2025-05-13
Zelensky ci sta: colloqui anche senza tregua
Voloydmyr Zelensky (Ansa)
Il presidente ucraino segue gli Usa: è pronto a parlare con Vladimir Putin in Turchia giovedì in ogni caso. Trump: «Ne usciranno cose buone, potrei andare pure io». Erdogan: «Farò ogni sforzo con lui, mio caro amico». Il Cremlino però si stizzisce: «Non dateci ultimatum».Buon senso vorrebbe che, in genere, chi sta perdendo un conflitto non detti le condizioni al nemico. Specialmente se, alle spalle, non ha più il sostegno incondizionato degli Stati Uniti. Se non prevale il buon senso, però, ci pensa la realtà a imporsi: così, secondo Axios, la condizione posta da Voloydmyr Zelensky per avviare negoziati diretti con la Russia - una tregua di 30 giorni - è caduta in fretta. Il presidente ucraino, infatti, ha deciso che andrà in Turchia indipendentemente dalla risposta di Mosca. Domenica, Zelensky aveva accettato la proposta di Vladimir Putin per colloqui tra le due parti a Istanbul, soluzione mediata dal presidente Recep Tayyip Erdogan (che ha promesso di fare ogni sforzo con il «caro amico» Donald), sfidando il leader russo a un incontro faccia a faccia, a patto che questi accettasse la tregua. La replica del Cremlino si è fatta attendere: il portavoce Dmitry Peskov, alla fine, ha dichiarato che la Russia rifiuta ogni «ultimatum» sul cessate il fuoco. «Il linguaggio degli ultimatum non è accettabile per la Russia, non si può parlare alla Russia in questo modo», ha detto commentando le recenti minacce di nuove sanzioni da parte dei leader occidentali. Più significativo, per comprendere il punto di vista russo, è il passaggio successivo: «In generale», ha dichiarato Peskov riprendendo recenti parole di Putin, «siamo impegnati in una ricerca seria dei modi per raggiungere una soluzione pacifica di lungo periodo». Tradotto: l’Ucraina è soltanto un tassello di una crisi più ampia, la cui risoluzione richiede il riconoscimento della Russia come grande potenza (con conseguenti prerogative e garanzie di sicurezza). A ragione o a torto - a ragione dal punto di vista nucleare, meno da quello demografico ed economico - Mosca si percepisce ancora come tale. Il vero nodo, dunque, non è tra Russia e Ucraina, ma tra Russia e Nato (cioè principalmente gli Usa).Lo conferma anche un’altra dichiarazione di Peskov, che ha sottolineato come la proposta di Putin per negoziati diretti con Kiev, volti a «eliminare le cause del conflitto», goda del «sostegno e della comprensione» di molti leader mondiali, inclusi i partner dei Brics. Il riferimento al blocco «alternativo» alla Nato - composto da Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e, dal 2024, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran - è un chiaro segnale lanciato all’Occidente: l’epoca dell’unilateralismo è finita. Insieme, compresi i nuovi membri, questi Paesi rappresentano circa il 45% della popolazione mondiale.Il primo a spingere affinché Zelensky accettasse l’offerta di Putin è stato proprio Donald Trump. Nello specifico, il leader russo ha proposto di riprendere i negoziati - «senza alcuna precondizione» - da dove si erano interrotti nell’aprile 2022, nello stesso luogo, Istanbul, in cui allora era stata quasi raggiunta un’intesa (fatta deflagrare dall’interventismo britannico, supportato dagli Stati Uniti di Joe Biden). Una scelta che ha anche il pregio di mostrare i risultati del prolungamento del conflitto: Kiev, dopo tre anni, si trova a negoziare da una posizione peggiore. «L’Ucraina dovrebbe accettare immediatamente», aveva scritto Trump domenica: «Almeno potrà determinare se un accordo è possibile e, in caso contrario, i leader europei e gli Stati Uniti sapranno esattamente quale sia la situazione e potranno agire di conseguenza». Nel suo post su Truth, il tycoon pungolava anche Putin, «troppo occupato a celebrare la vittoria della seconda guerra mondiale, una vittoria che non sarebbe stata possibile (nemmeno lontanamente!) senza gli Stati Uniti d’America».Ieri, invece, Trump ha dichiarato che giovedì, in Turchia, si aspetta la presenza di entrambi i leader dei Paesi belligeranti, non escludendo la possibilità di raggiungerli egli stesso: «L’incontro sarà molto importante e ne usciranno cose buone», ha detto il tycoon, mentre si preparava per il suo primo viaggio in Medio Oriente come 47° presidente degli Stati Uniti (oggi è atteso a Riad). «Stavo pensando di volare lì», ha aggiunto riferendosi al vertice di Istanbul. «Non so dove sarò giovedì, ho tanti incontri, ma stavo effettivamente pensando di andare. Direi che c’è una possibilità, se credo che possa succedere qualcosa di concreto. Dobbiamo chiudere la questione». Il presidente si è anche detto fiducioso sul fatto che la Russia accetti la tregua di 30 giorni. «Tutti noi in Ucraina apprezzeremmo se il presidente Trump potesse essere presente a questo incontro in Turchia», ha commentato Zelensky: «Io sarò in Turchia. Spero che i russi non si sottraggano all’incontro». Dopo una telefonata con Erdogan, il presidente ucraino ha anche sostenuto che questi colloqui «potrebbero contribuire a porre fine alla guerra».Per il momento, però, gli scontri proseguono, tant’è che ieri il ministro degli esteri ucraino, Andrii Sybiha, ha denunciato i continui attacchi di Mosca: «Stanno ignorando del tutto l’offerta di un cessate il fuoco completo e duraturo a partire dal 12 maggio. Continuano ad attaccare le posizioni ucraine lungo tutta la linea del fronte». D’altra parte, è abbastanza comprensibile che chi prevale campo - cioè chi, con più tempo, verosimilmente conquisterebbe i territori cui ambisce - non sia incline ad accettare una tregua di 30 giorni al buio. Così come non è ancora chiaro se Putin raccoglierà la sfida lanciata da Zelensky ed effettivamente si presenterà a Istanbul, giovedì, per i colloqui da lui stesso proposti (ma non tra capi di Stato). Per Konstantin Kosachev, presidente della Commissione esteri del Consiglio federale russo (la camera alta), la proposta del presidente ucraino «è pura messinscena, una farsa totale». «Non è così che si organizzano incontri di alto livello, soprattutto considerando la gravità della situazione», ha aggiunto, citando come esempio le lunghe preparazioni necessarie per un eventuale incontro tra Putin e Trump e spiegando che questo è il modo corretto di procedere: «Zelensky dovrebbe saperlo bene, dopo la sua amara esperienza alla Casa Bianca», ha concluso provocatoriamente. Attenzione, però: a Trump la mossa è piaciuta.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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