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2020-12-26
I fondi e Amazon si mangiano i diritti tv del calcio
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Ansa
L'anno che sta per cominciare porterà un vento di rivoluzione per tutto ciò che riguarda i diritti televisivi che ruotano attorno al mondo del calcio. In Italia e non solo. Nel mese di gennaio si entrerà, infatti, nel vivo per l'assegnazione per il prossimo triennio dei diritti, e lo si farà reduci da un fine 2020 in cui sono arrivate due notizie che inevitabilmente modificheranno gli equilibri, con due player nuovi pronti a entrare nel mercato. Da una parte il fondo di 21,3 miliardi di euro - il secondo più grande della storia del private equity - creato dalla società finanziaria Cvc Capital Partners che ha puntato con decisione Serie A e Serie B in Italia e Liga spagnola in Spagna; dall'altra Amazon. Il colosso dell'e-commerce di Jeff Bezos si è posto come obiettivo quello di arricchire in maniera importante l'offerta sportiva all'interno del pacchetto PrimeVideo. Risultato: nel triennio 2021/2024 trasmetterà in Italia le migliori 16 partite in onda il mercoledì sera sul totale delle 137 della Champions League più la finale di Supercoppa europea.
In un'assemblea di metà dicembre le 20 società di Serie A hanno definito l'ingresso del Consorzio Cvc-Advent-Fsi nella futura MediaCo con una quota del 10%, dando così input a Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega di A, di mandare avanti la negoziazione con il Consorzio per mettere a punto tutti gli aspetti della trattativa entro la prima settimana di gennaio 2021.
Le prime settimane dell'anno nuovo saranno decisive per definire e mettere a punto la partnership tra la Lega calcio e la media company. A giorni è attesa, infatti, la pubblicazione del bando dei diritti tv per il mercato nazionale. Con questo bando - in scadenza il 16 gennaio 2021 - la Lega calcio punta a raggiungere l'obiettivo di 1,15 miliardi di euro, 177 milioni in più rispetto a quello del triennio precedente, quando ad aggiudicarsi i diritti furono da una parte Sky, con 780 milioni, e dall'altra Dazn, con 193 milioni, per un totale di 973 milioni. La mappa del risiko per l'assegnazione al momento è la seguente: Sky, che dovrebbe presentare un'offerta leggermente inferiore a quella di tre anni fa considerando la sentenza del Consiglio di Stato che gli impedisce di trasmettere in esclusiva sul web; Dazn, che secondo indiscrezioni punterebbe a confermare il pacchetto di tre partite ogni turno di campionato con il quale la piattaforma è entrata in gioco nel 2018; Amazon, che dopo essere entrata nel mercato italiano dalla porta della Champions League è pronta a farlo anche in Serie A, Mediaset e Tim, avrebbero intenzione di partecipare per il pacchetto digitale. Quel che è certo è che in ogni caso non potrà ripresentarsi una situazione analoga a quella del 2018 e si andrà verso un maggiore frazionamento dell'offerta sia per quanto riguarda i pacchetti, sia per le piattaforme. L'ipotesi che alla fine il bandolo della matassa si scioglierà con una trattativa privata, nel caso in cui non ci siano offerte soddisfacenti alla scadenza del bando, pare sempre più realistica.
«Amazon non vede l'ora che inizi la prossima stagione della Uefa Champions League, uno dei tornei a squadre più prestigiosi del mondo. Siamo lieti di offrire ai nostri clienti in Italia le migliori partite del mercoledì sera dal 2021 in avanti» si legge sul comunicato con cui Amazon ha ufficializzato l'ingresso nel mercato italiano dei diritti tv del calcio. Una novità in Italia, non nel resto d'Europa, visto che già l'anno scorso Amazon aveva acquistato un pacchetto di 20 partite - due interi turni di campionato, il primo turno infrasettimanale del 3 dicembre 2019 e il Boxing day del 26 dicembre - della Premier League inglese e lo farà almeno fino alla stagione 2021/2022. Una scelta non casuale dal punto di vista commerciale e del marketing, considerando che per i possessori di un account Prime in tutta la Gran Bretagna le partite erano visibili senza costi aggiuntivi, in un periodo dell'anno in cui l'utilizzo della piattaforma di e-commerce aumenta vertiginosamente in vista dei regali di Natale. Il prezzo di un abbonamento ad Amazon Prime nel Regno Unito è di 79 sterline all'anno, circa 87 euro, oppure di 7,99 sterline al mese, quasi 9 euro, ma si può scegliere anche di sottoscrivere solamente il pacchetto PrimeVideo a 5,99 sterline al mese, ovvero 6,60 euro. In Italia, invece, l'abbonamento a Prime costa 36 euro all'anno (costava 19,99 nel 2018 e 9,99 euro nel 2015). Per quanto riguarda la trasmissione di eventi sportivi, Amazon è presente anche in Germania - 69 euro all'anno o 7,99 euro al mese il costo dell'abbonamento - dove ha acquistato un pacchetto per mandare in onda le partite del martedì sera della Champions League 2021/2022, il resto invece le ha Dazn. In Francia l'azienda americana ha i diritti del Roland Garros e l'abbonamento costa 49 euro all'anno. Negli Stati Uniti, invece, il prezzo è di 119 dollari annui, quasi 97 euro, e l'offerta sportiva contempla alcune partite della Nfl - la National Football League - ovvero la maggiore lega professionistica nordamericana di football americano, la cui stagione si conclude ogni anno con il Super Bowl. La più grande Internet company al mondo, con sede a Seattle, ha già fatto sapere di voler puntare anche ai diritti della Formula 1 «Sono un potenziale partner incredibilmente importante e un'opportunità per noi di espandere e far crescere la nostra attività» ha confermato Chase Carey, ad della F1 in un'intervista rilasciata al Financial Times. Nel ricco portfolio di Amazon ci sono anche altri sport come il cricket, visto che è stato firmato un accordo con la Nazionale della Nuova Zelanda, e il rugby con la trasmissione della Autumn Nations Cup.
