2022-08-08
Maurizio Zanetti: «Ho trovato il vaccino senza mRna contro ogni variante»
Nel riquadro Maurizio Zanetti (iStock)
Il ricercatore che lavora in California: «A differenza degli altri, questo preparato innesca una risposta anticorpale mirata».Un vaccino contro tutte le varianti? L’ha elaborato un team di ricercatori dell’Università della California a San Diego, guidato da un italiano, Maurizio Zanetti. Il professore, sentito dalla Verità, ne ha approfittato anche per illustrarne le differenze tra il suo e i vaccini a Rna messaggero (mRna).Professor Zanetti, il suo non è un vaccino a mRna, dunque?«No. È un vaccino Dna e funziona in base a principi un po’ più sofisticati, sui quali ho lavorato per 20 anni. Quando è scoppiata la pandemia mi sono sentito moralmente obbligato a studiarne il possibile utilizzo». Cioè?«È un vaccino a Dna plasmidico, quindi fondamentalmente di origine batterica. È costruito in modo mirato e ragionato».Ragionato? Che intende?«Ci siamo focalizzati sulla porzione del virus che ha il maggior contatto con il recettore. Ora l’idea pare ovvia; due anni fa, quando abbiamo cominciato a lavorarci, non lo era».Si riferisce alla «chiave» che il virus usa per entrare nella cellula?«Certo. La proteina Spike si lega al recettore della cellula; ma non tutta la Spike è coinvolta. Noi abbiamo pensato che bisognasse bloccare il sito di legame fondamentale per l’attaccamento del virus al recettore. È quello che chiamerei il punto di vulnerabilità del virus».Come ci siete arrivati?«Analizzando, con l’aiuto del Supercomputer Center di San Diego, i primi modelli tridimensionali del virus che erano disponibili nella primavera del 2020. Diciamo che, di profilo, la parte del virus che si lega al recettore somiglia a una sella con tanto di corno e arcione. Abbiamo scelto il corno in quanto più apparentemente coinvolto nel legame con il recettore Ace2».Iniettando il vaccino cosa succede?«S’innesca una risposta anticorpale mirata, non come quella derivante dal vaccino a mRna: questa attiva il sistema immunitario contro una moltitudine di siti nella Spike protein, creando una risposta eccessiva contro siti irrilevanti alla protezione. La nostra idea era che la risposta immunitaria dovesse essere concentrata e mirata contro il sito di vulnerabilità».Il vaccino a mRna manda in campo battaglioni, missili, artiglieria… Il suo vaccino schiera le forze speciali.«Esatto, le forze speciali. Tradotto in termini immunologici, ciò che fa questo vaccino è educare il sistema immunitario a vedere quello che è davvero rilevante, concentrandosi sul sito di vulnerabilità. È diverso dal principio per cui esso viene stimolato a rispondere a tutto, indistintamente».Ovvero, quel che fanno i prodotti a mRna?«Fin dall’inizio, quando è venuto fuori che si stavano preparando vaccini di quel tipo, era chiaro che non avrebbero indotto una risposta immunitaria importante contro la trasmissione».All’opinione pubblica era stato assicurato: ne usciremo grazie ai vaccini.«In parte è stato così, anche se i vaccini mRna si sono rivelati poco efficaci nel bloccare la trasmissione».L’estate scorsa ci promettevano l’immunità di gregge entro l’autunno…« L’immunità di gregge è un concetto relativamente moderno e i suoi principi sono sempre stati definiti su popolazioni vaccinate. Per ogni patogeno, l’immunità di gregge si ottiene se una certa soglia di popolazione viene vaccinata in tempi relativamente omogenei, con un vaccino che blocchi la trasmissione. In questo caso mi permetterei di dire che i vaccini mRna, pur avendo mitigato i sintomi della malattia, non sono riusciti a bloccare la trasmissione».Il suo vaccino, invece, blocca la trasmissione del virus?«È disegnato per questo».Quel famoso sito di vulnerabilità non muta?«Si poteva immaginare che si sarebbero sviluppate tante varianti, perché i coronavirus sono noti per avere un alto tasso di mutazione. Però nessuno sapeva cosa sarebbe successo. Il fatto è che il sito di vulnerabilità, per necessità, non muta: se cambia l’ancoraggio, infatti, il virus fallisce il suo destino biologico, perché non riesce più a infettare». Quindi?«In effetti, quello è un sito di resistenza alla mutazione. In vari studi di laboratorio è stato dimostrato che esso non mutava e, quando veniva alterato intenzionalmente, l’affinità di legame con la cellula cadeva e così il potere infettante del virus. Si è rivelata felice l’intuizione di investire tutto su quella porzione di virus che è indispensabile alla sua sopravvivenza».Per ora, avete condotto esperimenti solo sui topi.