2021-01-12
C’è un femminismo che ha rovinato le donne
La società patriarcale le proteggeva, soprattutto se incinte, oggi invece sono costrette a lavorare prima, dopo e durante la gravidanza. Non abbiamo bisogno di leggi che facilitino la soppressione dei bambini a spese dello Stato, ma che tutelino la maternità e la famiglia.Per capire esattamente che cosa era la società patriarcale occorre ricordare la terribile vicenda del Titanic. Per una incredibile leggerezza, per una assoluta forma di arrogante stupidità, sul Titanic il numero delle scialuppe di salvataggio era insufficiente. Gli uomini sono più forti delle donne. Avrebbero potuto picchiare le donne e prendersi loro i posti sulle scialuppe, invece li hanno ceduti alle donne, andando loro incontro a morte certa. Nella società patriarcale le donne erano privilegiate. Il loro privilegio si manifestava anche simbolicamente. Erano le donne, i re e gli ecclesiastici di alto rango a portare gioielli. Erano le donne, gli ecclesiastici e a volte i re a portare le sottane. L'uomo si inginocchiava davanti a una donna per chiederla in sposa, ed era lui che doveva esporsi al rischio di essere rifiutato. Soprattutto, nell'età patriarcale le donne erano difese dal vedere la propria salute distrutta nelle malattie professionali e, soprattutto, la gravidanza e la maternità erano difese. Nelle epoche precedenti alla nostra gli asili nido esistevano ed erano riservati ai figli delle schiave o ai figli di donne sole, vedove o abbandonate, che quindi non avevano la potenza di un uomo accanto a loro a proteggere il sacro legame tra donna e bambino. Il femminismo ha tragicamente eliminato tutti i privilegi delle donne. La maternità deve essere sommata al lavoro ed è diventata un peso spaventoso, al punto tale che la natalità sta decrescendo sempre di più. L'ingresso massiccio delle donne nel mondo del lavoro, determinato dal cosiddetto femminismo, ha permesso un maggiore sfruttamento dei lavoratori grazie alla competizione. Fino all'epoca del cosiddetto femminismo non era pensabile dare a un uomo per una giornata di lavoro una cifra per lui insufficiente a mantenere la sua famiglia. Da quando è arrivato il femminismo si può fare benissimo: devono lavorare anche le donne. Il lavoro di una donna cosiddetta casalinga è enorme e vario, va dall'allevare i propri bambini, alla cucina, all'artigianato fino a una serie di notevoli attività. Tutto questo non è tassato. Se le donne devono lavorare, tutte le attività che non possono più fare devono essere affidate ad estranei mediante un lavoro tassabile. Lo sfruttamento del lavoro femminile ha portato inoltre alla distruzione del rispetto di quello che dovrebbe essere sacro, vale a dire la gravidanza e la maternità. Le donne sono costrette a lavorare anche quando sono incinte. Per «aborto bianco» si intende quello che avviene sui posti di lavoro alle operaie che devono stare in piedi per ore, spesso anche a contatto con sostanze chimiche e fumi. Le donne incinte sono costrette a fare le insegnanti, i medici e le infermiere, esponendo così il proprio feto al rischio di malattie infettive. Il lavoro è fatica e preoccupazione: costringe a produrre ormoni da stress che arrivano al feto. L'allattamento materno è fondamentale fino a 12 mesi di età e garantisce la salute del bambino e dell'adulto. È evidente che il legame madre-figlio nei primi 12 mesi di vita è fondamentale. Eppure vengono dati alla madre solo quattro mesi di astensione dal lavoro. Il bambino di quattro mesi deve essere deportato all'asilo nido, dove è affidato a estranei, con il grandissimo rischio di malattie infettive. È fondamentale che venga garantito alle donne almeno un anno, meglio due, di astensione dal lavoro dopo la gravidanza e che l'astensione cominci nel momento in cui si accorge di essere incinta. Altro punto importante è eliminare le quote rosa. Sono offensive e ignobili, rappresentano la distruzione della democrazia. Io ho diritto di votare chi voglio indipendentemente dal suo sesso. Io voglio al governo solamente le donne abbastanza in gamba da raggiungere gli alti livelli con forze proprie e senza facilitazioni. Ogni popolo ha diritto a una competizione leale dove vince il migliore, senza facilitazioni per nessuno. Le uniche facilitazioni sono dovute a persone con handicap. Le donne non fanno parte di questa categoria. Ogni popolo ha inoltre diritto alla sua lingua, che nessuno può stravolgere, a meno di cominciare un processo di etnocidio. Nella nostra lingua si dice presidente, elettricista, musicista, sindaco, ministro e prefetto. Non c'è bisogno di chiamare «elettricisto» un elettricista maschio come non c'è bisogno di chiamare «sindaca» un sindaco donna. Tutti i termini come «sindaca», «ministra» e «prefetta» sono molto offensivi per le donne. Posso garantire che le donne non hanno bisogno della parola «sindaca» esattamente come non hanno bisogno di quote rosa. Noi donne abbiamo bisogno di essere protette in quello che abbiamo di diverso dagli uomini, in quello che è il nostro magnifico privilegio: gravidanza e maternità. Per tutto il resto non abbiamo bisogno di protezioni, né linguistiche né di altro tipo. L'aborto è contro le donne. La maternità è il nostro fardello, certo, ma anche il nostro straordinario privilegio. L'aborto isola le donne, le rende uniche responsabili della gravidanza, deresponsabilizza l'uomo. La pillola anticoncezionale è un sistema ormonale brutale che modifica violentemente l'assetto endocrinologico delle donne, con possibili complicanze anche gravissime (ictus e infarto). La cosiddetta spirale agisce mediante una situazione di infiammazione cronica. L'aborto è antifisiologico, la pillola abortiva è