L'esperimento MediaPro in Francia non ha funzionato

Ansa
Tre anni fa, prima che il bando per il triennio 2018-2021 dei diritti televisivi del calcio italiano venisse vinto da Sky e Dazn, c'era stato il forte rischio di vederlo assegnato a MediaPro. Un pericolo scampato visto quel che è successo e sta succedendo in Francia dove la principale emittente delle partite della Ligue 12, massima serie del campionato transalpino, non ha rispettato la scadenza del 5 dicembre per il pagamento della terza rata relativa ai diritti televisivi. Il gruppo spagnolo ma di proprietà cinese non ha ancora pagato nemmeno la seconda rata del contratto, equivalente a 172,3 milioni di euro. Il gruppo guidato da Jaume Roures aveva anche chiesto uno sconto vista la crisi finanziaria provocata dalla pandemia di coronavirus che ha messo in ginocchio tutto il sistema calcio francese.
Il flop francese di MediaPro è dovuto al mancato raggiungimento di abbonamenti che il gruppo spagnolo si era prefissato al momento dell'ingresso in Ligue 1: si puntavano 3 milioni e 500.000 utenti, ci si è ritrovati con appena 278.000 sottoscrizioni, per un abbonamento che costa 25,90 euro al mese. MediaPro si era aggiudicata i diritti tv del calcio francese con una spesa di 814 milioni di euro a stagione per quattro anni, dal 2020 al 2024, senza però alcuna garanzia bancaria. Il presidente della Lega calcio francese, Vincent Labrune, ha tuonato all 'Equipe: «Lo sconto richiesto da Roures a stagione in corso rischia di inquinare il rapporto di fiducia con MediaPro. Sono sorpreso dalla forma e preoccupato dalla sostanza. La tempistica dell'annuncio di MediaPro è adir poco sorprendente e arriva solo poche settimane dopo il pagamento della prima rata».
In Germania, invece, si va verso una revisione della distribuzione dei ricavi provenienti dalla vendita dei diritti tv. La Federcalcio tedesca ha deciso infatti che dalla prossima stagione il 50% dei diritti televisivi sia nazionali che esteri dovranno essere ripartiti equamente ai club. Un modo per venire incontro alle società di calcio e aiutarle a gestire l'impatto finanziario della pandemia. «Stiamo cercando di prendere decisioni, in tempi davvero incerti, che mirano principalmente a guidare tutti i 36 club attraverso questa crisi. Non sono tempi per soluzioni radicali, ma per soluzioni affidabili su cui basarsi per andare avanti» ha spiegato Christian Seifert, amministratore delegato del Dfl, la Deutsche Fußball Liga.
Sky e Amazon insieme: PrimeVideo disponibile su SkyQ

Maximo Ibarra, amministratore delegato di Sky Italia (Ansa)
In tempi di crisi si sa, la collaborazione tra emittenti e piattaforme, è sempre più preziosa. Succede quindi che Sky e Amazon trovino un accordo che consentirà agli abbonati Sky la visione dei contenuti di PrimeVideo su Sky Q. Una partnership pluriennale valida su tutto il territorio europeo grazie alla quale gli abbonati a entrambi i servizi potranno usufruire su un unico dispositivo serie tv, film, sport e tutto quello che è in catalogo. «Questo è un regalo di Natale che facciamo in anticipo ai nostri abbonati Sky Q che quest'anno sul box troveranno ad attenderli l'app Prime Video. Senza mai uscire da Sky Q, potranno passare direttamente dall'ultima stagione di Fargo su Sky Atlantic a The Boys su Prime Video. Questo accordo inoltre, permetterà ad ancora più persone di accedere alla nostra formidabile app Now Tv attraverso i dispositivi Amazon Fire Tv» ha commentato Stephen van Rooyen, ceo di Sky per quanto riguarda il Regno Unito e il resto d'Europa. Un accordo che rende contenti tutti, come sottolinea anche Maximo Ibarra, amministratore delegato di Sky Italia: «Grazie a questa partnership, Sky Q è sempre più il punto di riferimento per chi vuole avere in unico posto l'ampia scelta di contenuti targati Sky, le principali app in streaming e un'esperienza di visione semplice e coinvolgente. Tutto questo rende molto più facile ai nostri abbonati trovare i contenuti che amano di più, semplificandogli la vita».
