizi essenziali, dai Caf al Patronato, agli sportelli legali? Non promuove modelli di sviluppo equi, sostenibili e inclusivi? Non è vitale il suo ruolo nel dibattito sulle dinamiche della politica economica e industriale?».
Nella dichiarazione trova spazio anche il recente trasferimento della sede della sigla milanese. «In queste settimane la Cisl ha lasciato la sua “casa” storica di via Tadino 23, inaugurata nel 1961 dall’arcivescovo Giovanni Battisti Montini, il futuro Papa Paolo VI, per trasferirsi in una più grande e funzionale in via Valassina 22», ricorda Abimelech, sottolineando le ragioni dell’operazione: «Lo ha fatto proprio per migliorare il suo ruolo di servizio e tutela per i cittadini e gli iscritti».
La presa di posizione si chiude con un interrogativo rivolto direttamente all’amministrazione comunale: «Dobbiamo pensare che per il Comune di Milano ci siano sindacati di serie A e di serie B? Dobbiamo pensare che per il Comune di Milano ci siano sindacati amici e nemici?». Al sindaco Sala non resta che conferire con Abimelech e metterlo a parte delle risposte ai suoi interrogativi.
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