antifiosologica e trasforma il corpo di una donna nel sarcofago del proprio bambino morto. Tutte le pratiche contro la fisiologia della donna non devono essere a spese dei contribuenti e garantite dallo Stato. Non si può distruggere la donna e il bimbo che porta in grembo a spese dello Stato. Il sistema sanitario nazionale deve pagare delle necessità: curare il cancro è una necessità, curare la polmonite è una necessità. La distruzione antifisiologica della capacità riproduttiva della donna è una scelta, una scelta che può essere dannatamente rimpianta. Non deve essere fatto a spese dello Stato, con il mio denaro. La cosiddetta gravidanza per altri è un abuso gravissimo sia verso la donna che verso il bimbo che deve nascere e che ha diritto alla sua mamma e al suo papà. Chiunque osi legiferare contro questo diritto sacro deve essere fermato. Il cosiddetto femminismo ha creato l'assurda illusione che le donne siano un gruppo etnico, ma non è così. Noi siamo la parte femminile della specie umana e gli uomini sono la parte maschile della specie umana. Noi abbiamo bisogno degli uomini e gli uomini hanno bisogno di noi. Questo bisogno nasce dalla profonda diversità fisica e mentale. Siamo diversi e complementari, magnificamente complementari. L'ottuso vittimismo del cosiddetto femminismo ha criminalizzato i maschi e soprattutto ha criminalizzato le caratteristiche maschili, l'aggressività è stata criminalizzata. L'aggressività può diventare terribile, ma un popolo privato della sua aggressività si candida a diventare un popolo di schiavi o un popolo di morti. Tra le caratteristiche del maschio, oltre all'aggressività, c'è la protezione. Gli uomini hanno ceduto il loro posto alle donne sul Titanic. I maschi occidentali sono continuamente invitati a vergognarsi di se stessi. La guerra tra uomini e donne ha distrutto le famiglie. I danni che il divorzio causa ai figli è tragicamente sottovalutato e minimizzato. Il danno causato ai figli dall'assenza della madre, che deve andare al lavoro, e dall'essere deportato piccolissimo all'asilo nido è negato e sottovalutato. Le cosiddette femministe dopo aver latrato contro i maschi e preteso nomi ridicoli come «ministra» o «presidenta», si mettono ossequiose lo strofinaccio sulla testa quando devono andare a parlare con maschi islamici. Occorre creare una cultura, e quindi leggi, che stiano dalla parte delle donne, e quindi dalla parte degli uomini, e dalla parte dei bambini.
(Guardia di Finanza)
I Finanzieri del Comando Provinciale di Varese, nell’ambito di un’attività mirata al contrasto delle indebite erogazioni di risorse pubbliche, hanno individuato tre società controllate da imprenditori spagnoli che hanno richiesto e ottenuto indebitamente oltre 5 milioni di euro di incentivi per la produzione di energia solare da fonti rinnovabili.
L’indagine, condotta dalla Compagnia di Gallarate, è stata avviata attraverso l’analisi delle società operanti nel settore dell’energia elettrica all’interno della circoscrizione del Reparto, che ha scoperto la presenza di numerose imprese con capitale sociale esiguo ma proprietarie di importanti impianti fotovoltaici situati principalmente nelle regioni del Centro e Sud Italia, amministrate da soggetti stranieri domiciliati ma non effettivamente residenti sul territorio nazionale.
Sulla base di tali elementi sono state esaminate le posizioni delle società anche mediante l’esame dei conti correnti bancari. Dall’esito degli accertamenti, è emerso un flusso finanziario in entrata proveniente dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), ente pubblico responsabile dell’erogazione degli incentivi alla produzione di energia elettrica. Tuttavia, le somme erogate venivano immediatamente trasferite tramite bonifici verso l’estero, in particolare verso la Spagna, senza alcuna giustificazione commerciale plausibile.
In seguito sono state esaminate le modalità di autorizzazione, costruzione e incentivazione dei parchi fotovoltaici realizzati dalle società, con la complicità di un soggetto italiano da cui è emerso che le stesse avevano richiesto ad un Comune marchigiano tre diverse autorizzazioni, dichiarando falsamente l’installazione di tre piccoli impianti fotovoltaici. Tale artificio ha consentito di ottenere dal GSE maggiori incentivi. In questi casi, infatti, il Gestore pubblico concede incentivi superiori ai piccoli produttori di energia per compensare i maggiori costi sostenuti rispetto agli impianti di maggiore dimensione, i quali sono inoltre obbligati a ottenere l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla Provincia. In realtà, nel caso oggetto d’indagine, si trattava di un unico impianto fotovoltaico collegato alla stessa centralina elettrica e protetto da un’unica recinzione.
La situazione è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Roma, competente per i reati relativi all’indebita erogazione di incentivi pubblici, per richiedere il sequestro urgente delle somme illecitamente riscosse, considerati anche gli ingenti trasferimenti verso l’estero. Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha disposto il blocco dei conti correnti utilizzati per l’accredito delle somme da parte del GSE e il vincolo su tutti i beni nella disponibilità degli indagati fino alla concorrenza di oltre 5 milioni di euro.
L’attività della Guardia di Finanza è stata svolta a tutela del corretto impiego dei fondi pubblici al fine di aiutare la crescita produttiva e occupazionale. In particolare, l’intervento ispettivo ha permesso un risparmio pari a ulteriori circa 3 milioni di euro che sarebbero stati erogati dal GSE fino al 2031 alle imprese oggetto d’indagine.
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