2024-11-17
L’eredità di Zingaretti: un «buco» da 56 milioni sui treni che non ci sono
L’ex governatore del Lazio aveva acquistato dei convogli per linee regionali, che però non arrivano. Problemi sulle fideiussioni, come nel caso delle mascherine fantasma. E Francesco Rocca manda le carte in Procura.Era il 19 febbraio del 2018 quando Nicola Zingaretti calò uno degli assi della sua campagna elettorale che lo portò poi ad essere riconfermato governatore del Lazio: il rinnovo della flotta delle ferrovie «ex concesse», la Roma-Lido di Ostia e la Roma-Civita Castellana-Viterbo. Zingaretti presentò infatti alla stampa, insieme all’allora assessore ai Trasporti Michele Civita il bando per l’acquisto dei nuovi treni per le due linee. Un finanziamento di 100 milioni di euro che doveva essere il primo step dell’intera gara del valore totale di 314 milioni di euro che prevede, inoltre, la manutenzione per 10 anni a carico del fornitore.A quasi 7 anni di distanza Zingaretti, dimessosi dalla Regione Lazio a novembre 2022 (con qualche mese di anticipo dalla fine del mandato) dopo essere stato eletto alla Camera, è il capo delegazione del Pd al Parlamento europeo, ma dei treni promessi in campagna elettorale non c’è ancora traccia. E forse potrebbero addirittura non arrivare mai, visto che in una lettera inviata al fornitore, la Regione Lazio, nel frattempo guidata dalla giunta di centrodestra di Francesco Rocca, ipotizza perfino la risoluzione dei contratti. E soprattutto, ha presentato un esposto alla Procura d Roma, con il quale chiede di fare chiarezza sulle fidejussioni che la società vincitrice dell’appalto aveva presentato a garanzia dei contratti sottoscritti. Una sorta di dejà vu, che ricorda da vicino la vicenda delle mascherine comprate dalla Regione Lazio nel pieno dell’emergenza Covid, mai arrivate (La Corte dei conti contesta a Zingaretti e all’ex capo della Protezione civile Carmelo Tulumello un danno erariale da 11,1 milioni di euro) e -in quel caso- garantite da fideiussioni farlocche. Una vicenda risalente al 2020, che però sembra non avere insegnato molto a Zingaretti rispetto alle cautele necessarie con le polizze fideiussorie Ma torniamo ai treni. Il 20 gennaio 2022, a poco meno di 4 anni dalla presentazione in pompa magna del bando per i convogli, Zingaretti era stato, come al solito, trionfalistico: «Oggi pomeriggio verranno firmati contratti (in realtà la data sul contratto è del 22 gennaio, ndr) per gli 11 nuovi treni delle ferrovie concesse, la Roma - Lido e la Roma-Viterbo. Gli 11 treni arriveranno nei prossimi mesi e anche su questo fronte migliorerà il servizio. Mi auguro che questo piccolo segnale ci aiuti a ritrovare la speranza e a correre di più». Il contratto sottoscritto dalla Regione Lazio con la Titagarh Firema Spa di Caserta, nata nel 2015 dalle ceneri della Firema trasporti, prevedeva la consegna dei primi due treni, uno destinato alla «Lido» e uno all’altra linea, entro 630 giorni dalla firma dell’accordo. A conti fatti, l’arrivo era previsto alla fine del 2023. Altri due treni, uno per linea, dovevano essere consegnati al massimo 90 giorni dopo i primi due convogli. Gli scaglioni successivi sarebbero stati invece ogni 40 giorni dalla consegna precedente, fino ad arrivare al totale di 11 treni, per la linea che collega Roma con Ostia e 6 per quella che da piazzale Flaminio arriva a Viterbo passando per l’entroterra. In buona sostanza, la fornitura degli 11 convogli doveva essere conclusa entro il 20 giugno di quest’anno. Ma dei treni, come detto, non c’è ancora traccia. La prima tranche di convogli doveva fare parte di un accordo quadro più ampio, ricostruito nell’esposto di 13 pagine, firmato dal responsabile della direzione regionale Trasporti, mobilità, tutela del territorio, demanio e patrimonio della Regione Lazio Fabrizio Mazzenga e dal responsabile unico del procedimento (Rup) della gara dei treni Giuseppe Ferraro. «Il suddetto accordo quadro» scrivono «la cui esecuzione è demandata a singoli contratti applicativi, prevede la fornitura di 38 treni convogli da adibire al servizio di trasporto pubblico di cui 20 convogli sulla Ferrovia Roma-Lido, 12 convogli sulla tratta urbana della Ferrovia Roma-Viterbo e convogli sulla tratta extraurbana della Roma-Viterbo, nonché il servizio decennale di manutenzione del materiale rotabile fornito, compresi i materiali di ricambio e di consumo necessari e la fornitura di ricambi per scorte, per eventuali atti vandalici ed incidenti». Il tutto per una «durata pari ad otto anni, per un importo complessivo» pari a 282 milioni di euro. L’importo del contratto applicativo per i primi 11 treni è di 79,1 milioni di euro per i quali la Regione Lazio ha versato una caparra di 19,5 milioni. Per il secondo contratto, firmato il 28 marzo 2022, a fronte di corrispettivo complessivo pari a 156,9 milioni, gli uffici della Regione hanno sborsato un anticipo di 37,6 milioni. Per un totale di 56,5 milioni. «Titagarh Firema Spa» si legge nell’esposto, «a garanzia degli obblighi nascenti dall’accordo quadro e dalle anticipazioni sul corrispettivo riferite ai primi due contratti applicativi, ha prodotto al committente una serie di «garanzie finanziarie». Una «cauzione» a garanzia degli obblighi contrattuali derivanti dall’accordo quadro, rilasciata in data 19 gennaio 2022 da Sia paybanco […], con sede in […] Jurmala (Lettonia), con dichiarazione e sottoscrizione firmata digitalmente dal procuratore Rita Kazauskas, per l’importo di 11.598.357,58 euro». Una «garanzia fideiussoria per l’anticipazione del 30% oltre IVA dell’importo del primo contratto applicativo escluso l’importo pari al 20% e relativo al periodo decennale di manutenzione», rilasciata il data 6 maggio 2022 ancora da Sia paybanco, per l’importo di 19,5 milioni di euro. Infine, un’ulteriore «garanzia fideiussoria» garanzia fideiussoria «per l’anticipazione del 30% oltre IVA dell’importo del secondo contratto applicativo escluso l’importo pari al 20% relativo al periodo decennale di manutenzione», rilasciata il 16 dicembre 2022 da Vakuutusosakeyhtiö bothnia international, con sede ad Helsinky (Finlandia), per 37,6 milioni di euro. A settembre di quest’anno, la Regione Lazio avvia una serie di verifiche per accertare «la perdurante validità delle suddette garanzie finanziarie» avvalendosi indicazioni fornite dalle linee guida elaborate da Banca d’Italia, Ivass Anac e Agcm «recanti gli adempimenti da assolvere per prevenire i rischi in capo all’amministrazione appaltatrice laddove quest’ultima dovesse provvedere alla escussione delle garanzie».Dai controlli svolti dagli uffici regionali sarebbe emerso che la Sia paybanco «non risulta censita tra i soggetti abilitati al rilascio di dette garanzie». Ma non basta, alla società lettone, che in passato «avrebbe operato quale istituto di moneta elettronica» la Banca di Lettonia, con un comunicato pubblicato il 14 aprile 2022 sul proprio sito istituzionale, ha reso noto che il consiglio della Commissione per il mercato finanziario e dei capitali ha deciso di cancellare la registrazione della Paybanco dal registro degli istituti di moneta elettronica perché inattiva dal 2016. La Paybanco ha prima risposto alla Regione che le polizze «sono nulle a causa del mancato rispetto delle clausole contrattuali riportate nel contratto di prestito titoli da parte del contraente», poi ha corretto il tiro dichiarando che le garanzie rilasciate all’ente sarebbero però state surrogate alla Aba pay Sro, con sede nella Repubblica ceca. Che però, secondo i due dirigenti dell’ente, «non risulta censita tra i soggetti abilitati al rilascio di garanzie». La Vakuutusosakeyhtiö bothnia International, invece, risulta iscritta come compagnia di assicurazione in Finlandia, ma avrebbe rilasciato l’ultima fideiussione nel lontano 2001. La società finlandese, contattata via mail dalla Regione Lazio, ha risposto che «le polizze non sono da loro emesse ed ha rimandato alle segnalazioni di warning pubblicate». Ovvero alla segnalazione proveniente dall’autorità di vigilanza del paese di origine di detta società, con la quale è stata resa. nota la commercializzazione in Italia di polizze contraffatte, tramite un sito falso apparentemente riconducibile alla Vakuutusosakeyhtiö, che ha pubblicato un apposito «warning» sul suo sito. Le conclusioni di Mazzenga e Ferraro sono nette: «Il complesso delle verifiche svolte ha quindi evidenziato che le garanzie finanziarie prodotte dal fornitore in esecuzione degli obblighi contrattuali assunti non soddisfano i requisiti previsti dalle disposizioni di cui al Codice dei contratti pubblici ed alla normativa di settore applicabile». Il 14 ottobre, in una riunione la Regione ha reso noto a Titagarh Firema l’esito delle verifiche. Durante l’incontro, Marco Cafiero direttore generale di Firema, ha ribadito «la ferma convinzione di riuscire a consegnare il primo treno per il mese di febbraio 2025, poiché le attività produttive, dopo l’approvvigionamento dei materiali, risultano di più semplice esecuzione». Dal verbale dell’incontro che La Verità ha visionato emerge anche che il manager dell’azienda campana ha sottolineato che «tutti gli aspetti tecnici che a suo avviso, unitamente alla risoluzione di problematiche insorgenti nel corso della produzione, rendono verosimile il rispetto degli obiettivi della commessa». Nessuna certezza sugli sviluppi, quindi. Eppure, nonostante il fatto che sia trascorso un anno dalla data prevista per la consegna del primo treno, Cafiero «evidenzia un atteggiamento da parte del committente estremamente critico ed auspica, pertanto, una fiducia maggiore» Il giorno dopo, come già anticipato durante la riunione, La Regione Lazio ha diffidato la società a provvedere «entro e non oltre 15 giorni dalla notifica» del documento «alla ricostituzione delle suddette garanzie finanziarie nel rispetto delle disposizioni di cui al Codice dei contratti pubblici ed in ossequio alle condizioni stabilite dagli accordi sottoscritti tra le parti […] al fine di assicurare l’adempimento delle obbligazioni dedotte nei contratti medesimi e mediante il ricorso a primarie imprese bancarie o assicurative che rispondano ai requisiti di solvibilità previsti dalle leggi che ne disciplinano le rispettive attività, oppure dagli intermediari finanziari iscritti nell’albo» La missiva si conclude «con l’avvertimento che, in difetto, si procederà alla risoluzione dei rapporti contrattuali […] alle conseguenti azioni nelle sedi competenti a tutela del committente». Come detto, il 4 novembre i due dirigenti hanno passato la palla alla Procura della Repubblica.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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