2023-05-12
«Ora vi canto i mitici anni Sessanta. Volevo mangiare la vita. E l’ho fatto»
L’attrice e soubrette Pamela Prati parla della collaborazione con gli Atmosfera blu: «Il pezzo piace, faremo tante serate Il primo testo me l’ha scritto Cristiano Malgioglio. Il Bagaglino? Una famiglia. Sognavo di diventare quello che sono».Pamela Prati, un vulcano di passioni e determinazione. Sempre sulla cresta dell’onda, si rimette ancora una volta in gioco come cantante, una delle tante sfaccettature della sua poliedrica carriera. Insieme agli Atmosfera blu, il duo Anna Lanza e Giuseppe Santamaria, fa un viaggio nella memoria, ritornando al clima felice degli anni Sessanta, alle piccole cose che regalavano una grande felicità. È l’occasione per parlare anche della sua vita, quando ha posto faticosamente le radici dei suoi sogni futuri. Tutti realizzati.Il brano Anni 60 è un ritorno agli anni Sessanta, un decennio che ha vissuto poco… «Non ricordo niente. Nel 1960 avevo due anni, ero molto piccola. I miei anni Sessanta li ho vissuti vent’anni dopo, negli anni Ottanta. In questo brano ho potuto ritrovare tante cose che ho vissuto da ragazza e che mi accomunano a quel decennio: la libertà, i Beatles, il juke-box, l’amato drive-in, i falò sulla spiaggia a Fregene. Mi ricordo i vicoletti di questa Roma che amo tanto, quando sognavo di poter entrare anche io a far parte del mondo dello spettacolo. Ci sono riuscita e ho interpretato sul palcoscenico le dive degli anni Sessanta, Gina Lollobrigida, Sophia Loren, Silvana Pampanini…».Nel video musicale ricordava anche nel look le dive degli anni Sessanta. «Il vestito che ho indossato, ne ho voluto solo uno, è un abito autentico degli anni Sessanta di Christian Dior. Chissà di quale diva sarà stato, quante vite ha avuto prima di me!».Com’è nata Anni 60? «Questa canzone nasce da un’idea degli Atmosfera blu, che già nel 2018 mi avevano confidato il loro desiderio di collaborare con me. Il mio produttore, Gabriele Palazzi, mi ha parlato di questo progetto e mi ha mandato il testo: me ne sono innamorata follemente! È un pezzo che piace veramente a tutti, è carinissimo, ti rimane nella testa. Quest’estate faremo molte serate».Crea un effetto nostalgia. «Io lo definisco un arcobaleno di gioia. Noi tutti andiamo a ripescare cose e sentimenti dal passato perché il passato è la storia. Gli anni Sessanta, poi, sono mitici perché si cominciava a respirare il sapore della libertà. Adesso con un clic fai tutto, prima con la monetina, andavi al bar a scegliere la tua canzone preferita nel juke-box. Ci si incontrava con gli amici e si condivideva un sacchettino di pop-corn».Nei primi anni Ottanta era riesplosa la moda degli anni Sessanta grazie a Sapore di mare dei fratelli Vanzina. «Assolutamente sì. Io stessa feci, negli anni Ottanta, un pezzo che si chiamava Mare. Gli anni Sessanta erano degli anni veramente gioiosi, c’erano meno problemi perché le persone si creavano meno problemi».Che musica ascoltava da ragazza? «Lucio Battisti, Mina, Loredana Bertè, Donatella Rettore, Renato Zero… io ero una sorcina».A che età è venuta dalla Sardegna a vivere a Roma? «Ho compiuto i miei diciott’anni a Roma».Era la prima volta che veniva a Roma? «No, era la seconda volta perché c’era la mia sorella maggiore. Quando sono arrivata, me ne sono innamorata e ho detto: “Io voglio vivere a Roma e coronare i miei sogni”. E così è stato».Cosa faceva in Sardegna in quel periodo? «Se tu leggessi la mia autobiografia («Come una carezza. La vita, l’amore, il tradimento e il diritto alla felicità», pubblicato da Cairo nel 2020, ndr), sapresti che, prima di venire a Roma, ho passato parte della mia infanzia in collegio, quindi non ho potuto studiare per problemi economici perché eravamo tanti figli. Un’infanzia un po’ rubata. Ero un’adolescente ricca di sogni che voleva mangiarsi la vita e voleva riscattarsi di questa vita che già da piccola era stata ingiusta. Guardavo in televisione Raffaella Carrà: era il mio mito, insieme alle gemelle Kessler. Volevo seguire le loro orme e quello è stato».Poi ha incontrato il suo mito… «Quando ho