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In Italia e all'estero si entra nel vivo per l'assegnazione per il prossimo triennio con Cvc che oltre la Serie A, punta la Serie B e la Liga spagnola.Il fallimento di MediaPro nel campionato francese. In Germania si sta modificando la distribuzione delle entrate ai club.Accordo Sky-Amazon: i contenuti di PrimeVideo saranno disponibili e visibili su Sky Q.Lo speciale contiene tre articoli.L'anno che sta per cominciare porterà un vento di rivoluzione per tutto ciò che riguarda i diritti televisivi che ruotano attorno al mondo del calcio. In Italia e non solo. Nel mese di gennaio si entrerà, infatti, nel vivo per l'assegnazione per il prossimo triennio dei diritti, e lo si farà reduci da un fine 2020 in cui sono arrivate due notizie che inevitabilmente modificheranno gli equilibri, con due player nuovi pronti a entrare nel mercato. Da una parte il fondo di 21,3 miliardi di euro - il secondo più grande della storia del private equity - creato dalla società finanziaria Cvc Capital Partners che ha puntato con decisione Serie A e Serie B in Italia e Liga spagnola in Spagna; dall'altra Amazon. Il colosso dell'e-commerce di Jeff Bezos si è posto come obiettivo quello di arricchire in maniera importante l'offerta sportiva all'interno del pacchetto PrimeVideo. Risultato: nel triennio 2021/2024 trasmetterà in Italia le migliori 16 partite in onda il mercoledì sera sul totale delle 137 della Champions League più la finale di Supercoppa europea.In un'assemblea di metà dicembre le 20 società di Serie A hanno definito l'ingresso del Consorzio Cvc-Advent-Fsi nella futura MediaCo con una quota del 10%, dando così input a Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega di A, di mandare avanti la negoziazione con il Consorzio per mettere a punto tutti gli aspetti della trattativa entro la prima settimana di gennaio 2021.Le prime settimane dell'anno nuovo saranno decisive per definire e mettere a punto la partnership tra la Lega calcio e la media company. A giorni è attesa, infatti, la pubblicazione del bando dei diritti tv per il mercato nazionale. Con questo bando - in scadenza il 16 gennaio 2021 - la Lega calcio punta a raggiungere l'obiettivo di 1,15 miliardi di euro, 177 milioni in più rispetto a quello del triennio precedente, quando ad aggiudicarsi i diritti furono da una parte Sky, con 780 milioni, e dall'altra Dazn, con 193 milioni, per un totale di 973 milioni. La mappa del risiko per l'assegnazione al momento è la seguente: Sky, che dovrebbe presentare un'offerta leggermente inferiore a quella di tre anni fa considerando la sentenza del Consiglio di Stato che gli impedisce di trasmettere in esclusiva sul web; Dazn, che secondo indiscrezioni punterebbe a confermare il pacchetto di tre partite ogni turno di campionato con il quale la piattaforma è entrata in gioco nel 2018; Amazon, che dopo essere entrata nel mercato italiano dalla porta della Champions League è pronta a farlo anche in Serie A, Mediaset e Tim, avrebbero intenzione di partecipare per il pacchetto digitale. Quel che è certo è che in ogni caso non potrà ripresentarsi una situazione analoga a quella del 2018 e si andrà verso un maggiore frazionamento dell'offerta sia per quanto riguarda i pacchetti, sia per le piattaforme. L'ipotesi che alla fine il bandolo della matassa si scioglierà con una trattativa privata, nel caso in cui non ci siano offerte soddisfacenti alla scadenza del bando, pare sempre più realistica.«Amazon non vede l'ora che inizi la prossima stagione della Uefa Champions League, uno dei tornei a squadre più prestigiosi del mondo. Siamo lieti di offrire ai nostri clienti in Italia le migliori partite del mercoledì sera dal 2021 in avanti» si legge sul comunicato con cui Amazon ha ufficializzato l'ingresso nel mercato italiano dei diritti tv del calcio. Una novità in Italia, non nel resto d'Europa, visto che già l'anno scorso Amazon aveva acquistato un pacchetto di 20 partite - due interi turni di campionato, il primo turno infrasettimanale del 3 dicembre 2019 e il Boxing day del 26 dicembre - della Premier League inglese e lo farà almeno fino alla stagione 2021/2022. Una scelta non casuale dal punto di vista commerciale e del marketing, considerando che per i possessori di un account Prime in tutta la Gran Bretagna le partite erano visibili senza costi aggiuntivi, in un periodo dell'anno in cui l'utilizzo della piattaforma di e-commerce aumenta vertiginosamente in vista dei regali di Natale. Il prezzo di un abbonamento ad Amazon Prime nel Regno Unito è di 79 sterline all'anno, circa 87 euro, oppure di 7,99 sterline al mese, quasi 9 euro, ma si può scegliere anche di