
Il grande scrittore tedesco Wulf Dorn presenta a Pordenonelegge il nuovo romanzo: «La fine della vita è la paura più grande di sempre. Una volta l'incubo era di non trovare lavoro, oggi ci spaventa di più l'immigrazione».Wulf Dorn è uno dei più celebri scrittori d'Europa. L'autore sarà al festival Pordenonelegge domenica 22 settembre (alle 15 presso lo spazio Bcc), e presenterà il suo nuovo romanzo Presenza oscura (Corbaccio). È, al solito, un libro potente, che ha per protagonista una sedicenne di nome Nikka, la quale compie un incredibile viaggio di andata e ritorno... dalla morte. È frequente, nei suoi libri, trovare come protagoniste ragazze o adolescenti. Qual è il motivo?«Me lo chiedono spesso, anche perché nel mio primo romanzo La psichiatra il mio personaggio femminile aveva riscosso un certo interesse presso i lettori. Ho notato che una figura femminile permette di avere un personaggio emozionalmente molto stratificato. Con una donna puoi avere una varietà di emozioni assai alta. Un uomo triste non rientra nell'immagine che noi abbiamo della figura maschile, mentre una donna può permettersi di piangere e questo è molto importante per l'aspetto drammatico di ciò che scrivo. Con questo, però, non voglio dire che gli uomini non possano essere profondi».Gli uomini hanno paura di piangere, secondo lei?«Nella nostra società un uomo deve mostrarsi forte. È quello che ci viene richiesto. Tuttavia noi uomini portiamo dentro una parte di debolezza, Carl Gustav Jung gli ha dato anche un nome: anima. Per questo romanzo mi sono riproposto di avere un giovane personaggio femminile perché il tema attorno a cui ruota la storia è la morte, quindi mi serviva un personaggio che c'entrasse il meno possibile con la morte, ovvero una giovane donna. Inoltre mi piace lavorare con questi giovani personaggi femminili, perché mi consentono di osservare le cose da un altro punto di vista, più fresco». Oggi sembra che le protagoniste femmine vadano molto di moda, nei film come nei romanzi. Donne forti, per lo più, che hanno sostituito gli uomini. «Per quanto riguarda il mio lavoro, devo dire che in questo momento sto lavorando a un nuovo romanzo e il mio personaggio principale è nuovamente un uomo (si tratta del seguito de La Psichiatra, che uscirà se tutto va bene in occasione del decennale del primo romanzo, ndr). Nel momento in cui penso a una storia, rifletto anche su quale sia il migliore personaggio per gestirla, valuto di che sesso debba essere, se uomo o donna. In generale, però, devo dire che sono d'accordo con lei, perché mi rendo conto anch'io che quasi tutti i film e i romanzi presentano dei personaggi femminili che assumono questo ruolo predominante. Direi che quello che una volta era il ruolo tipico del personaggio maschile oggi è affidato al personaggio femminile. Possiamo anche immaginare che a un certo punto ci sarà un certo equilibrio tra personaggi maschili e femminili. Intanto la situazione è questa, probabilmente è un po' il riflesso dell'emancipazione femminile. Il protagonista del mio prossimo romanzo, come dicevo, sarà un maschio e sarà molto stratificato. Avrà anche delle debolezze».Nei romanzi lei è solito avere a che fare con le paure. Quali sono secondo lei, oggi, i timori più diffusi nella società europea?«Tutti abbiamo le stesse paure, poiché facciamo parte della stessa società. Come autore sei una parte della società nella quale vivi e dunque provi le stesse paure del resto della gente. Credo che la più grande paura che viviamo oggi sia la stessa di sempre: la fine della vita. È un argomento di cui non sappiamo praticamente nulla: quando avverrà, come avverrà, se dopo ci sarà qualcosa oppure no. Ci sono paure che ci portiamo dietro sin dall'inizio dell'umanità, paure che si accompagnano sempre alle stesse domande. Ma è vero anche che alcune paure variano a seconda delle epoche».Ad esempio?«Ci sono state epoche in cui le maggiori paure avevano a che fare con la mancanza di lavoro e con i problemi di salute. Oggi, invece, una delle maggiori paure riguarda gli stranieri. Ci spaventa tutto il problema legato all'immigrazione verso l'Europa, l'incertezza riguardo al modo in cui questa immigrazione influirà sulla nostra vita, sulla nostra società, sul nostro benessere. Un'altra grande paura attuale è quella relativa al clima, guardiamo per esempio quanti giovani scendono in piazza per manifestare affinché il clima venga salvaguardato». Già, i ragazzi protestano. È curioso: lei aveva previsto una cosa del genere nel romanzo Gli eredi. Una sorta di ribellione dei ragazzini che finiva in modo spaventoso. «Sì, diciamo che quando ho visto i ragazzini per le strade a manifestare per l'ambiente ho pensato che si trattasse di qualcosa di molto simile al mio romanzo, anche se quella del libro è la versione più oscura possibile...». Torniamo a parlare di paure. Spesso nei suoi libri si arriva alle soglie del soprannaturale, dell'irrazionale. «È vero che in questo romanzo c'è un aspetto un pochino di sovrannaturale ed effettivamente la mia eroina si avvicina molto a questo aspetto. Però io non volevo assolutamente dare delle risposte definitive sul tema, lascio la questione aperta. Noi viviamo in un'epoca in cui possiamo accedere a tantissime informazioni e finiamo per credere di poter avere le risposte a ogni cosa, di poter trovare tutto su Wikipedia. Invece ci sono cose che non possono ancora essere spiegate. Mi interessa mostrare che entrambe le strade sono possibili: sia quella sovrannaturale sia quella razionale».A lei però che cosa interessa di più? La via più razionale e «normale», diciamo, oppure quella più irrazionale? Di che cosa ha più paura?«Dalla mia esperienza lavorativa nell'ambito della psichiatria io ho imparato che bisogna sempre chiedersi che cosa sia la normalità, perché è un concetto abbastanza particolare. La parola normalità dal punto di vista etimologico rimanda a una norma che abbiamo stabilito noi. Però questa norma viene in continuazione disattesa: c'è la malattia psichica, ci sono delle cose che noi continuiamo non riusciamo a capire. Tanto per esagerare un attimino il concetto, direi che la mia più grande paura è proprio questa: alzarmi un mattino e vedere che tutto ciò che io ho considerato fino alla sera prima la norma non esiste più ed è stato soppiantato da una verità diversa. È come diceva Edgar Allan Poe: “La vita non è altro che un sogno all'interno di un altro sogno"».Torniamo a questioni più pratiche. Ha in mente di realizzare una serie televisiva, magari tratta da uno dei suoi romanzi?«Sì, mi piacerebbe. Mi piacerebbe molto essere coinvolto in un progetto per una serie televisiva, ma sono idee piuttosto difficili da realizzare, soprattutto in un Paese come la Germania che non ha in questo senso un mercato molto aperto. Sarebbe possibile pensare a qualche altro Paese, per esempio Francia, Belgio, Stati Uniti o Canada. Vedremo: il mercato tedesco è molto difficile. In questo momento sono in trattativa per una trasposizione cinematografica della Psichiatra, ma siamo ancora agli albori. Mi piacerebbe intrufolarmi anche all'interno di questo nuovo mezzo di comunicazione delle serie tv. In generale, però, io continuo a vedermi come uno scrittore e provo sempre grande piacere nel far nascere un film nella mente dei miei lettori».
Ansa
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