2023-06-28
Zuppi a Mosca, gelo ucraino: «Non ci serve»
Il presidente della Cei è arrivato ieri nella capitale, seconda tappa della missione di pace. Riserbo sull’agenda degli incontri. Sergej Lavrov: «È un’iniziativa positiva». Andriy Yermak, braccio destro di Volodymyr Zelensky, tuona: «Non abbiamo bisogno di alcuna mediazione».«Trasformare il nemico in un avversario». Sembra un obiettivo minimo ma è un Everest, quello che si propone il cardinale Matteo Zuppi atterrato ieri sera a Mosca via Istanbul, punta di diamante della diplomazia vaticana inviata da papa Francesco per continuare a tessere la tela della pace. Dopo la missione a Kiev d’inizio giugno, il numero uno della Conferenza episcopale italiana chiude il cerchio nel tentativo di costruire una rete di rapporti che conduca all’uscita dal tunnel bellico. «Proviamo a togliere ogni ostacolo, a passare dalla mentalità militare alla mentalità politica, a creare un’atmosfera di pace», ha spiegato il segretario di Stato, Daniele Parolin, illustrando la missione che sembra avere in sé qualcosa di impossibile ma che è anche accompagnata dalla provvidenza.Il gesto ha una forza simbolica enorme. L’impossibile è determinato dal muro contro muro fra Vladimir Putin da una parte, Volodymyr Zelensky e il blocco occidentale guidato da Washington dall’altra. Qualcosa che non tende ad ammorbidirsi e che spegne sul nascere ogni intenzione pacificatrice in questa guerra fratricida cominciata con l’invasione russa dell’Ucraina e proseguita fra massacri, esibizioni muscolari e granitici diktat. «Non è una mediazione vaticana, qui nessuno ha la bacchetta magica. È un gesto di diplomazia umanitaria», precisano dalla Santa Sede, ma sperano che qualcosa accada. Anche perché (e qui sta l’intervento provvidenziale) il viaggio di Zuppi arriva nel momento di maggiore fragilità di Putin, scosso nelle sue certezze dall’ammutinamento della brigata Wagner, dalla marcia su Mosca dei mercenari di Evgenij Prigozhin, dall’eco internazionale di un colpo di scena che ha mostrato il ventre molle del regime.In questo scenario è possibile che l’arcivescovo di Bologna incontri benevolenza o, almeno, attenzione. Nei due giorni a Mosca, Zuppi incontrerà personalità politiche (l’agenda di viaggio non è nota), forse lo stesso Putin e, molto probabilmente, il patriarca ortodosso Kirill. Anche con quest’ultimo ci sarà da appianare qualche dissapore, dopo che Francesco lo aveva definito «il chierichetto di Putin».Da parte russa la missione è apprezzata, lo dimostrano le parole del ministro degli Esteri, Sergej Lavrov: «L’iniziativa del Papa va valutata positivamente». Da parte ucraina anche, ma con pensanti distinguo: «La missione è utile se segna l’inizio del coinvolgimento del Vaticano nello scambio di prigionieri e nel ritorno dei bambini. La nostra posizione è chiara e l’abbiamo espressa in modo molto aperto: non abbiamo bisogno di alcuna mediazione e questo perché abbiamo avuto cattive esperienze. Non ci fidiamo della Russia», ha dichiarato Andriy Yermak, il capo dell’ufficio presidenziale ucraino. Il fulcro degli incontri sarà il tentativo di far tornare a casa i bambini deportati dall’esercito russo in ripiegamento. Un passo alla volta verso il punto di contatto, verso l’indispensabilità del dialogo. Ha ripetuto più volte Francesco: «La pace sarà raggiunta il giorno in cui potranno parlare, tra loro due o tramite altri».Nell’affrontare la missione, il cardinal Zuppi si era mostrato realista. «Faremo tutto il possibile, in piena sintonia con il Santo Padre. Lo faremo con molta pazienza ma anche con urgenza perché ogni giorno in più vuol dire tanta sofferenza in più». Il passo in avanti è importante e ancora una volta la Chiesa mostra il suo volto generoso e disinteressato nel volersi schierare in prima linea per spegnere un incendio bellico, per salvaguardare i diritti dei popoli più che dei governi, per far sì che la misericordia abbia la meglio sulla prepotenza. La Santa Sede prova ad arrivare al risultato in tre fasi: l’ascolto, la pace giusta, la collaborazione sul piano umanitario. Siamo nel pieno del primo step. E non è detto che, per completarlo, non sia necessario prenotare anche un volo per Washington.Il viaggio della delegazione vaticana a Mosca ha un secondo scopo: sondare il terreno in vista dello showdown del 18 luglio, quando scadrà l’intesa mediata dalla Turchia (e sancita dall’Onu) sul corridoio del grano del Mar Nero. Qualche settimana fa Mosca aveva fatto sapere di non voler rinnovare il passaggio dei cereali ucraini senza un gesto di distensione dell’Occidente: la cancellazione delle sanzioni sull’esportazione di fertilizzanti russi. Nulla di spirituale, ma tema importante per comprendere il clima e le vere intenzioni della Russia di sedersi a un tavolo comune. Come già aveva fatto a Kiev incontrando Zelensky, il presidente della Cei potrebbe consegnare a Putin una lettera del Papa. Il contenuto è riservato ma si intuisce che il definirsi «equivicino» fra popolo ucraino e popolo russo sia la bussola morale di Bergoglio che, negli ultimi tempi, ha più volte citato le parole di Pio XII alla vigilia della Seconda guerra mondiale: «Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra».La notizia dell’arrivo del cardinale Zuppi ha provocato la reazione di gioia del presidente dei vescovi cattolici russi, monsignor Paolo Pezzi: «Il valore della visita è molto alto, anche perché l’urgenza e la disponibilità alla pace mi sembrano accresciute. E le attese sono grandi». Sulle priorità non ha dubbi: «La situazione dei prigionieri di guerra e quella dei profughi saranno in primo piano. Su questi temi si potranno fare anche subito passi concreti. Sarà fondamentale anche parlare con Kirill per percorrere insieme la strada della pace».
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)