sottoscrivere solamente il pacchetto PrimeVideo a 5,99 sterline al mese, ovvero 6,60 euro. In Italia, invece, l'abbonamento a Prime costa 36 euro all'anno (costava 19,99 nel 2018 e 9,99 euro nel 2015). Per quanto riguarda la trasmissione di eventi sportivi, Amazon è presente anche in Germania - 69 euro all'anno o 7,99 euro al mese il costo dell'abbonamento - dove ha acquistato un pacchetto per mandare in onda le partite del martedì sera della Champions League 2021/2022, il resto invece le ha Dazn. In Francia l'azienda americana ha i diritti del Roland Garros e l'abbonamento costa 49 euro all'anno. Negli Stati Uniti, invece, il prezzo è di 119 dollari annui, quasi 97 euro, e l'offerta sportiva contempla alcune partite della Nfl - la National Football League - ovvero la maggiore lega professionistica nordamericana di football americano, la cui stagione si conclude ogni anno con il Super Bowl. La più grande Internet company al mondo, con sede a Seattle, ha già fatto sapere di voler puntare anche ai diritti della Formula 1 «Sono un potenziale partner incredibilmente importante e un'opportunità per noi di espandere e far crescere la nostra attività» ha confermato Chase Carey, ad della F1 in un'intervista rilasciata al Financial Times. Nel ricco portfolio di Amazon ci sono anche altri sport come il cricket, visto che è stato firmato un accordo con la Nazionale della Nuova Zelanda, e il rugby con la trasmissione della Autumn Nations Cup.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/-diritti-tv--calcio-2649644346.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="l-esperimento-mediapro-in-francia-non-ha-funzionato" data-post-id="2649644346" data-published-at="1609001466" data-use-pagination="False"> L'esperimento MediaPro in Francia non ha funzionato Ansa Tre anni fa, prima che il bando per il triennio 2018-2021 dei diritti televisivi del calcio italiano venisse vinto da Sky e Dazn, c'era stato il forte rischio di vederlo assegnato a MediaPro. Un pericolo scampato visto quel che è successo e sta succedendo in Francia dove la principale emittente delle partite della Ligue 12, massima serie del campionato transalpino, non ha rispettato la scadenza del 5 dicembre per il pagamento della terza rata relativa ai diritti televisivi. Il gruppo spagnolo ma di proprietà cinese non ha ancora pagato nemmeno la seconda rata del contratto, equivalente a 172,3 milioni di euro. Il gruppo guidato da Jaume Roures aveva anche chiesto uno sconto vista la crisi finanziaria provocata dalla pandemia di coronavirus che ha messo in ginocchio tutto il sistema calcio francese.Il flop francese di MediaPro è dovuto al mancato raggiungimento di abbonamenti che il gruppo spagnolo si era prefissato al momento dell'ingresso in Ligue 1: si puntavano 3 milioni e 500.000 utenti, ci si è ritrovati con appena 278.000 sottoscrizioni, per un abbonamento che costa 25,90 euro al mese. MediaPro si era aggiudicata i diritti tv del calcio francese con una spesa di 814 milioni di euro a stagione per quattro anni, dal 2020 al 2024, senza però alcuna garanzia bancaria. Il presidente della Lega calcio francese, Vincent Labrune, ha tuonato all 'Equipe: «Lo sconto richiesto da Roures a stagione in corso rischia di inquinare il rapporto di fiducia con MediaPro. Sono sorpreso dalla forma e preoccupato dalla sostanza. La tempistica dell'annuncio di MediaPro è adir poco sorprendente e arriva solo poche settimane dopo il pagamento della prima rata».In Germania, invece, si va verso una revisione della distribuzione dei ricavi provenienti dalla vendita dei diritti tv. La Federcalcio tedesca ha deciso infatti che dalla prossima stagione il 50% dei diritti televisivi sia nazionali che esteri dovranno essere ripartiti equamente ai club. Un modo per venire incontro alle società di calcio e aiutarle a gestire l'impatto finanziario della pandemia. «Stiamo cercando di prendere decisioni, in tempi davvero incerti, che mirano principalmente a guidare tutti i 36 club attraverso questa crisi. Non sono tempi per soluzioni radicali, ma per soluzioni affidabili su cui basarsi per andare avanti» ha spiegato Christian Seifert, amministratore delegato del Dfl, la Deutsche Fußball Liga. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/-diritti-tv--calcio-2649644346.