2021-10-14
        Xi Jinping è sempre più impaziente e aspetta il suo «momento Danzica»
    
 
L'aggressività del regime comunista ha aperto gli occhi a partner economici e avversari.In breve tempo, Taiwan è divenuta il motore immobile di numerosi e importanti sviluppi globali. In attesa di capire se la Cina azzarderà un'invasione anfibia, le tensioni tra Cina e Taiwan stanno aprendo gli occhi a tanti sul nervosismo e sull'aggressività di Pechino. Ecco perché.La questione taiwanese ha innanzitutto importanti risvolti militari. In tutto il mondo ci si chiede quanto sia realistico lo scenario dell'invasione cinese, e quanto sia verosimile che americani e giapponesi combattano e muoiano per difendere l'isola. Vengono passati al setaccio precedenti in cui gli Usa e i loro alleati hanno abbaiato ma non morso - Hong Kong - ma viene anche analizzato il crescente nervosismo di Xi Jinping. Inoltre imperversa un vivace dibattito sulle modalità migliori con cui Taiwan e i suoi alleati dovrebbero opporsi all'ingombrante vicino di casa: con testate nucleari e soluzioni ultratecnologiche, come i sommergibili atomici appena ordinati dall'Australia? Oppure con coscrizione e addestramento di massa seguendo gli esempi di Finlandia e Israele, così da evitare che, in caso di conflitto, siano i soli americani a combattere per l'isola? Ad ogni buon conto, tutti gli scenari sono ormai fasati su una frequenza d'onda prebellica. In attesa di capire se mai si arriverà al «momento Danzica», cioè all'invasione vera e propria da parte dei cinesi, dalla enorme tensione attorno al dossier taiwanese scaturiscono già conseguenze. La prima e più rilevante è quella di appalesare l'aggressività cinese a chiunque, e di far uscire la discussione sulla Cina dal ristretto mondo dei think tank occidentali. Pechino non è più un eldorado economico che fa parlare di sé per il dumping sui prezzi, ma una enorme potenza che fatica a contenere i suoi disequilibri e cerca un nemico per compattare la sua popolazione. I rischi sono enormi. È in questo contesto che appena qualche giorno fa è arrivata la presa di posizione di Sergej Lavrov, il principale stratega diplomatico russo, per il quale Taiwan è una questione interna cinese. I russi, in altre parole, si mostrano allineati a Pechino rispetto al nodo taiwanese. Ma l'uscita di Lavrov potrebbe essere un modo di alzare la posta: della serie «se voi americani volete che sciogliamo il nostro sodalizio con Pechino, il prezzo sarà alto». Al tempo stesso, potrebbe essere il modo in cui la Russia sceglie di dare un contentino a un partner, Xi, che ultimamente si rivela molto nervoso. Proprio così: Pechino appare vieppiù come una pentola a pressione, e sulla tenuta del coperchio si giocano scommesse diverse. Non solo: il nervosismo su Taiwan si può scaricare anche altrove. Edward Luttwak, profondo conoscitore di Asia a cui si devono importanti saggi sul pensiero strategico, si è spinto a ipotizzare che, per «compensare» la mancata invasione di Taiwan, Xi cerchi di emulare Mao Zedong, che nel 1962 lanciò un attacco a sorpresa contro l'India nell'Arunachal Pradesh con il principale obiettivo di umiliare Nuova Delhi. Anche in Europa si discute delle tensioni cinesi. A sposare l'opzione militare sono gli angloamericani, mentre in Europa continentale si ragiona sulla riconfigurazione della presenza industriale e commerciale in Asia. Se la Cina e le aree limitrofe sono una polveriera, è il ragionamento, allora è meglio «rattrappire» le catene del valore così da non pagare un prezzo eccessivo per le tensioni asiatiche. L'esperienza del Covid, in cui l'Europa si è trovata alla mercé di Pechino per le forniture di molti beni, è stata una dura lezione. La controprova? Non passa ormai giorno senza che lo Handelsblatt - la principale testata economica tedesca - esorti a spostare intere produzioni in Europa. A farne le spese sarà, manco a dirlo, Pechino.Xi non ha ancora dato l'ordine di invadere Taiwan, e forse non lo farà mai, ma sta già pagando un prezzo altissimo per la sua aggressività.
        Beatrice Venezi (Imagoeconomica)