2022-03-09
Zelensky ottiene i caccia occidentali ma è pronto a trattare con Putin
Volodymyr Zelensky (Ukrainian Presidency / Handout/Anadolu Agency via Getty Images)
A Westminster, il presidente rimprovera gli alleati: «Non ci avete sostenuto». La Polonia però gli affida i Mig tramite gli Usa, dove sorgono dubbi sulla lotta a oltranza. E Kiev apre: «Accordiamoci su Crimea e Donbass».Sarà l’apocalisse atomica, provocata da una battaglia sui cieli ucraini? O siamo all’alba di un vero negoziato? In collegamento con Westminster, Volodymyr Zelensky cita Winston Churchill: «Combatteremo fino alla fine». E incalza: «Non vogliamo perdere ciò che è nostro, come un tempo voi non avete voluto» arrendervi di fronte «all’invasione nazista». La sua resistenza, però, sembra ammorbidirsi. Si aprono spiragli per valutare un’intesa con il nemico. Perché un conto è vincere la «guerra della comunicazione» ed essere perciò incensati dai media occidentali; un conto è affrontare l’Armata russa, che si prepara a sferrare il truculento attacco finale a Kiev. Davanti agli onorevoli britannici, il presidente ucraino torna a invocare la no fly zone. In serata, ottiene addirittura i Mig 29 polacchi. Ma intanto, rafforza i segnali diplomatici. Chiarendo che, su Crimea e Donbass, «possiamo discutere e trovare un compromesso». Senza ultimatum.Il tredicesimo giorno di bombardamenti, l’ex attore comico lo apre con un’intervista apocalittica alla Abc, trasmessa nella notte italiana: «Questa guerra non finirà così. Scatenerà la guerra mondiale», profetizza. Sarebbe praticamente certo, qualora l’Occidente, che finora lo ha escluso, desse retta alla sua preghiera di «proteggere i cieli dell’Ucraina». Costringendo cioè i caccia dell’Alleanza atlantica ad abbattere i Sukhoi russi che violassero lo spazio aereo interdetto. Zelensky, poi, accusa Vladimir Putin: «È un criminale di guerra». In giornata, tuttavia, la glorificazione unanime del leader in tenuta militare, che presidia il quartiere governativo nella sua capitale, inizia a cedere il passo allo scetticismo. Le riserve sulla lotta «a tutti i costi» , sempre per usare un’espressione di Churchill, serpeggiano persino Oltreoceano - e in ambienti ultra progressisti. La Cnn, per dire, osserva che «l’eroismo di Zelensky si sta scontrando con le linee rosse», ossia, i paletti imposti dall’Occidente. L’Ue non pare ancora pronta ad allargare al comparto energetico il terzo pacchetto di sanzioni. E Joe Biden, che pure ha fermato l’import di petrolio e gas, comprende gli alleati che «non sono in grado di unirsi» a questo tipo di rappresaglia. Anche Boris Johnson, primo ministro di un Paese da anni in cattivi rapporti con la Russia, ha chiuso agli scambi di petrolio e tuttavia non ha potuto svincolarsi dagli approvvigionamenti di oro azzurro. È in serata che si manifesta di nuovo lo spettro di un’escalation. Varsavia annuncia che, in cambio di altrettanti F16 americani, spedirà a Ramstein, in Germania, i suoi 28 Mig 29. Gli aerei ex sovietici saranno affidati ai piloti ucraini per interposti Stati Uniti e partirebbero da una loro base situata in territorio tedesco. Niente no fly zone, ma una svolta dalle conseguenze imprevedibili. È la premessa della terza guerra mondiale, profetizzata da Zelensky nella nottata, o è un modo per trattare con Putin con le armi meno spuntate? È un’esibizione muscolare per esercitare pressione sullo zar, prima di una tornata cruciale di negoziati? Una cosa è sicura: o la pistola resta scarica - mostriamo i denti, ma gli Usa impediscono l’utilizzo di quei velivoli - o si va incontro a un incubo.Il presidente ucraino, frattanto, percorre un doppio binario: comunicazione e diplomazia. Sul primo fronte, alterna il registro dell’orgoglio, quello della disperazione e quello della recriminazione. In guerra, riferisce al Parlamento inglese, «sono stati uccisi oltre 50 bambini. Sono bambini che avrebbero potuto vivere, ma quelle persone», gli invasori, «ce li hanno portati via». Alla Nato rimprovera di non essersi comportata come doveva dopo l’incidente alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Poi, rivolge a Westminster «una domanda shakespeariana: essere o non essere? E la nostra risposta è sì», vogliamo esistere. Quindi, invita gli alleati a riconoscere che la Russia è «uno Stato terrorista» e a intensificare le sanzioni. Prima del discorso di Londra, Zelensky sente altresì l’omologo francese, Emmanuel Macron. I due fanno il punto su questioni umanitarie, sicurezza degli impianti atomici e sui colloqui tra le delegazioni russa e ucraina, in corso a Gomel, in Bielorussia. È nell’atteso quarto round di quel confronto, che il ministro degli Esteri di Putin, Sergej Lavrov, spiega al segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, di riporre qualche concreta speranza. Il nodo non è l’occupazione permanente dell’intera Ucraina, un obiettivo probabilmente irrealizzabile, bensì lo status dei territori contesi, delle autoproclamate Repubbliche indipendenti e, ovviamente, il rapporto con Nato e Bruxelles. Pertanto, è significativo che Zelensky abbia riconosciuto che esistono chance di accordo su Crimea e Donbass: 24 ore prima, Kiev intendeva cedere solo su «modelli non Nato», a fronte di garanzie dirette da parte di Stati Ue, Usa e Cina. Ora c’è sul tavolo lo smembramento del Paese? Può essere. Di sicuro, per smobilitare, lo zar, che in teoria patteggia da una posizione di forza, vorrà portare a casa successi tangibili: l’annessione della Crimea, almeno una completa e sostanziale autonomia delle aree al di qua del Dniepr e, naturalmente, la neutralità, la «finlandizzazione» dell’Ucraina. La verità è che non sarebbe uno scandalo accontentarlo: la politica estera è esibizione di potenza e se non si è disposti alla mattanza globale, l’unica strada è sedersi, confrontarsi e cedere su qualcosa. Può darsi che l’esercito russo sia, come ci raccontano certi analisti, un’armata Brancaleone, impantanata nei limiti della sua logistica, incapace di sfondare il muro dei patrioti ucraini. Aleggia, comunque, l’agghiacciante prospettiva di un Afghanistan nel cuore d’Europa, di una guerriglia lunga e sanguinosa, foraggiata anche dai nostri lanciarazzi e mitragliatori. O, peggio, del decollo di un caccia che innesca un conflitto mondiale. Piuttosto che andare al massacro, è meglio fare i conti con la realtà. Zelensky l’avrà capito?