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="sky-e-amazon-insieme-primevideo-disponibile-su-skyq" data-post-id="2649644346" data-published-at="1609001466" data-use-pagination="False"> Sky e Amazon insieme: PrimeVideo disponibile su SkyQ Maximo Ibarra, amministratore delegato di Sky Italia (Ansa) In tempi di crisi si sa, la collaborazione tra emittenti e piattaforme, è sempre più preziosa. Succede quindi che Sky e Amazon trovino un accordo che consentirà agli abbonati Sky la visione dei contenuti di PrimeVideo su Sky Q. Una partnership pluriennale valida su tutto il territorio europeo grazie alla quale gli abbonati a entrambi i servizi potranno usufruire su un unico dispositivo serie tv, film, sport e tutto quello che è in catalogo. «Questo è un regalo di Natale che facciamo in anticipo ai nostri abbonati Sky Q che quest'anno sul box troveranno ad attenderli l'app Prime Video. Senza mai uscire da Sky Q, potranno passare direttamente dall'ultima stagione di Fargo su Sky Atlantic a The Boys su Prime Video. Questo accordo inoltre, permetterà ad ancora più persone di accedere alla nostra formidabile app Now Tv attraverso i dispositivi Amazon Fire Tv» ha commentato Stephen van Rooyen, ceo di Sky per quanto riguarda il Regno Unito e il resto d'Europa. Un accordo che rende contenti tutti, come sottolinea anche Maximo Ibarra, amministratore delegato di Sky Italia: «Grazie a questa partnership, Sky Q è sempre più il punto di riferimento per chi vuole avere in unico posto l'ampia scelta di contenuti targati Sky, le principali app in streaming e un'esperienza di visione semplice e coinvolgente. Tutto questo rende molto più facile ai nostri abbonati trovare i contenuti che amano di più, semplificandogli la vita».
D’altronde, quando la Casa Bianca aveva minacciato la prima volta un intervento militare, era stato addirittura il consigliere della Segreteria di Stato vaticana, padre Giulio Albanese, a descrivere alla Stampa l’«equilibrio quasi perfetto tra cristiani e musulmani» in Nigeria, turbato dal tycoon allo scopo di «consolidare consenso in casa». E allora, come funziona davvero tale fulgido esempio di coesistenza tra confessioni diverse?
Un dato dice tutto: i cristiani rischiano 6 volte e mezzo di più dei musulmani di finire uccisi e cinque volte di più di essere rapiti. Lo si evince dai report dell’Osservatorio per la libertà religiosa in Africa (Orfa). Quelli della Fondazione Porte aperte sono altrettanto sconvolgenti: nel 2025, l’82% degli omicidi e dei rapimenti di fedeli di Gesù nel mondo è risultato concentrato in Nigeria. Nei primi sette mesi dell’anno, hanno perso la vita oltre 7.000 cristiani. È una tendenza ormai consolidata. Tra ottobre 2019 e settembre 2023 - sempre stando alle ricerche Orfa, illustrate anche dal portale Aciafrica - la violenza religiosa, nella nazione affacciata sul Golfo di Guinea, ha provocato la morte di 55.910 persone in 9.970 attentati. I cristiani ammazzati sono stati 16.769, i musulmani 6.235. Di 7.722 vittime civili non si conosceva la religione. Nello stesso periodo, i rapiti cristiani sono stati 21.621. La World watch list, per il 2024, ha contato 3.100 vittime cristiane, oltre a 2.380 sequestrati. La relazione di Aics-Aiuto alla Chiesa che soffre sottolineava che, lo scorso anno, la Nigeria era all’ottavo posto nella ignominiosa classifica del Global terrorism index. «Sebbene anche i musulmani siano vittime delle violenze», precisava il documento, «i cristiani rappresentano il bersaglio di gran lunga prevalente».
Ciò non significa che gli islamici se la spassino, oppure che i jihadisti non approfittino della povertà per attirare miliziani e conseguire obiettivi politici ed economici, tipo il controllo delle risorse naturali. Le sofferenze dei musulmani sono atroci. Per dire: la sera del 21 dicembre, 28 persone, tra cui donne e bambini, sono state catturate nello Stato di Plateau, nel centro del Paese, mentre si recavano a un raduno per la festività maomettana del Mawlid, in cui si onora la nascita del «profeta». Pochi giorni prima, le autorità avevano ottenuto il rilascio di 130 tra studenti e insegnanti di alcune scuole cattoliche.
Un mese fa, intervistato da Agensir, padre Tobias Chikezie Ihejirika, prete somasco nigeriano, di stanza nel Foggiano, era stato chiaro: «I responsabili di questi attacchi sono quasi sempre musulmani». E la classe dirigente, esattamente come lamentato da Trump, non ha profuso grandi sforzi per prevenire i massacri: alcuni criminali, riferiva padre Tobias, sono persino «figure protette all’interno del governo. […] Sarebbe di grande aiuto se le organizzazioni internazionali tracciassero il flusso di denaro destinato alla risoluzione dei conflitti e identificassero coloro che ci speculano su. Questi fondi dovrebbero essere impiegati per risolvere i problemi, non per alimentare la violenza». Solito quadretto dell’ipocrisia occidentale: noi ci laviamo la coscienza spedendo aiuti, il denaro finisce in mani sbagliate e gli innocenti continuano a morire. Bombardare è inutile? Ma anche le strade battute finora si sono rivelate vicoli ciechi.
