2021-10-04
Washington teme il caos in Libia
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La scorsa settimana, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato a schiacciante maggioranza (386 sì e 35 no) un disegno di legge volto a introdurre delle sanzioni contro gli attori stranieri che sostengono le fazioni rivali in Libia, minacciandone la pace e la stabilità. Si tratta del Libyan Stabilization Act: una norma introdotta dal deputato democratico, Ted Deutsch, e dal collega repubblicano, Joe Wilson. Una norma che, come si vede, nasce da uno sforzo bipartisan (cosa sempre più rara al Congresso oggi). In particolare, secondo il disegno di legge, le sanzioni potranno essere imposte a "persone straniere che guidano, dirigono o sostengono un certo coinvolgimento del governo straniero in Libia ... persone straniere che minacciano la pace o la stabilità della Libia ... [e] persone straniere che sono responsabili o complici di gravi violazioni dei diritti umani internazionalmente riconosciuti commessi in Libia". Il ministro degli Esteri libico, Najla al-Mangoush, ha d'altronde riferito ieri che c'è ancora molto da fare per il ritiro effettivo delle forze straniere (le stime parlano di almeno 20.000 combattenti presenti al momento nel Paese). Secondo Al Jazeera, la mossa americana potrebbe intendersi come una sorta di reazione al fatto che, appena due settimane fa, il parlamento di Tobruk abbia approvato a larga maggioranza un voto di sfiducia contro l'attuale governo libico con sede a Tripoli, guidato dal premier ad interim Abdulhamid Dbeibah. Il che è stato letto come un colpo inferto alle Nazioni Unite e a tutti quegli Stati che stanno sostenendo il processo di pace libico (tra cui Stati Uniti e Italia). Queste tensioni interne non sono sorte all'improvviso. Le vecchie spaccature tra l'Est e l'Ovest del Paese stanno infatti riaffiorando, mettendo così a serio rischio le elezioni generali previste per il prossimo 24 dicembre. All'inizio di settembre, il presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, ha ratificato la nuova legge elettorale, aggirando le necessarie procedure formali: una mossa che, secondo i suoi avversari, punterebbe a favorire il generale Khalifa Haftar. Tale norma consente infatti ai funzionari militari di partecipare alle prossime elezioni, a condizione che rinuncino al loro incarico tre mesi prima dell'election day. "Qualsiasi cittadino, civile o militare, è considerato sospeso dal lavoro o dall'esercizio delle sue funzioni tre mesi prima della data delle elezioni, se non viene eletto torna al suo precedente lavoro", recita il testo della legge. In questa situazione, l'Alto consiglio di Stato (organo con sede a Tripoli creato su input dell'Onu e controllato di fatto dai Fratelli musulmani) ha criticato la mossa di Saleh, condannato il voto di sfiducia di Tobruk e chiesto il rinvio delle elezioni presidenziali di un anno. Ne consegue che, secondo i desiderata dell'Alto consiglio di Stato, le elezioni di dicembre debbano essere esclusivamente parlamentari. Nel frattempo, lo scorso 22 settembre, Haftar ha formalmente rinunciato ai suoi incarichi militari: una mossa che è stata letta da tutti come un segnale di una sua imminente candidatura. In questo parapiglia interno, gli attori internazionali più spregiudicati stanno tornando a muoversi. In particolare, a fine settembre, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan hanno avuto un incontro a Sochi: un incontro in cui, tra i temi trattati, si è discusso anche di Libia. Nonostante i due leader sostengano formalmente oggi il processo di pace nel Paese, non è un mistero che Putin spalleggi Haftar ed Erdogan il mondo tripolitano legato alla Fratellanza musulmana. Una certa ambiguità si sta registrando anche da parte del presidente egiziano, al Sisi, che – pur supportando ufficialmente il processo di pace libico – ha ricevuto due settimane fa Saleh e Haftar al Cairo. Non è quindi escluso che, alla base della mossa statunitense, vi siano preoccupazioni per tutti questo movimenti. Specialmente alla luce del fatto che, specialmente nel corso delle ultime settimane, i rapporti tra Erdogan e Joe Biden siano notevolmente peggiorati. Intanto la Francia sta cercando di approfittarne. Emmanuel Macron ha annunciato che ospiterà una conferenza internazionale sulla Libia il prossimo 12 novembre, in vista delle elezioni del mese successivo. Parliamo di quella stessa Francia che, visti i passati stretti rapporti, potrebbe comunque beneficiare di una discesa in campo di Haftar. L'Italia deve fare quindi molta attenzione all'iperattivismo di Parigi, evitando di lasciarle l'iniziativa sul dossier libico. Roma dovrebbe forse approfittare dei rapporti attualmente turbolenti tra Stati Uniti e Francia, giocando di sponda con Washington.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)