incontrato la Carrà sono stata felice e orgogliosa. Lei mi chiamava a tutti i suoi programmi. Ho conosciuto anche le gemelle Kessler e tutte le grandi che stimavo, come Silvana Pampanini e Marta Marzotto. Loro due venivano sempre in prima fila al Bagaglino. In Sardegna sognavo di diventare quello che poi sono diventata».E le sue sorelle cosa dicevano? «Mi dicevano: “Se questo è il tuo sogno, seguilo”. Quando sono venuta a Roma facevo la commessa in un negozio di abbigliamento, in un vicoletto a via Della Croce, per guadagnarmi da vivere. Come in un film entrò, insieme ad Anita Ekberg, Alberto Tarallo, che sarebbe diventato il mio agente, mi vide e mi disse: “Ma tu sei sprecata qui!”. Feci un provino, perché all’epoca si facevano i provini prima di essere reputati idonei. Così è nata Pamela Prati».Il suo nome vero è Paola Pireddu.«Il nome d’arte è stato scelto da Tarallo. Alberto, al quale sono molto grata, era l’art director di Playmen. Un giorno gli dissi che volevo fare teatro e mi mise in contatto con Pier Francesco Pingitore, che aveva una rubrica su quella rivista. Così sono entrata nella compagnia del Bagaglino, dove sono rimasta oltre trent’anni». Perché Tarallo scelse il nome Pamela Prati? Per il famosissimo calciatore del Milan e della Roma Pierino Prati? «Nooo! Veramente noi di calcio non sapevamo niente. Semplicemente perché Prati stava bene con Pamela e PP suonava bene, come BB, Brigitte Bardot, e CC, Claudia Cardinale. Era un nome facile e diretto. È iconico».Ha sempre avuto la passione per la canzone? «Io ho sempre cantato. La prima canzone, E.A.O., me l’ha scritta nel 1980 Cristiano Malgioglio. Nel coro ho avuto l’onore di avere la grande Giuni Russo, all’epoca non ancora conosciuta al grande pubblico. Parlava di una ragazza di diciannove anni che voleva conquistare il mondo. Malgioglio ha scritto altri due pezzi per me, Un nodo all’anima e Manette blu».È un’attività parallela alla sua carriera come attrice e soubrette. «Generalmente si pensa che se uno balla, non possa cantare. Invece, ogni volta che mi esibivo, la voce era la mia. Ho sempre avuto la passione del canto perché le canzoni sono la colonna sonora della nostra vita».Invece la passione per il cinema? «Il cinema è stata la mia più grande passione, poi mi sono fatta catturare dalla musica e dalla televisione. Nel primo film, La moglie in bianco… l’amante al pepe di Michele Massimo Tarantini, presi il posto di Edwige Fenech nella Dania Film di Luciano e Sergio Martino».Tra i suoi film, c’è anche Monsignore di Frank Perry, con Christopher Reeve, reduce dal successo di Superman. «Lo abbiamo girato negli studi della Dear, a Roma. Ho un ricordo stupendo. Quando l’ho visto di persona, è stato uno choc: era molto bello. Ricordo la sua gentilezza e la sua dolcezza. Ho lavorato anche con Lou Ferrigno ne Le avventure dell’incredibile Ercole di Luigi Cozzi. Adesso il mio sogno nel cassetto è di lavorare con Ferzan Özpetek, interpretare un ruolo sanguigno».Un altro film famoso della sua filmografia è È arrivato mio fratello di Castellano e Pipolo, con Renato Pozzetto. «È arrivato mio fratello e La moglie in bianco… l’amante al pepe sono dei cult della commedia».Il Bagaglino resta comunque il tratto distintivo della sua carriera. «È la mia famiglia. Il 23 aprile Mara Venier a Domenica in ci ha fatto un omaggio emozionante. È stata una bella pagina della televisione. C’eravamo io, Pingitore, Martufello, Leo Gullotta, Valeria Marini e Gabriella Labate. Televisamente parlando, io ho iniziato con Biberon e Crème Caramel. Prima Pingitore aveva fatto con Gabriella Ferri Dove sta Zazà».Qual è la più grande qualità di Pingitore? «La parola “signore” nel dizionario italiano deve appartenere a Pingitore per la sua gentilezza. Un grande signore, un grande regista, un grande autore, un grande amico. È una persona che, quando ti prende nella sua compagnia, ti protegge e ti valorizza. Un uomo di grande cultura».È stato per lei un punto di riferimento? «Assolutamente sì. È la mia biblioteca personale. Quando non ricordo delle cose, chiedo a lui e mi nutro della sua cultura».