Stando alle indagini più recenti del Pew research center (2020), il 56,1% della popolazione, specie nel Nord della Nigeria, è islamica, con una nettissima prevalenza di sunniti. I cristiani sono il 43,4%, in maggioranza protestanti (74% del totale dei fedeli, contro il 25% di cattolici e l’1% di altre Chiese, compresa la ortodossa).
L’elenco di omicidi e rapimenti è agghiacciante. E in occasione delle festività, la ferocia aumenta. A Pasqua 2025, in vari attentati, erano stati assassinati 170 cristiani. A giugno, 100 o addirittura 200 sfollati erano stati presi di mira da bande armate; molti di loro erano cristiani. Il Natale più sanguinoso, forse, è stato quello di due anni fa: 200 morti e 500 feriti in una scia di attacchi jihadisti. E poi ci sono i sequestri dei sacerdoti. Gli ultimi, tra novembre e dicembre 2025: padre Emmanuel Ezema, della diocesi di Zaria, nella parte nordoccidentale del Paese; e padre Bobbo Paschal, parroco della chiesa di Santo Stefano, nello Stato di Kaduna, Centro-Nord della Nigeria. Proprio il primo martire della Chiesa è stato invocato ieri dal Papa, affinché «sostenga le comunità che maggiormente soffrono per la loro testimonianza cristiana». Trump? Bene: chi ha idee migliori, che non siano restare a guardare?
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Il ministro degli Esteri della Nigeria Yusuf Maitama Tuggar (Getty Images)
Gli attacchi dell’aviazione statunitense sono stati concordati anche con il governo di Abuja, che ha subito confermato i bombardamenti contro i terroristi. Il presidente della Nigeria, Bola Tinubu, aveva cercato di minimizzare il problema, dopo le accuse di Donald Trump, ma la situazione sul campo resta critica per la minoranza cristiana che ancora non ha abbandonato gli Stati del nord come ha già fatto la maggioranza. Yusuf Maitama Tuggar è un diplomatico di lunga esperienza e da circa un anno e mezzo guida il ministero degli Esteri della Nigeria, dopo essere stato ambasciatore in Germania.
Ministro Tuggar, il governo nigeriano ha dichiarato di essere al corrente dell’attacco degli Stati Uniti.
«Il presidente Tinubu e tutto il suo gabinetto ministeriale, così come i vertici delle forze armate, erano stati preventivamente informati delle operazioni militari statunitense. Si tratta di attacchi chirurgici che hanno ucciso un numero ancora imprecisato di pericolosi terroristi. La Nigeria vuole collaborare con gli Stati Uniti, che è un grande alleato e che come noi vuole distruggere il terrorismo islamico. Gli Stati di Sokoto e Kebbi, al confine con Niger e Benin, vivono una situazione complicata per le continue infiltrazioni di gruppi islamisti provenienti dalle nazioni vicine. Non escludiamo che in futuro potremmo operare ancora insieme su obiettivi militari molto precisi e sempre nell’ambito della lotta al terrorismo internazionale. Una cooperazione che comprende scambio di intelligence, coordinamento strategico e altre forme di supporto, tutto sempre nel rispetto del diritto internazionale e della sovranità nazionale».
Gli Stati Uniti accusano lo Stato islamico di voler sterminare i cristiani nigeriani e il vostro governo di non fare abbastanza per difenderli.
«Utilizzare il termine Stato islamico è una semplificazione, perché si tratta di una galassia molto complessa. Nella nostra nazione non c’è una presenza significativa dell’Isis in quell’area. Nel nord-ovest, abbiamo bande criminali, chiamate localmente banditi, e di recente è arrivato un gruppo chiamato Lakurawa. Si tratta di miliziani che hanno iniziato a riversarsi in Nigeria dal Sahel, ma negli ultimi 18 mesi-due anni si sono stabiliti negli Stati di Sokoto e Kebbi. I capi delle tribù locali hanno fatto un errore permettendo a questo gruppo di insediarsi nelle loro province per utilizzarli per difendersi dalla criminalità comune, ma la situazione è degenerata e adesso sono un pericolo per tutti. I Lakurawa sono un gruppo terroristico, ma smentiamo che siano ufficialmente parte della Provincia dello Stato Islamico del Sahel (Issp), l’ex Provincia dello Stato islamico del Grande Sahara (Isgs). Questo gruppo agisce soprattutto nelle zone occidentali vicino al lago Ciad e le nostre forze armate lo stanno costringendo a lasciare il nostro territorio. Voglio smentire ufficialmente che il governo nigeriano faccia poco per difendere i cristiani. Tutti i cittadini hanno uguali diritti e sono sotto la protezione dello Stato. Questi terroristi uccidono anche musulmani ed animisti, perché sono dei criminali».
