2024-12-06
Voleva unirsi all’Isis e combattere in Siria. Arrestata ragazza radicalizzata via Web
La diciannovenne è nata in Kenya ma è residente nel Milanese. Presa dalla Digos in aeroporto: volava in Turchia per arruolarsi.Si era radicalizzata su Internet, guardando video su Tik Tok e Instagram, ma anche condividendo su piattaforme di videosharing filmati che inneggiavano alla jihad islamica. Ascoltava musica nasheed (canti che fanno riferimento al mondo islamico, ndr), era una supporter dell’Isis e si era messa, secondo gli inquirenti, completamente a disposizione del sacrificio (anche al suicidio) per la causa islamista.Era in Italia da 2021, Hafsa Bakari Mohamed. Nata in Kenya nel 2005, si era si era trasferita tre anni fa con la madre a Carugate, alle porte di Milano, mentre il padre era rimasto nel Paese d’origine. La polizia l’ha fermata all’aeroporto di Orio al Serio (Bergamo) mentre si stava imbarcando per la Turchia. Voleva combattere in Siria contro il governo di Assad. A casa le hanno trovato una pistola giocattolo, che esibiva sui suoi profili social e documenti in arabo. Proprio il rapporto conflittuale con la mamma, unito a una sempre più crescente radicalizzazione, l’avevano spinta negli ultimi mesi a entrare sempre più in contatto, sui social network, con diversi jihadisti in Turchia.Era così stata promessa sposa a un giovane ventitreenne di Ankara che aveva conosciuto proprio sui social in ottobre. Voleva dare una mano a combattere la guerra in Siria. Ma grazie all’indagine coordinata dalla pm Francesca Crupi e dall’aggiunto Eugenio Fusco (condotta dalla Digos di Milano-sezione Antiterrorismo internazionale e dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione-servizio per il contrasto dell’estremismo del terrorismo esterno), è stata fermata con l’accusa «arruolamento con finalità di terrorismo internazionale» mentre si stava imbarcando a Orio al Serio con un volo di sola andata per Istanbul dove, poi, avrebbe preso la coincidenza per Ankara. Da tempo la sezione antiterrorismo della Digos di Milano era sulle sue tracce. Anche perché tra i compiti di indagine c’è, appunto, quello di scandagliare il Web, scoprendo su social network o altre piattaforme persone che si stanno radicalizzando.Il caso di Hafsa non è isolato. Da anni ormai è sempre più crescente il fenomeno di donne o ragazze che scelgono di diventare terroriste, sposando la causa islamica. Si radicalizzano solo su Internet. Magari non combattono direttamente al fronte, ma danno una mano al jihad in altri modi. Un caso simile era successo nel 2021 quando, sempre la Digos di Milano, aveva arrestato Bleona Tafallari, dicianovenne che si era radicalizzata all’età di 16 anni, faceva parte dei «Leoni dei Balcani» ed era in contatto con Kujtim Fejzulai, l’attentatore di Vienna del 2020 che provocò 5 morti e 20 feriti. Hafsa non era ancora entrata in azione. Ma sui social sfogava tutta la sua rabbia contro gli infedeli.La polizia la teneva sotto controllo. La ragazza passava le giornate a parlare e sostenere la causa islamica. Metteva ai post delle emoticon con bandiera nera e dito indice alzato, ribadiva più volte di sostenere i musulmani che seguono il Corano e che il «jihad ha molti, significati ad esempio la lotta. Ma sta più a significare lotta contro i nemici»; e ancora: «Oh, non vuoi meritare il livello più alto in Paradiso?», «Vi fidate di ciò che dicono i kuffar (chi non crede in Allah, ndr) che diffondono colpe sui nostri fratelli e sorelle musulmani, vi fidate dei kuffar piuttosto che dei vostri fratelli musulmani che leggono il vostro stesso libro sacro?».Parlando con alcune persone sui social che le avevano fatto notare come «il jihad nelle guerre è solo per gli uomíni», la ragazza aveva risposto citando l’esempio di «Aisha», seconda sposa di Maometto, che rappresenta, nella tradizione islamica, una figura di donna combattente. Pochi giorni prima di partire, il 30 novembre, Hafsa aveva cambiato il suo telefono Iphone. Aveva già provato a partire il 28 novembre, ma senza successo. La madre l’aveva cercata e lei aveva risposto in modo provocatorio «Mi dicevi che non sono tua figlia perché metto il velo», sottolineando che non le doveva interessare dove andasse e con chi.Durante l’udienza di convalida del fermo di ieri, Hafsa ha ammesso che voleva andare in Turchia per sposarsi. E ha riconosciuto di essere rimasta scossa «nel vedere le immagini di uomini e donne di fede musulmana torturati e bruciati nei Paesi in cui dove ci sono guerre e persecuzioni», come in Siria o nella Striscia di Gaza. Ha riconosciuto di avere contrasti con la propria madre. Ma, soprattutto, voleva fuggire dall’Italia, Paese dove, a suo parere, non le sarebbe possibile lavorare indossando il niqab. Il suo desiderio era quello di raggiungere un Paese nel quale poter vivere, lavorando o occupandosi solo della famiglia, senza limitazioni riguardo proprio all’utilizzo del velo islamico. Ha anche ammesso di condividere la lotta dell’Isis, cioè di giustificare una reazione armata a chi vorrebbe reprimere la fede musulmana. Hafsa ha anche detto al giudice di ammirare uomini e donne che lottano per salvaguardare il proprio credo in nome dell’islam.Il padre, a quanto pare, sarebbe stato a conoscenza della decisione della figlia di fuggire in Turchia. «Le attività di proselitismo e mitizzazione dell’integralismo religioso, effettuate dalla giovane tramite i social network, essenzialmente Instagram e TikTok, sono divenute, nel giro di poche settimane, sempre più esplicite e intense, arrivando a inneggiare chiaramente al compimento di atti di violenza contro il mondo occidentale», si legge nell’ordinanza di arresto firmata dal giudice Luca Milani. «I propositi della giovane si sono concretizzati con la ricerca spasmodica di un contatto in Medio Oriente (effettuata nei giorni scorsi) fino al tentativo di imbarco per la Turchia». La polizia l’ha fermata in tempo.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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