2018-05-07
Youtube considera un atto violento dire alle mamme come non abortire
Sospeso un video su un antidoto alla pillola Ru486, un trattamento che può arrestare la procedura provando a salvare il bambino. Ma per la piattaforma i contenuti di quel filmato violano le regole perché promuovono «atti violenti o pericolosi che» abbiano «un rischio intrinseco di gravi danni fisici o morte». E anche Facebook e Twitter oscurano i pro life.Youtube è pro aborto? È quanto ci si chiede nel movimento pro life statunitense dopo che, nei giorni scorsi, l'account Abortion pill reversal (Apr) è stato sospeso dalla celebre piattaforma di condivisione di video a causa di «violazioni ripetute o gravi delle linee guida della community». Di quali gravi e ripetute violazioni Apr si sia reso responsabile, però, non è chiaro. Infatti l'account altro non faceva che promuovere la conoscenza dell'abortion pill reversal, un trattamento di «inversione della pillola abortiva» attuabile dalla donna che, assunta la prima delle due pillole abortive che di fatto compongono la Ru486, può arrestare la procedura provando, quindi, a salvare il suo bambino. Con quali probabilità di successo? La soluzione, messa a punto una decina di anni fa da George Delgado e Matthew Harrison, ha una percentuale di riuscita elevata, che oscilla tra il 60 e il 70%. Più precisamente, secondo un recente lavoro pubblicato sulla rivista Issues in law and medicine fra i cui autori figura proprio Delgado, l'interruzione dell'aborto chimico tramite il protocollo Apr, oltre a essere sicura per le donne, presenta un tasso di riuscita del 68%. E, cosa non trascurabile, ha già consentito di venire al mondo a più di 300 bambini diversamente destinati all'aborto.Eppure, secondo gli addetti alla revisione dei contenuti di Youtube, di tutto questo non si dovrebbe parlare perché non sono consentiti contenuti che promuovano «atti violenti o pericolosi che» abbiano «un rischio intrinseco di gravi danni fisici o morte».Una sottolineatura, quest'ultima, quanto meno singolare se si pensa, a proposito di «rischio intrinseco di gravi danni fisici o morte», che la Ru486 non è affatto esente da rischi anche gravi per la donna. Basti ricordare come, già anni fa, non sia stata una testata cattolica, bensì l'autorevole e laicissimo New England journal of medicine a segnalare, in seguito a una ricerca, un rischio di mortalità materna addirittura dieci volte superiore per l'aborto chimico rispetto a quello, nello stesso periodo di gestazione, effettuato mediante il metodo chirurgico. La sospensione di Apr disposta da Youtube risulta dunque contraddittoria e contraria sia al bene del nascituro, sia a quello della donna; oltre a essere accompagnata da motivazioni, per così dire, di non immediata comprensione. «È difficile capire perché Youtube consideri il salvataggio dei bambini da una pillola abortiva allo stesso modo dei video sul terrorismo», ha commentato a questo proposito Jor El Godsey, presidente dell'associazione pro life Heartbeat international, che ha annunciato che farà ricorso contro l'oscuramento di Apr nell'ottimistica convinzione che «Youtube scoprirà che questi video non assomigliano in alcun modo a contenuti pericolosi o dannosi». Staremo a vedere. Nel frattempo non sono pochi a interrogarsi sull'effettiva posizione sui temi etici dei padroni della Rete, i quali hanno già, e più volte, dato prova di parzialità ma, soprattutto, di facilità di censura.È di poche settimane fa, per esempio, la denuncia del blocco da parte di Facebook di una pagina creata per la raccolta fondi per un film sulla vicenda, poco conosciuta e assai controversa, che ha portato alla sentenza Roe contro Wade con la quale, nel 1973, negli Stati Uniti è stato legalizzato l'aborto. «Considerando la fama di Facebook come forum neutrale e aperto per la discussione di questioni importanti, considero questa decisione scandalosa e chiedo a Facebook di cessare e desistere da questa censura», ha protestato Robert George, intellettuale molto noto negli Usa nonché docente alla Princeton university.Un ruolo nell'oscuramento delle tesi pro life sembra averlo anche Google, considerando quanto avvenuto nel giugno dello scorso anno con il drastico e improvviso calo di visibilità - secondo alcuni dovuto a una manipolazione dei parametri di ricerca - che ha colpito il portale di Operation rescue, una delle maggiori organizzazioni antiabortiste statunitensi. Twitter è stato invece accusato pubblicamente da Lila Rose, presidente di Live action, da una parte di ostacolare la diffusione di contenuti pro life e, dall'altra, di agevolare l'abortista Planned parenthood nella circolazione di messaggi che, alla fine, raggiungono un pubblico enorme. «Penso sia evidente come Twitter stia discriminando le voci pro life», aveva quindi dichiarato la Rose al Washington Times.Alla luce di simili precedenti, la sospensione dell'account Apr decretata da Youtube risulta solo l'ultimo di una serie di episodi in apparenza distinti, ma in realtà accomunati dalla medesima ostilità nei confronti dell'antiabortismo. Un'ostilità non dichiarata, ma astutamente spacciata, ogni volta, come lotta contro la diffusione di «contenuti di odio». Anche se il solo odio, in tutto questo, sembra essere quello per la vita nascente.