Tutta l’Africa centrale e occidentale rischia di essere travolta dal terrorismo islamico e molte nazioni appaiono impotenti.
«La Nigeria ha istituito una serie di corpi speciali per la lotta all’estremismo islamico che agisce sul territorio. La settimana scorsa abbiamo liberato 30 studentesse rapite da una scuola, arrestando gli uomini che le avevano prese. Il governo federale e quello locale stanno anche portando avanti una serie di azioni di reintegro per tutti quelli che abbandonano i gruppi armati. Nel Sahel ci sono province in mano ai terroristi che vogliono occupare anche il nord della Nigeria. Per questo motivo collaboriamo con diversi stati confinanti in operazioni militari congiunte e siamo felici che gli Stati Uniti ci vogliono aiutare, ma sempre nel rispetto delle decisioni del governo di Abuja».
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Laurent Vinatier (Ansa)
Vinatier, 49 anni, a giugno 2024 era stato arrestato dalle forze di sicurezza russe con l’accusa di spionaggio: non si era registrato come «agente straniero» mentre raccoglieva informazioni sulle «attività militari e tecnico-militari» della Russia, che avrebbero potuto essere utilizzate a scapito della sicurezza nazionale. All’epoca il francese, la cui moglie è di origine russa, era consulente dell’Ong svizzera Centro per il dialogo umanitario e aveva stabilito nell’ambito del suo lavoro contatti con politologi, economisti, funzionari ed esperti militari.
A ottobre 2024 era arrivata la condanna «amministrativa» a Vinatier, tre anni di reclusione per la mancata registrazione nell’elenco degli agenti stranieri. La difesa aveva chiesto una multa per l’errore che l’imputato ha riconosciuto di aver commesso «per ignoranza», mentre l’accusa chiedeva 3 anni e 3 mesi. Lo scorso 24 febbraio, questa condanna estremamente severa è stata confermata in appello sulla base della legislazione contro i presunti agenti stranieri.
Nell’agosto 2025, un fascicolo sul sito web del tribunale del distretto di Lefortovo a Mosca ha rivelato che un cittadino francese è accusato di spionaggio. Rischia fino a vent’anni di carcere ai sensi dell’articolo 276 del codice penale russo. «Il caso Vinatier ha ottenuto visibilità solo dopo che il giornalista di TF1 Jérôme Garraud, durante la conferenza stampa annuale del presidente russo Vladimir Putin il 19 dicembre, ha chiesto al capo dello Stato: “Sappiamo che in questo momento c’è molta tensione tra Russia e Francia, ma il nuovo anno si avvicina. La sua famiglia (di Laurent Vinatier, ndr) può sperare in uno scambio o nella grazia presidenziale?”. Il presidente russo ha risposto di non sapere nulla del caso ma ha promesso di indagare», sostiene TopWar.ru sito web russo di notizie e analisi militari. Putin ha aggiunto che «se esiste una possibilità di risolvere positivamente questa questione, se la legge russa lo consente, faremo ogni sforzo per riuscirci».
Il politologo è attualmente detenuto nella prigione di Lefortovo, penitenziario di massima sicurezza. Prima era «in un altro carcere a Mosca e poi per un mese a Donskoy nella regione di Tula, a Sud della capitale», ha riferito la figlia Camille alla rivista Altraeconomia spiegando che il padre «si occupa di diplomazia “secondaria”, ha studiato la geopolitica post-sovietica e negli ultimi anni si è occupato della guerra tra Russia e Ucraina» e che il secondo processo, dopo quello relativo a questioni amministrative è per accuse di spionaggio. Sarebbe vittima delle tensioni tra Mosca e Parigi a causa della guerra in Ucraina.
«Questo arresto e le accuse sono davvero mosse da una scelta politica e avvengono in un contesto specifico di crescenti tensioni tra Francia e Russia […] la chiave di tutto questo sta nella politica, non nella legge», concludeva la figlia, confermando l’ipotesi di uno scambio di prigionieri come possibile chiave di svolta della vicenda Vinatier.
L’avvocato della famiglia, Frederic Belot, ha affermato che sperano nel rilascio entro il Natale ortodosso del 7 gennaio. Uno scambio di prigionieri è possibile, ma vuole essere «estremamente prudente».
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Volodymyr Zelensky (Ansa)
A confermare il bilaterale, dopo l’indiscrezione lanciata da Axios, è stato lo stesso leader di Kiev: «Abbiamo un programma ampio e l’incontro si terrà questo fine settimana, credo domenica», ha detto ai giornalisti, non escludendo la partecipazione, in collegamento da remoto, dei rappresentanti dei Paesi europei. D’altronde, le conversazioni tra Kiev e la Casa Bianca non si sono fermate nemmeno il giorno di Natale: Zelensky ha avuto una lunga telefonata con l’inviato americano, Steve Witkoff, e con il genero di Trump, Jared Kushner, per approfondire «i formati, gli incontri e le tempistiche» per fermare la guerra. A quel colloquio telefonico sono poi seguiti ulteriori «contatti» tra il capo negoziatore ucraino, Rustem Umerov, e «la parte americana».