«Sì, abbiamo iniettato direttamente questo Dna nella milza, cioè l’organo linfatico secondario più grosso che esiste nei mammiferi. La risposta immunitaria comincia negli organi linfatici secondari. In particolare, abbiamo mirato ai linfociti B e abbiamo inserito una sorta di motorino di avviamento del plasmide, che funziona solo nelle cellule B. È un processo super razionale, completamente diverso da quello del vaccino a mRna, che agisce in modo più indiscriminato».Addirittura?«Il confronto tra Dna e mRna dura da 25-30 anni. Spesso mi hanno chiesto quale fosse la differenza. Be’, l’mRna è un one shot deal: per intenderci, una produzione di proteina massiccia ma limitatissima nel tempo. Quello che io ho sempre immaginato, invece, è che il sistema immunitario gradisce essere educato progressivamente e non aggredito».Dal topo all’uomo come si arriva?«Il nostro obiettivo è di incorporare il Dna in un veicolo semplice da somministrare: una pillola. L’unica cosa di cui si avrà bisogno per assumerlo, dunque, sarà un bicchier d’acqua».Potenziali effetti collaterali?«Questo tipo di plasmide lo avevamo già iniettato nei pazienti con tumore: 60 volontari, zero effetti collaterali. Il Dna che entra nelle cellule umane viene degradato nel giro di 15 giorni».Non dobbiamo aspettarci miocarditi e pericarditi?«Nooo… mi sento di escluderlo. Il Dna è catturato dai linfociti B all’interno degli organi linfatici, e dopo 10-15 giorni è degradato. End of the story. Tuttavia, anche nel caso dei vaccini a mRna, il Center for disease control Usa riporta che miocarditi e pericarditi sono rare e il loro nesso con la vaccinazione è ancora da dimostrare».Quante dosi servirebbero?«Non lo sappiamo ancora. Posso ipotizzare una pillola al giorno per tre giorni, o una mega pillola una volta».E i richiami?«Uno ogni tanto. Ma abbiamo visto che, con il nostro sistema, la memoria immunologica nei topolini si conserva fino a due anni, quindi siamo ottimisti sulla durata».Una bella differenza, rispetto alle punture ogni 4-6 mesi, cui ci stanno sottoponendo ora.«Perché il nostro è un meccanismo studiato per funzionare e durare, sfruttando il naturale funzionamento del sistema immunitario».Ma se era possibile intuirne i difetti, perché i governi hanno puntato sui vaccini a mRna?«Era una tecnologia ready to go. C’erano laboratori privati in Germania e negli Stati Uniti che da anni la studiavano, in verità con pochi risultati. Nel 2018, Curevac pubblicò dati che dimostravano come mRna, iniettato in volontari, non inducesse una risposta immunitaria anticorpale significativa».Ah. E poi?«Biontech, specializzata nei vaccini tumorali, aveva la tecnologia pronta nel cassetto: ci hanno messo poco a prendere l’Rna della proteina Spike e sostituirlo a quello che stavano usando. È andata più che bene, vista l’emergenza».Anche lo sforzo logistico è stato notevole. Basti pensare alla catena del freddo per conservare le fiale.«Ho ancora negli occhi la foto del primo furgoncino che arriva in Italia, attraversando le Alpi e portando i vaccini in mezzo alla tormenta di neve... Una difficoltà enorme, insieme alle mille problematiche legate alla somministrazione. Invece, le pillole del nostro vaccino sono stabili a temperatura ambiente, le può tenere nel suo medicine cabinet per dieci anni, e non cambia niente: il Dna si conserva perfettamente. La catena del freddo, che è sempre stata un anello fragile nella conservazione dei vaccini, viene completamente eliminata».Ma lei si è vaccinato con i preparati a mRna?«Certo, come la maggior parte della popolazione; ho anche un’età in cui c’è bisogno di proteggersi. Per onestà intellettuale, bisogna dire che i vaccini mRna inducono la risposta immunitaria cellulo-mediata, cioè quella a cellule T, che mitigano gli effetti della malattia. Quindi, dal punto di vista sociale, i vaccini mRna hanno impedito il collasso dei sistemi sanitari dei nostri Paesi, consentendo di riprendere una semi normalità e di far ripartire l’economia».Ci accontentiamo?«Diciamo che nessuno era pronto ad affrontare un’emergenza sanitaria di queste dimensioni. Si è cercata una soluzione rapida e immediata, anche se, come abbiamo visto, non del tutto efficace. Ora siamo nella condizione di poter immaginare un vaccino mirato, razionale, che punti dritto all’obiettivo. Non male».
Ecco #DimmiLaVerità dell'8 settembre 2025. Il generale Giuseppe Santomartino ci parla dell'attentato avvenuto a Gerusalemme: «Che cosa sta succedendo in Medio Oriente? Il ruolo di Hamas e la questione Cisgiordania».