2022-06-07
Volevano spennare gli alpini «sessisti» ma ora le femministe sbandano sul branco
La filosofa Pd Michela Marzano la butta in politica: no all’odio. La Stancanelli: colpa di chi non ha controllato le mascherine.Stessa autrice. Stessa testata. Diversi i molestatori, veri o presunti. Ecco a voi un esempio di femminismo paraculo. Quando di mezzo c’erano gli alpini, Michela Marzano tuonava su Repubblica: «Non chiamatela goliardia». Quello delle penne nere all’adunata di Rimini era «uno dei peggiori retaggi del vecchio patriarcato». «Gesti volgari e imbarazzanti», un «vecchio» che pretende di ballare con una ragazzina, che non si è messo «l’anima in pace» e non ha accettato che «siamo nell’epoca del consenso». Non c’era neppure bisogno «di aspettare di essere stuprate per sdegnarsi, per denunciare». Risultato: di denuncia se n’è vista una sola.Ma stavolta gli abusi, ben documentati, con cinque denunce, trenta sospettati, per lo più minorenni, addirittura ispirati da un movente politico, li avrebbero perpetrati i nordafricani. E allora la filosofa del Pd, sempre sulle colonne del quotidiano romano, mette le mani avanti: la violenza è, sì, «inaccettabile», però «nessuno la sfrutti per seminare odio». Forse c’entra qualcosa l’islam radicale; di sicuro, l’aggressione di massa sul Garda è un epifenomeno della stessa «cultura dello stupro», di cui sono imbevuti i laidi col cappello verde. Guai a quanti osino segnalare che esiste un problema d’integrazione degli immigrati, che le seconde generazioni stanno imparando a odiarci com’è successo in Francia, che le periferie italiane somigliano sempre più alle banlieue parigine; costoro «alimentano l’odio e la violenza» e «non contribuiscono affatto a smantellare» quella logica maschilista «atavica». A conti fatti, la colpa è nostra. Mica degli assalitori al motto: «Qui è Africa». Si vede che, agli africani, la «cultura dello stupro» gliel’hanno insegnata gli alpini.Il problema è che le paladine della lotta contro il maschio oppressore si sentono in imbarazzo. Devono replicare a chi rimprovera loro di essere tanto pronte a puntare il dito contro fidanzati, mariti e militari, quanto felpate sulle barbarie delle «risorse». Un’accusa che, sulla Stampa, prende di petto Elena Stancanelli. È un caso di femminismo paravento. Dove sono le femministe? «Stanno nello stesso posto», rintuzza lei, a «rimuovere incrostazioni secolari che nascondono l’arroganza di certi uomini». Però, «sommessamente», ricordano che «l’epidemia di Covid non è stata sconfitta» e che, quindi, se delle ragazzette sono state molestate sul treno, è perché ragazzi e ragazze erano «ammassati come bestie» nei vagoni e nessuno controllava «biglietti, mascherine, rispetto degli uni verso gli altri». È questo il guaio: persino gli irriducibili della pandemia, persino ministri come Luciana Lamorgese e Roberto Speranza, ormai hanno perso lo smalto. La soluzione delle femministe a oltranza, che non arretrano di un millimetro? Più regimetto sanitario.Sullo stesso foglio torinese, vola decisamente più alta Antonella Viola. Il futuro da virostar è incerto e lei, dunque, si reinventa giurata nel processo del momento: Johnny Depp versus Amber Heard. Colpo di scena: in questo caso, il maschilista è direttamente il figlio della professoressa. Il giovane, reo di essersi informato sul Web, giubila perché l’attore ha battuto l’ex moglie in tribunale. È uno scandalo. Ora «noi tutte sappiamo che denunciare pubblicamente molestie, abusi, brutalità e persino vera e propria violenza fisica può costarci caro». Non è chiaro dove si sia informata la Viola: candida, ammette di non aver «minimamente seguito le vicende di Depp e Heard», ma aggiunge che ha «ritenuto necessario approfondire», dopo aver sentito i commenti del pargolo. Avrà letto tutte le carte del dibattimento? Avrà seguito le contraddittorie deposizioni della Heard in aula? La testimonianza di Kate Moss in favore del presunto «picchiatore di mogli», come lo definì il Sun? Avrà appreso delle presunte aggressioni della «vittima» nei confronti del marito? Del dito quasi mozzato, dello spigolo di una porta sbattuto sulla fronte, dell’umiliazione di fargli ritrovare un bel tocco di feci umane nel letto? O, proprio come il figlio, pure lei ha fatto un giretto su Internet?C’era una volta l’esperta di virus che rimbrottava Giorgio Agamben e Massimo Cacciari: voi non potete parlare di virus, siete filosofi. Adesso lei, immunologa, parla di casi giudiziari che dice di non conoscere. E mentre liquida in quattro e quattr’otto i misfatti del Garda, lamentando che «le nostre figlie non possono neppure sentirsi sicure su un treno o in una piazza piena di gente», la Viola indulge nella reprimenda agli alpini, «figli di una cultura malata e distorta», con cui si cerca di «soffocare la ribellione di chi non ci sta». Una ribellione che, a un’orfana della pandemia, garantirà ancora un bel po’ di editoriali da vergare. Come lo chiamereste voi, questo? Femminismo paracadute?
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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