Al centro del dialogo con il tycoon ci saranno «alcune sfumature» sulle garanzie di sicurezza, ma soprattutto i nodi irrisolti per arrivare alla pace: il controllo del Donbass e dei territori orientali rivendicati dalla Russia e la gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia. Sul tavolo ci sono dunque le questioni più delicate e il significato del meeting, a detta di Zelensky, è «finalizzare il più possibile» visto anche che alcuni temi «possono essere discussi solo a livello di leader». A rivelare ulteriori dettagli è stato il presidente ucraino in un’intervista telefonica rilasciata ad Axios. Per la prima volta si è detto disposto a indire un referendum sul piano americano qualora Mosca accettasse un cessate il fuoco di 60 giorni. Pare però, secondo un funzionario americano, che la Russia sia disposta a concedere una tregua più breve. Riguardo alle garanzie di sicurezza, Zelensky ha affermato che servono discussioni sulle «questioni tecniche». In particolare, Washington ha proposto un patto di 15 anni che può essere rinnovato, ma secondo il presidente ucraino «il bisogno» sarà «per più di 15 anni». In ogni caso, l’incontro tra i due leader, come riferito da Axios, rifletterebbe «i progressi significativi dei colloqui». Vero è che Trump aveva dato la sua disponibilità solo qualora fosse vicino il raggiungimento di un accordo. Un’ulteriore conferma dei «progressi» emerge dalle parole di Zelensky, che ha dichiarato: «Il piano di 20 punti su cui abbiamo lavorato è pronto al 90%. Il nostro compito è assicurarci che tutto sia pronto al 100%. Non è facile, ma dobbiamo avvicinarci al risultato desiderato con ogni incontro, con ogni conversazione». Un membro della delegazione ucraina, Sergiy Kyslytsya, ha rivelato al Financial Times che le posizioni della Casa Bianca e di Kiev sarebbero piuttosto vicine. Ed è dunque arrivato «il momento» che i due presidenti «benedicano, modifichino e calibrino, se necessario» il piano di pace.
In vista dell’incontro in Florida, Zelensky ha già iniziato a consultarsi con i partner. Ieri pomeriggio ha avuto «un’ottima conversazione» con il primo ministro canadese, Mark Carney, per aggiornarlo «sullo stato di avanzamento» del «lavoro diplomatico» ucraino «con gli Stati Uniti». Zelensky ha poi aggiunto: «Nei prossimi giorni si potrà ottenere molto sia a livello bilaterale fra Ucraina e Stati Uniti, sia con i nostri partner della coalizione dei Volenterosi». Anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte, è stato consultato dal presidente ucraino per discutere «degli sforzi congiunti per garantire la sicurezza» e «coordinare le posizioni» prima dei colloqui con il tycoon. La maratona telefonica del leader di Kiev ha incluso anche il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e il primo ministro danese, Mette Frederiksen.
Nel frattempo, proseguono i contatti anche tra il Cremlino e la Casa Bianca. A rivelarlo è stato il portavoce russo, Dmitry Peskov: «Dopo che Kirill Dmitriev ha riferito al presidente sui risultati del suo viaggio in America e sui suoi contatti con gli americani, queste informazioni sono state analizzate e, su indicazione del presidente Putin, si sono già verificati contatti tra i rappresentanti delle amministrazioni russa e statunitense». A guidare le conversazioni telefoniche, da parte di Mosca, è stato il consigliere presidenziale russo, Yuri Ushakov. Riguardo alle questioni territoriali, secondo la rivista russa Kommersant, Putin, durante una riunione con gli imprenditori avvenuta la vigilia di Natale, ha dichiarato che potrebbe essere disposto a rinunciare a parte del territorio ucraino controllato dai soldati di Mosca, ma non è disposto a fare marcia indietro sul Donbass. Lo zar, nel meeting, ha affrontato anche la gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia. E, stando a quanto rivelato da Kommersant, Putin ha comunicato che non prevede la partecipazione ucraina, ma solamente una gestione congiunta con gli Stati Uniti con cui sono in corso le trattative. Sul piano di pace, il viceministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, è tornato a sbilanciarsi. Nel talk show 60 minuti, trasmesso dalla tv russa Rossija-1, ha affermato che il piano di pace rivisto dall’Ucraina è «radicalmente diverso dai 27 punti» su cui ha lavorato Mosca. E pur annunciando che la fine della guerra è «vicina», Ryabkov ha accusato l’Ucraina e l’Europa di aver «raddoppiato gli sforzi» per «affossare» l’accordo di pace.
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