2023-01-31
Per la nostra stampa la volontà del popolo conta solo se si tratta di quello ucraino
Volodymyr Zelensky (Getty Images)
Secondo i media aiutare Volodymyr Zelensky è un dovere perché la gente è con lui. Sull’invio di missili invece l’idea degli italiani non conta. Con la stupefacente ammissione di uno dei suoi migliori editorialisti, ieri il Corriere della Sera ha certificato che per quanto si sforzi di presentare come obiettive le proprie opinioni, queste si reggono sempre su assunti impliciti, ossia su convincimenti che piegano la realtà nella direzione voluta. Infatti, Angelo Panebianco ha sviluppato il suo commento nel tentativo di dimostrare che chiunque critichi l’appoggio al popolo ucraino sia, se non in malafede, quantomeno stupido. L’illustre politologo ha provato a demolire il concetto di guerra per procura, sostenendo che di conflitti combattuti in Paesi diversi dalle Grandi potenze non ne esistono. Secondo lui, si tratterebbe sempre di contenziosi locali, scatenati da ragioni che non dipendono da qualche puparo, il quale semmai è «obbligato» a sostenere il proprio alleato. Sarà, ma la storia dimostra altro, perché nell’ultimo secolo abbiamo avuto fior di esempi di guerre per procura, primo fra tutti il conflitto arabo israeliano. Senza l’appoggio di alcuni Stati, la causa palestinese non avrebbe avuto le conseguenze che ha. All’Olp prima, ad Hamas poi, e via via anche alle varie organizzazioni terroristiche, non è mai mancato un sostegno in denaro e in armi, oltre alla copertura politica e a una generosa ospitalità. Se in 75 anni non è stato possibile raggiungere una pace non è solo perché i palestinesi hanno continuato a rivendicare la propria terra (quanti popoli lo fanno?), ma perché qualcuno, assecondando i propri interessi, li ha finanziati, così come gli Stati Uniti hanno sostenuto Israele. Dunque, le guerre per procura esistono e si sono sempre fatte. Anzi, in qualche caso sono state scatenate proprio da qualche puparo che aveva convenienza a provocarle e per raggiungere il proprio scopo non ha esitato a usare strumentalmente le rivendicazioni locali.Tornando all’Ucraina e alla resistenza del suo esercito, Panebianco crede davvero che Kiev avrebbe potuto resistere fino a oggi se negli anni passati i consiglieri militari dei Paesi occidentali non avessero addestrato le sue truppe? Pensa davvero che le difese ucraine avrebbero retto se la Nato e l’Europa non avessero riempito gli arsenali di Volodymyr Zelensky? Senza parlare dei soldi. Il Fatto quotidiano ieri ha ricostruito gli impegni di spesa dei primi undici mesi di guerra. In totale fanno 130 miliardi di euro, 47 dei quali già versati dagli Stati Uniti e 51 dall’Europa. Senza questo denaro, metà del quale usato per gli aiuti militari, l’Ucraina non avrebbe retto. È vero che le armi della Nato non sarebbero servite da sole a fermare l’«operazione speciale», ma non è vero che a fermare l’invasione russa è stata la volontà degli ucraini di non soccombere, perché senza i cannoni e i carri armati occidentali, senza l’assistenza dei satelliti e senza il coordinamento dei servizi segreti di America ed Europa, la resistenza ucraina sarebbe durata poco. L’Occidente ha deciso di sostenere Kiev per ragioni ideali, in nome della libertà e della democrazia. Ma anche per impedire che la Russia estendesse il proprio dominio e pure perché l’Ucraina è una pedina importante, sia dal punto di vista delle materie prime che della situazione geopolitica. Dunque, si torna al concetto di guerra per procura. Se davvero fosse stato in pericolo l’equilibrio dell’Europa, la Nato avrebbe dovuto partecipare al conflitto. Ma rifornendo di armi gli ucraini, ha potuto lasciare a loro il compito di combattere i russi. Panebianco, pur di sostenere il ragionamento che attribuisce solo a Kiev la responsabilità di dire come e quando porre fine al conflitto, fa anche un’altra capriola. Per spiegare che non è il solo Zelensky a voler combattere, attribuisce a tutto il popolo ucraino la volontà di resistere. Non so da dove tragga questa certezza, visto che non mi risultano sondaggi che sorreggano una simile tesi, tuttavia ricordo che il governo di Kiev ha vietato agli uomini fra i 18 e i 60 anni di lasciare il Paese. Evidentemente non tutti erano decisi a impugnare le armi. Ciò detto, se si prende per buono il ragionamento dell’editorialista del Corriere, si apre un’altra questione che ho visto essere presa in considerazione anche da Ezio Mauro su Repubblica. Panebianco in pratica dice che il popolo (ucraino) è sovrano e può decidere del proprio destino e se è intenzionato a resistere nessuno può obbligarlo a fare diversamente. Ma se il popolo è sovrano lo è sempre e non soltanto in quanto ucraino. Un paio di giorni fa, sulla Stampa, Alessandra Ghisleri ha pubblicato i risultati di una rilevazione che non lascia spazio a dubbi sui sentimenti degli italiani. Il 68 per cento non solo si oppone a un intervento della Nato, ma il 52 non vuole offrire aiuti militari a Kiev, ritenendo che questo sia pericoloso oltre che dannoso. Il 32 per cento vuole negoziare con i russi, anche alle spalle degli ucraini. Il 25 propone di ridurre il sostegno fino a convincere Zelensky dell’impossibilità di vincere. E il 10 per cento ritiene che sia vergognoso giocare sulla pelle dei civili. Ecco, mentre dalle pagine del Corriere Panebianco dice che non si può prescindere dagli orientamenti e dai sentimenti degli ucraini, Ezio Mauro conclude il suo ragionamento osservando che si può prescindere da quelli degli italiani, scrivendo che se l’opinione pubblica è stanca della guerra, come dice il sondaggio della Ghisleri, di altro non si tratta che di un cedimento morale dell’Occidente. Gli editorialisti dei due giornaloni in fondo si ritrovano. La tesi è semplice: l’unico popolo da ascoltare non solo è quello ucraino, ma se quello italiano è contrario alla guerra sbaglia, perché non dà retta alla coscienza e non si fa carico dei costi morali del conflitto. In realtà, come da tempo è evidente, questa guerra ha costi materiali e quelle che Mauro chiama «vittime collaterali» sono gli italiani, così come i francesi, gli inglesi, i tedeschi o gli spagnoli, i quali pagano ogni giorno il prezzo della resistenza per procura. La guerra non è gratis nemmeno per chi non la combatte, ma si limita a sostenerla. E dunque la scelta di decidere che fare non dovrebbe spettare solo a Kiev, come dice Panebianco. Paradossalmente, proprio l’editorialista del Corriere finisce poi per confermare ciò che vorrebbe negare, e cioè che «nella politica internazionale contano solo i governi, mentre le persone comuni non contano nulla, perché ciò che esse credono e vogliono vale meno del due di picche». Infatti, fosse per gli italiani la guerra sarebbe già finita.